2020-01-21
Il groviglio Coop si mobilita contro la Lega
L'Alleanza cooperative italiane della Regione rossa si è schierata con il governatore uscente. Un universo che muove miliardi e nei cui organigrammi il Pd la fa da padrone. Dalle multiutility alle costruzioni, dall'informazione fino a Eataly. Qui tutto si tiene.La benedizione ufficiale è arrivata di venerdì 17 e chissà se a Stefano Bonaccini porterà bene. L'Alleanza delle cooperative italiane (Aci) dell'Emilia Romagna lo ha invitato a esporre il suo programma per le Regionali di domenica e alla fine ha dato semaforo verde a un nuovo mandato per il politico piddino. «Diamo un giudizio positivo sull'operato della Regione in anni molto difficili, sia per avere mantenuto e rafforzato il welfare regionale, sia per la scelta di condividere con le forze sociali e imprenditoriali gli orientamenti di fondo delle politiche economiche», ha sentenziato Giovanni Monti, co-presidente dell'Alleanza, una macchina da guerra (e di consensi) da 3.600 imprese, 3,2 milioni di soci, 250.000 lavoratori e oltre 45 miliardi di fatturato. E del resto non c'era molto da stupirsi, visto il fitto reticolo di interessi e poltrone che da queste parti lega il mondo cooperativo, il partito democratico e una Regione storico feudo della sinistra. Un legame solido, ben rappresentato anche da Simona Caselli, assessore uscente all'Agricoltura ed ex presidente di Lega Coop Emilia Ovest. Solo un'altra donna, Lucia Borgonzoni, la sfidante leghista di Bonaccini, in caso di vittoria potrà spezzare questo matrimonio d'interessi soffocante. Forse. «Noi non diamo indicazioni di voto, la cooperazione è autonoma e dialoga con tutte le forze politiche», ha assicurato Monti (espressione di Legacoop), prima di dare, a nome di tutto il movimento cooperativo emiliano romagnolo, la benedizione all'operato della giunta. E il presidente di Alleanza, Massimo Mota, ha ribadito: «L'incontro con Stefano Bonaccini è stato positivo». Non senza provare a volare alto: «La cooperazione si propone come partner delle comunità e delle istituzioni per affrontare le nuove criticità che coinvolgono cittadini e imprese».Ok, «si propongono come partner» e affronteranno insieme «criticità», ma diciamo che anche solo guardando certi organigrammi si capisce che sono piuttosto avanti nella «proposta». E gli organigrammi portano voti, quando sono blindati. Logistica, processi produttivi, agroindustria, grande distribuzione, scelte urbanistiche, servizi alla persona. Il mondo cooperativo che tifa Bonaccini ha le mani ovunque. Ma le mani hanno sempre una testa che le muovono. Coop Alleanza 3.0 è al centro del sistema, nonostante esca da un periodo da incubo. Nel 2018, con i negozi a insegna Coop, ha registrato ricavi per 4,8 miliardi di euro e una perdita da 289 milioni. Ma come ha ricordato il suo presidente, Adriano Turrini, «ha messo in sicurezza il Prestito sociale», pari a 3,6 miliardi affidati alla Coop da 400.000 soci prestatori e che può fare affidamento su un patrimonio dichiarato di 2,1 miliardi di euro. Anche il 2019, secondo fonti della Verità, sarebbe in rosso, anche se alla fine si potrebbe contenere in circa 100 milioni con qualche plusvalenza interna. Turrini, 63 anni, oggi anche consigliere di Unipolsai, è stato presidente di Coop Adriatica e della bolognese Coop Costruzioni, fallita nel 2015 (350 lavoratori). All'inizio della carriera cooperativa è stato anche consigliere comunale e funzionario del Pci. Nel consiglio di Alleanza 3.0, al suo fianco, troviamo l'avvocato reggiano Federico Parmeggiani, 37 anni, figlio di Carla Gina Pedroni, ex assessore a Reggio Emilia con la giunta di Graziano Delrio, e dell'ex presidente del locale Tribunale. Parmeggiani, di area Pd, fa parte anche del cda di Iren Rinnovabili e di Act, la municipalizzata dei trasporti di Reggio Emilia, per la quale non percepisce compenso. In Alleanza c'è anche Alessandro Maran, goriziano, 59 anni, ex senatore del Pd e oggi in Italia Viva con Matteo Renzi, grazie al quale spera di tornare in Parlamento. E poi, sempre come consiglieri, ecco Chiara Saccani, ex assessore a Scandiano (Reggio) e funzionario del Pd, e la compagna di partito Enza Vio, ex assessore ai Trasporti della provincia di Venezia. In Legacoop Emilia Ovest troviamo alla presidenza Edwin Ferrari, 45 anni, che vanta anche una specializzazione nell'editoria e dal 2016 è presidente e amministratore delegato di TrMedia, la holding televisiva nata dalla fusione di Telereggio, TRC Modena e TRC Bologna, con partecipazioni in 12TVParma e in Romagna con TR24. Il network va alla grande e per Bonaccini si tratta di una vera benedizione. Quotidiana.Nel collegio sindacale di Alleanza 3.0, una figura chiave di questo sistema di potere che trema all'idea di una leghista in Regione è il presidente è Domenico Trombone, commercialista modenese che entra in campo quando c'è da salvare o liquidare una grande coop in crisi. Trombone è anche consigliere dell'Eni, presidente del Consorzio Cooperative Costruzioni (CCC), di Focus Investments Spa, di Società Gestione Crediti Delta SpA e di Prelios Credit Servicing. La CCC, per il piano di ristrutturazione, aveva assegnato una consulenza da 150.000 euro a Emanuele Boschi, fratello di Maria Elena. Sempre in Alleanza 3.0, il presidente della Commissione Etica è Luciano Sita, legato a doppia mandata a Romano Prodi, ed ex presidente di Conad e Granarolo. E al suo fianco spunta anche Monica Donini, ex presidente del Consiglio regionale ed ex di Rifondazione Comunista. E un esempio del groviglio rosso è la storia di Fico, il parco del cibo costato 140 milioni, aperto da Oscar Farinetti fuori Bologna tre anni fa, e che al momento è un flop che imbarazza il Comune e la Regione, che vi hanno investito un sacco di soldi. L'ad di Fico è Tiziana Primori, nominata da Alleanza 3.0. Su tutta la spinosa vicenda, dove Farinetti è riuscito a scucire davvero quattro soldi, Bonaccini osserva un religioso silenzio. Ufficiale di collegamento tra il mondo cooperativo e Bonaccini è ovviamente Simona Caselli, assessore all'Agricoltura, ex presidente di Legacoop Emilia Ovest, ex cda di Coop Consumatori Nordest. Ma soprattutto ex consigliere e sindaco di Banca Monte Parma, salvata nel 2011 da Intesa Sanpaolo, che l'ha inglobata quando era sull'orlo del crack. Indovinare dove tornerebbe la Caselli in caso di sconfitta di Bonaccini non è complicatissimo. Si chiama «welfare cooperativo».