2018-11-11
Il M5s salva la faccia e dà la caccia ai giornali
Allontanato il pericolo di perdere Roma, i 5 stelle sparano cannonate sulla stampa. Luigi Di Maio annuncia «una legge sugli editori puri». Per il vicepremier i giornalisti sono «infimi sciacalli», Alessandro Di Battista dal Sud America perde la brocca: «Pennivendoli puttane». Virginia Raggi assolta, resta in Campidoglio: «Spazzati via due anni di fango». Il sindaco rischiava 10 mesi per aver mentito sul ruolo dell'ex braccio destro, Renato Marra, nelle nomine in Comune. Per il giudice «il fatto non costituisce reato». Scongiurata l'epurazione interna al M5s in caso di condanna. Lo speciale comprende due articoli. Virginia Raggi piange, Luigi Di Maio attacca. E la capitale aspetta. Il tribunale di Roma ha assolto con formula piena il sindaco dall'accusa di falso per la nomina di Renato Marra alla direzione del dipartimento Turismo del Campidoglio. «Questa sentenza spazza via due anni di fango nei miei confronti», ha commentato la Raggi. È vero, contro la prima donna sindaco del M5s, eletta nel giugno 2016 con un consistente 67% dei voti dei romani sull'onda dello sdegno seguito all'inchiesta «Mafia capitale», gli ultimi 24 mesi sono stati zeppi di critiche e fango che hanno coperto anche quel poco che ha combinato. Dopo l'assoluzione, però, è il leader del Movimento nonché vicepremier a sparare a palle incatenate contro i giornalisti che attendevano questa sentenza con smisurato interesse. «Due anni di attacchi alla sindaca più massacrata di Italia. La magistratura ha fatto il suo dovere e la ringrazio. Il peggio in questa vicenda lo hanno dato la stragrande maggioranza di quelli che si autodefiniscono ancora giornalisti, ma che sono solo degli infimi sciacalli, che ogni giorno per 2 anni, con le loro ridicole insinuazioni, hanno provato a convincere il Movimento a scaricare la Raggi», ha scritto su Facebook Di Maio. «Pagine e pagine di fakenews, giornalisti di inchiesta diventati cani da riporto di mafia capitale, direttori di testata sull'orlo di una crisi di nervi, scrittori di libri contro “la casta" diventati inviati speciali del potere costituito. La vera piaga di questo Paese è la stragrande maggioranza dei media corrotti intellettualmente e moralmente», ha proseguito il vicepremier. Per il quale i giornalisti anti Raggi sono anche «gli stessi che stanno facendo la guerra al governo provando a farlo cadere con un metodo ben preciso: esaltare la Lega e massacrare il M5s sempre e comunque. Presto faremo una legge sugli editori puri, per ora buon Malox a tutti! Forza Virginia! Contento di averti sempre difesa e di aver sempre creduto in te». Anche Beppe Grillo dal suo profilo rilancia il tweet della sindaca «#atestaalta». E aggiunge: «Colpisci forte mentre riprendono fiato». Ancora più pesanti, seppur provenienti dall'altro capo del mondo, le parole dell'ex deputato grillino Alessandro Di Battista: «I pennivendoli hanno colpito Virginia Raggi come donna. Ma le uniche puttane sono loro», ha scritto su Fb, «non ve la prendete con i pubblici ministeri, hanno solo fatto il loro lavoro. Si sono sbagliati, tutto qui, ma non sono mica colpevoli. Come non è colpevole il Movimento che ha fatto benissimo a difendere Virginia. I colpevoli sono coloro che l'hanno insultata, calunniata. I colpevoli sono quei pennivendoli che da più di due anni le hanno lanciato addosso tonnellate di fango con una violenza inaudita». «Eppure molti di quei cronisti oggi insultati hanno denunciato in anticipo “Mafia capitale" e non hanno risparmiato nulla neppure al precedente sindaco, Ignazio Marino. Ieri andavano bene e oggi no?», hanno detto Raffaele Lorusso e Giuseppe Giulietti, segretario generale e presidente della Federazione nazionale della stampa italiana. Lo sfogo dei grillini e i rumors, che lo davano già pronto a sostenere Giorgia Meloni nella corsa al Campidoglio in caso di dimissioni post condanna della Raggi, sono una «trappola» in cui non cade il leader della Lega Matteo Salvini: «L'assoluzione della Raggi è buona notizia», ha infatti commentato subito il ministro dell'Interno e vicepremier, «è giusto che i cittadini giudichino una amministrazione non in base alle indagini che finiscono in nulla come in questo caso ma in base alla qualità della vita. Quindi i romani giudicheranno l'amministrazione dei 5 Sìstelle in base a come è messa Roma. È giusto che non siano le sentenze e i magistrati a decidere chi governa e chi va a casa». Commossa ha twittato «#ATestaAlta per #Roma, la mia amata città, e per tutti i cittadini» ma ora la Raggi non ha più alibi e dovrà dare una svolta all'amministrazione capitolina. Del resto, i suoi primi 29 mesi, partiti con il ritiro della candidatura alle Olimpiadi del 2024, sono stati scanditi da foto sul tetto del Campidoglio, incertezze e ripensamenti sulle nomine, dalla sostituzione di ben otto assessori fino ai molteplici cambi di governance delle aziende partecipate, Atac e Ama in testa. Inoltre da tre inchieste che hanno fatto vacillare la giunta: quella che ha portato a dicembre 2016 all'arresto per corruzione dell'ex dirigente del Personale e braccio destro del sindaco, Raffaele Marra; quella sulla presunta corruzione attorno al progetto dello stadio della Roma, rivisto e approvato dalla giunta Raggi con la riduzione delle cubature, che ha coinvolto l'avvocato Luca Lanzalone, nominato dalla Raggi alla presidenza di Acea, la multiutility di energia e ambiente; e quella a carico del sindaco stesso. Tra i risultati che la Raggi può rivendicare c'è la pulizia dei conti cittadini, con il dimezzamento dei debiti fuori bilancio, la risoluzione della vecchia vertenza sul salario accessorio dei dipendenti capitolini e il lancio di un nuovo modello di raccolta differenziata che a fine anno coprirà circa 500 mila romani. E poi le battaglie per la presenza dello Stato sui territori maggiormente interessati dalle infiltrazioni della criminalità organizzata, da Ostia alla Romanina, feudi dei clan Spada e Casamonica. Ora però vanno sciolti tre nodi. C'è la vertenza Atac, l'azienda del trasporto pubblico con 1,4 miliardi di euro di debiti, su cui oggi si svolge il referendum sulla privatizzazione. Poi ci sono i bandi per lo sfalcio del verde, stoppati dopo “Mafia capitale" e, ovviamente, i rifiuti e le buche.
Giorgia Meloni al Forum della Guardia Costiera (Ansa)
«Il lavoro della Guardia Costiera consiste anche nel combattere le molteplici forme di illegalità in campo marittimo, a partire da quelle che si ramificano su base internazionale e si stanno caratterizzando come fenomeni globali. Uno di questi è il traffico di migranti, attività criminale tra le più redditizie al mondo che rapporti Onu certificano aver eguagliato per volume di affari il traffico di droga dopo aver superato il traffico di armi. Una intollerabile forma moderna di schiavitù che nel 2024 ha condotto alla morte oltre 9000 persone sulle rotte migratorie e il governo intende combattere. Di fronte a questo fenomeno possiamo rassegnarci o agire, e noi abbiamo scelto di agire e serve il coraggio di trovare insieme soluzioni innovative». Ha dichiarato la Presidente del Consiglio dei Ministri Giorgia Meloni durante l'intervento al Forum della Guardia Costiera 2025 al centro congresso la Nuvola a Roma.
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