2020-05-30
Il miliardario con le mani sul vaccino vuole diventare il nuovo Bill Gates
Stéphane Bancel (Steven Ferdman/Getty Images)
Stéphane Bancel è a capo di Moderna, l'azienda americana che ha annunciato l'esito positivo dei primi test sulla cura per il morbo. Il largo anticipo della scoperta desta sospetti. Tra i finanziatori il patron di Microsoft.Segnatevi il nome di Stéphane Bancel, perché in futuro potrebbe diventare il nuovo Bill Gates. Sconosciuto ai più, Bancel è l'amministratore delegato di Moderna, l'azienda americana che lo scorso 18 maggio ha annunciato risultati clinici positivi nella «fase 1» della sperimentazione sugli esseri umani del vaccino contro il Covid-19. Gli scienziati che lavorano a Moderna hanno rilevato la produzione di anticorpi specifici per il coronavirus in tutti e 45 i soggetti coinvolti nel test e per tutte e tre le dosi somministrate. La Food and drug administration ha già autorizzato lo step successivo per lo studio dei dosaggi. Risultati sui quali tuttavia è calata subito un'ombra. Secondo l'autorevole Stat News, infatti, i dati forniti sono troppo pochi per cantare vittoria. Nella corsa mondiale al vaccino, però, una cosa è certa: chi tardi arriva, male alloggia. Riuscire a svilupparlo per primi significherebbe, infatti, mettere le mani su un mercato dal valore difficilmente calcolabile. Un concetto che a Moderna hanno capito alla perfezione, essendo riusciti a bruciare le tappe in tempi non sospetti. Quando la maggior parte dei governi, eccetto la Cina, ancora ignoravano (o snobbavano) la potenza del coronavirus, e all'Oms si domandavano se il patogeno potesse trasmettersi da un uomo all'altro, i ricercatori dell'azienda americana già mettevano a punto lo schema del futuro vaccino. Era il 13 gennaio, appena due giorni dopo la diffusione da parte delle autorità di Pechino della sequenza genetica del coronavirus. Passate tre settimane, il 7 febbraio, la notizia della realizzazione del primo lotto, e a seguire il 16 marzo l'annuncio della somministrazione della prima dose. Una settimana dopo, i ricercatori anticipavano la possibilità di realizzare milioni di unità di prodotto già per l'autunno prossimo, da destinare prioritariamente al personale sanitario.Certo, il tempismo di Moderna rimane un mistero. Quali elementi hanno spinto Bancel e soci a muoversi con così largo anticipo? Si è trattato di una intuizione geniale oppure qualcuno ha dato una preziosa imbeccata? Ovviamente al riguardo si possono solo formulare delle ipotesi. Difficile negare la vicinanza di Moderna con le alte sfere a Washington. La sperimentazione di gennaio è partita in tandem con il National institute of allergy and infectious diseases (Niaid), una costola del National institute of health (Nih), cioè l'agenzia governativa che si occupa di fare ricerca e sperimentazione sulle allergie e le malattie infettive. Come non è un caso lo stanziamento da 483 milioni di dollari (circa 443 milioni di euro) per lo sviluppo del vaccino da parte della Biomedical advanced research and development authority (Barda), una divisione del Dipartimento della Salute del governo americano. Le radici dei rapporti di Moderna con l'establishment affondano ancora più indietro nel tempo, quando nel 2013 il Darpa, l'agenzia della Difesa a stelle e strisce deputata a sviluppare nuove tecnologie militari, elargiva all'azienda di Cambridge (Massachusetts) la bellezza di 25 milioni di dollari. Un finanziamento volto a sostenere la ricerca per la «produzione di farmaci contro un ampio numero di malattie infettive conosciute e sconosciute, e per la lotta alle armi biologiche». A catalizzare l'interesse, la rivoluzionaria tecnologia basata sul cosiddetto «Rna messaggero» (mRna), un particolare tipo di filamento genetico responsabile della codifica e del trasporto delle informazioni all'interno delle cellule nel passaggio dal Dna alla sintesi delle proteine. Ma a prescindere da come andranno le cose nei prossimi mesi, un primo successo l'azienda del settore biotech l'ha già portato a casa. Subito dopo la diffusione del buon esito dei test su mRna-1273 (questo il nome del candidato vaccino), il titolo in borsa è letteralmente esploso, passando da 67 a 80 dollari. E pensare che, prima della pandemia, il valore delle azioni si aggirava stabilmente intorno ai 20 dollari. Oggi Moderna ha un valore di capitalizzazione stimato intorno ai 27 miliardi di dollari. Nel 2019 tale valore si aggirava «appena» intorno ai 6,5 miliardi. Non sono solo le agenzie governative americane ad aver messo gli occhi sul giocattolo di Bancel. Moderna fa gola, infatti, anche a importanti investitori privati. Primo fra tutti, l'enorme incubatore di startup biotech, Flagship Pioneering, che può vantare oltre 100 aziende fondate e 2.500 brevetti sparsi per il mondo. È stato proprio il ceo di Flagship, Noubar Afeyan, a corteggiare a lungo Stéphane Bancel. Che ai tempi, dopo un incarico a Eli Lilly, ricopriva il ruolo di amministratore delegato in bioMerieux. Per lungo tempo Bancel ha rifiutato da Afeyan la guida di startup già esistenti, fino alla proposta - accettata - di fondare Moderna nel 2010, di cui Flagship oggi è maggiore azionista (28,3%), e Noubar Afeyan presidente. Negli anni Moderna è stata criticata per l'eccessiva segretezza, e il suo numero uno accusato di essere un capo autoritario. Nella breve storia dell'azienda, infatti, molti dirigenti sono stati cacciati via oppure se ne sono andati sbattendo la porta. Ma Bancel ha sempre tirato dritto, forte della proprietà di una parte significativa delle quote (7,42%), che in caso di successo del vaccino potrà garantirgli ottimi introiti. Nel frattempo negli ultimi giorni è emerso che, tramite una imponente azione (comunque perfettamente legale) di insider trading, dall'inizio dell'anno i cinque top manager di Moderna hanno acquistato e venduto azioni incassando complessivamente una plusvalenza di 89 milioni di dollari, oltre 13 dei quali sono finiti nelle tasche di Bancel. Curiosa la presenza tra gli azionisti di Astrazeneca (7,75%), la casa farmaceutica britannica che ha già raccolto ordini per 400 milioni di dosi del vaccino in fase di sperimentazione sull'uomo, allo studio in collaborazione con l'università di Oxford.Poi c'è la Fondazione Bill e Melinda Gates, pubblicizzata sul sito ufficiale tra i partner chiave insieme a Darpa e Barda, che nel 2016 ha erogato a Moderna un finanziamento di 20 milioni di euro per la ricerca di un farmaco contro l'Hiv. La sperimentazione partita lo scorso gennaio è stata resa possibile grazie ai finanziamenti dal Cepi, consorzio fondato dai governi di Norvegia e India, dal World economic forum, dalla britannica Wellcome Trust e, per l'appunto, dalla fondazione dei coniugi Gates. Poteva forse mancare lo zampino di zio Bill sul nuovo vaccino?
Nucleare sì, nucleare no? Ne parliamo con Giovanni Brussato, ingegnere esperto di energia e materiali critici che ci spiega come il nucleare risolverebbe tutti i problemi dell'approvvigionamento energetico. Ma adesso serve la volontà politica per ripartire.
Ecco #EdicolaVerità, la rassegna stampa podcast del 18 settembre con Carlo Cambi