
Il rosolaccio, nome del papavero comune, con i suoi colori attira gli insetti buoni che attaccano i parassiti dannosi per i cereali. In modo naturale. Come tanti altri fiori di campo è edibile: si mangiano germogli, foglie, semi. Ha ispirato amore e sentimenti.Cosa c’entra il papavero con la storia della tavola? Mica si mangia questo fiore rosso dall’aspetto un po’ fragile, posto su uno stelo lungo e magro da farlo sembrare il perticone dei fiori. Invece sì, il papavero si mangia. Come altri fiori di campo, il garofano, la lavanda, la primula, la calendula e molti altri, il papavero è edibile. Se ne mangiano i germogli freschi di primavera in insalata con altre erbe spontanee, conditi con olio d’oliva e limone; si mangiano le foglie alla base dello stelo, dopo averle lessate come si fa col buon enrico, la cicerbita, lo spinacio, le cimette d’ortica; si mangiano i semi, utilizzati nelle zuppe, nello yogurt della colazione mattutina, ma buoni soprattutto su panini, focaccine, sui grissini, sui pretzel, le «preghierine» di pane altoatesine eccellenti con speck e formaggio. Con i semi, magari abbinati al limone, si possono fare ottimi dolci: torte, ciambelle, bussolani. In Polonia non è Natale se non si mette in tavola, a fine pasto, il Makowiec, un dolce ripieno di crema a base di semi di papavero. Le foglie cotte si possono usare come farcia di tortelli o di altre paste ripiene. Iginio Massari, il grande pasticciere bresciano, nel libro Mia nonna mangiava i fiori, scritto dal giornalista Giacomo Danesi, suggerisce Cantucci al papavero con peperoni verdi, parmigiano e pinoli. Grazie a Dio e al bio che proibisce le sostanze chimiche, dopo tanti anni si tornano a vedere i terreni coltivati a grano o ad altri cereali rallegrati dallo scarlatto del rosolaccio. È il bellissimo nome del papavero comune, il Papaver rhoeas. Il rosolaccio è il Van Gogh delle campagne, il Monet delle distese cerealicole: le dipinge col suo purpureo tratto impressionistico regalando gioia agli occhi e rompendo la monotonia degli spazi aperti della pianura. A chi obbietta che il papavero è una pianta infestante e fino a qualche anno fa un campo di grano rosseggiante di papaveri veniva chiamato «la vergogna del contadino» ribattiamo che è più vergognoso e deleterio riempire i campi di pesticidi, di diserbanti, di veleni chimici che contaminano il sopra e il sotto del suolo, l’aria e le falde acquifere, facendoci pagare per anni le conseguenze di un inquinamento sistematico. E pensare che proprio rosolacci, fiordalisi e altri fiori difendono in modo naturale il grano, attirando con i loro colori insetti buoni che attaccano i cattivi, i parassiti dannosi ai cereali. Non lo diciamo noi, ma il National Geographic in un articolo che riporta i risultati di specifiche ricerche scientifiche inglesi e svizzere. È la biodiversità, signori.Occhio, quindi, ai campi di grano maturi: se non vedete il rossore dei papaveri significa che quel campo è stato trattato con pesticidi e diserbanti. Non piace a noi e non piacerebbe a Fabrizio De Andrè che in un campo di papaveri seppellisce Piero, il soldato che rifiuta di sparare a un uomo che ha la divisa di un altro colore: «Dormi sepolto in un campo di grano/ non è la rosa non è il tulipano/ che ti fan veglia dall’ombra dei fossi/ ma sono mille papaveri rossi». I papaveri hanno sempre ispirato amore e sentimenti contro la guerra ad autori e cantautori: Riccardo Cocciante ne Il mare dei papaveri invita la sua donna: «Ondeggia il mare dei papaveri/il cielo assiste quieto e complice»; i Pink Floyd in Southampton dock hanno «A mute reminder of the poppy fields and graves», un muto ricordo di campi di papaveri e tombe; nella ballata Children’s crusade, Sting disprezza chi mandò i bambini a combattere: «Papaveri per i giovani soldati, l’amaro commercio della morte».Ma c’è canzone e canzone. La satira contro il potere si fa anche con i motivetti orecchiabili. Nel 1951 tutta l’Italia cantò il ritornello tormentone della canzonetta classificatasi seconda al Festival di Sanremo: Papaveri e papere. È la storia di una paperella che durante una passeggiata campestre con papà papero s’incanta davanti allo splendore dei papaveri e li vorrebbe «pappare». Il babbo invece di incoraggiarla a sognare in grande come dovrebbero fare tutti i genitori, le dice di rassegnarsi perché così è la vita: «Lo sai che i papaveri son alti, alti, alti/ e tu sei piccolina, e tu sei piccolina,/ lo sai che i papaveri son alti, alti, alti,/ sei nata paperina, che cosa ci vuoi far?». Il riferimento era alla Democrazia cristiana, allora padrona della politica italiana, e in particolare ad Amintore Fanfani, un alto papavero del potere molto basso di statura. Cantava la canzone Nilla Pizzi che in quel festival della canzone italiana occupò tutto il podio: prima con Vola colomba, seconda con Papaveri e papere, terza con Una donna prega. L’espressione «alto papavero» per indicare i ras del potere è antica, risale ai Romani. Tito Livio nel libro Ad urbe condita racconta l’aneddoto del re Tarquinio il Superbo che indicò al figlio Sesto Tarquinio il modo di disfarsi dei nemici: usando il bastone decapitò le cime dei papaveri più alti che crescevano nel giardino. Sesto capì e con tale tattica fece fuori i cittadini più importanti di Gabii conquistando la città.Fu il naturalista svedese Carlo Linneo, padre della classificazione binomiale degli esseri viventi, a imporre nel 1753 al rosolaccio il nome scientifico di Papaver rhoeas. Linneo mantenne il nome latino papaver (che deriva dal celtico papa) la pappa con semi di papavero che veniva data ai bambini per spedirli presto nel mondo dei sogni, e aggiunse il verbo greco rheo, scorrere, per la caducità, lo scorrere via dei petali al primo soffio di vento. Curiosamente l’uso della pappina sonnifera è arrivato fino ai nostri giorni in alcune regioni italiane. Nel Salento esiste ancora la parola dialettale papagna che indica un infuso tranquillante ricavato dal pericarpo del papavero che le famiglie contadine somministravano ai bambini più agitati. Attenzione, però, a non confondere il Papaver rhoeas con il papavero da oppio (Papaver somniferum) molto diffuso in Abruzzo e pericoloso per gli effetti che dà. Un’altra curiosità è legata alla cosiddetta prova di fedeltà e d’amore ricambiato. Funziona così: si pone nella mano di lui o di lei un bocciolo di papavero che va colpito con l’altra mano. Se si sente uno scoppio - come lo schiocco di un bacio - l’amato o l’amata è fedele, se il papavero tace, sono cavoli amari per il fedifrago o la traditrice.Al papavero è legata una forte simbologia. Nella mitologia greca il dio del sonno, Ipno, era rappresentato con una corona di papaveri sul capo. Suo figlio Morfeo, dio dei sogni, era pure lui rappresentato ornato di papaveri. Dal sonno al sonno eterno il passo simbolico è breve. Nei misteri eleusini che si celebravano ogni anno nell’antica Grecia nel santuario di Demetra ad Eleusi, venivano offerti alla dea i papaveri come simbolo della terra, ma anche dell’oblio. Nella simbologia cristiana il colore purpureo del fiore ricorda la Passione di Cristo e il suo sangue sulla croce. Richiama Gesù anche il fatto che crescendo nei campi di grano il papavero porta l’attenzione al pane dell’Eucarestia, Corpus Domini. Nella Madonna del prato di Raffaello, conservato nel Kunsthistorisches Museum di Vienna, alle spalle della Vergine e del Bambino s’innalzano due papaveri che simboleggiano la futura Passione di Gesù.Come pianta officinale il papavero viene utilizzato in cosmetica per preparare unguenti per la pelle e un’acqua detergente che aiuta a togliere le impurità del viso. Un tempo le donne usavano i petali per imporporare le guance e le labbra. In erboristeria il papavero viene usato anche per preparati espettoranti e decogestionanti. In fitoterapia vengono usati i semi di papavero per preparare tisane antistress. I fitosteroli che contengono aiutano ad abbassare il colesterolo cattivo nel sangue. Ma attenzione: ogni uso va strettamente controllato dal medico. Il papavero è buono e bello, ma contiene sostanze che suggeriscono prudenza.
Alessia Pifferi (Ansa)
Cancellata l’aggravante dei futili motivi e concesse le attenuanti generiche ad Alessia Pifferi: condanna ridotta a soli 24 anni.
L’ergastolo? È passato di moda. Anche se una madre lascia morire di stenti la sua bambina di un anno e mezzo per andare a divertirsi. Lo ha gridato alla lettura della sentenza d’appello Viviana Pifferi, la prima accusatrice della sorella, Alessia Pifferi, che ieri ha schivato il carcere a vita. Di certo l’afflizione più grave, e che non l’abbandonerà finché campa, per Alessia Pifferi è se si è resa conto di quello che ha fatto: ha abbandonato la figlia di 18 mesi - a vederla nelle foto pare una bambola e il pensiero di ciò che le ha fatto la madre diventa insostenibile - lasciandola morire di fame e di sete straziata dalle piaghe del pannolino. Nel corso dei due processi - in quello di primo grado che si è svolto un anno fa la donna era stata condannata al carcere a vita - si è appurato che la bambina ha cercato di mangiare il pannolino prima di spirare.
Toga (iStock). Nel riquadro, Roberto Crepaldi
La toga progressista: «Voterò no, ma sono in disaccordo con il Comitato e i suoi slogan. Separare le carriere non mi scandalizza. Il rischio sono i pubblici ministeri fuori controllo. Serviva un Csm diviso in due sezioni».
È un giudice, lo anticipiamo ai lettori, contrario alla riforma della giustizia approvata definitivamente dal Parlamento e voluta dal governo, ma lo è per motivi diametralmente opposti rispetto ai numerosi pm che in questo periodo stanno gridando al golpe. Roberto Crepaldi ritiene, infatti, che l’unico rischio della legge sia quello di dare troppo potere ai pubblici ministeri.
Magistrato dal 2014 (è nato nel 1985), è giudice per le indagini preliminari a Milano dal 2019. Professore a contratto all’Università degli studi di Milano e docente in numerosi master, è stato componente della Giunta di Milano dell’Associazione nazionale magistrati dal 2023 al 2025, dove è stato eletto come indipendente nella lista delle toghe progressiste di Area.
Antonella Sberna (Totaleu)
Lo ha dichiarato la vicepresidente del Parlamento Ue Antonella Sberna, in un'intervista a margine dell'evento «Facing the Talent Gap, creating the conditions for every talent to shine», in occasione della Gender Equality Week svoltasi al Parlamento europeo di Bruxelles.
Ansa
Mirko Mussetti («Limes»): «Trump ha smosso le acque, ma lo status quo conviene a tutti».
Le parole del presidente statunitense su un possibile intervento militare in Nigeria in difesa dei cristiani perseguitati, convertiti a forza, rapiti e uccisi dai gruppi fondamentalisti islamici che agiscono nel Paese africano hanno riportato l’attenzione del mondo su un problema spesso dimenticato. Le persecuzioni dei cristiani In Nigeria e negli Stati del Sahel vanno avanti ormai da molti anni e, stando ai dati raccolti dall’Associazione Open Doors, tra ottobre 2023 e settembre 2024 sono stati uccisi 3.300 cristiani nelle province settentrionali e centrali nigeriane a causa della loro fede. Tra il 2011 e il 2021 ben 41.152 cristiani hanno perso la vita per motivi legati alla fede, in Africa centrale un cristiano ha una probabilità 6,5 volte maggiore di essere ucciso e 5,1 volte maggiore di essere rapito rispetto a un musulmano.






