- L’obesità è da tempo un’emergenza. Oggi, però, per affrontarla si privilegia la prescrizione di medicinali. La grande alleanza tra Big Food e Big Pharma.
- Lo psicoanalista Emilio Mordini: «Si è perso il senso del mangiare, quindi pure del vero digiuno. Siamo una società di bulimia a basso costo».
L’obesità è da tempo un’emergenza. Oggi, però, per affrontarla si privilegia la prescrizione di medicinali. La grande alleanza tra Big Food e Big Pharma.Lo psicoanalista Emilio Mordini: «Si è perso il senso del mangiare, quindi pure del vero digiuno. Siamo una società di bulimia a basso costo».Lo speciale contiene due articoli.C’è un altro florido business oltre ai vaccini e alle tecnologie a mRna, ed è quello dei farmaci contro l’obesità, problema che, secondo gli studi, affligge la popolazione americana - oltre il 60% è in sovrappeso o obeso - e tutti i Paesi ad alto e medio reddito. Oggi è la Giornata Mondiale per la prevenzione dell’Obesità e del Sovrappeso: secondo i dati di Our World in Data, circa 5 milioni di persone sono morte prematuramente nel 2019 a causa dell’obesità, fattore di rischio che la rende una delle principali cause di morte in tutto il mondo. Negli Stati Uniti quest’anno la World Obesity Federation ha previsto che, se le misure di prevenzione e trattamento non miglioreranno, l’impatto economico globale del sovrappeso e dell’obesità raggiungerà i 4.320 miliardi di dollari l’anno entro il 2035. Quali sono le misure per contrastare quella che ormai è considerata, a tutti gli effetti, una patologia cronica? Gli Usa spendono migliaia di miliardi di dollari nell’assistenza sanitaria, ma i risultati sono insoddisfacenti: è per questo motivo che oltreoceano ci si sta orientando verso la somministrazione di trattamenti preventivi non personalizzati di massa, sul modello della vaccinazione anti Covid (offerta con lo stesso dosaggio e senza distinzioni di età dai 12 ai 100 anni). Il nuovo paradigma, insomma, è la farmacologizzazione dell’obesità attraverso preparati che agiscono rallentando il cammino del cibo nell’intestino e lasciando all’obeso la sensazione di sazietà più a lungo.Il campanello d’allarme suona anche in Italia: secondo l’ultimo Rapporto Barometro dell’Obesità dell’Italia, pubblicato pochi giorni fa dalla Fondazione Ibdo in collaborazione con Istat, Coresearch e Bhave, sono oltre 25 milioni le persone obese. Il rapporto è simile a un bollettino di guerra: l’obesità colpisce il 47,6% degli adulti (36,1% in sovrappeso e 11,5% obesi) e il 26,3% dei bambini e ragazzi tra i 3 e i 17 anni (2, 2 milioni). A preoccupare gli esperti è anche il fatto che gran parte degli italiani non riconosce il proprio problema di peso: il 54,6% degli adulti obesi ritiene di avere un peso normale. ll World Obesity Atlas Report 2023 prevede che in Italia l’obesità passerà dall’11,5% al 31% negli adulti entro il 2035, con un incremento annuo del 2%. Secondo gli esperti che hanno firmato il rapporto - tra i quali figurano l’ex presidente dell’Istat Gian Carlo Blangiardo e l’ex presidente dell’Istituto superiore di sanità, Silvio Brusaferro - «siamo oramai di fronte a un problema generale di rilevanza cruciale, non solo di sanità pubblica, che ci porta a considerare l’obesità una patologia cronica e una delle principali cause dei problemi di salute pubblica». Quella dell’obesità è perfino definita «una nuova pandemia». Soluzioni? Blangiardo parla di «sorveglianza nutrizionale», anche Brusaferro menziona sistemi di sorveglianza della popolazione. E se perfino il candidato alle presidenziali Usa Robert F. Kennedy Jr. ha inserito la lotta all’obesità e alle malattie croniche nel suo programma elettorale - «se non dovessi riuscire a risolvere questi problemi entro la fine del mio primo mandato, non vorrei essere rieletto», ha dichiarato - è segno che il tema ha fatto irruzione perfino nell’agone elettorale. È per questo che gli «esperti» si sono industriati per trovare una soluzione pratica: quella individuata dalle autorità sanitarie e governative americane, però, non risiede più nelle vecchie politiche di indirizzo verso un’alimentazione equilibrata, bensì nell’assunzione di farmaci. E non è casuale che il recente rapporto sull’obesità in Italia, che prepara di fatto a una nuova emergenza medica, sia stato realizzato con il contributo assoluto di Novo Nordisk, che è l’azienda farmaceutica che produce uno dei farmaci più popolari per curare il diabete, da un anno utilizzato anche nella gestione del peso: l’Ozempic.La longa manus delle aziende farmaceutiche e alimentari («Big Pharma» e «Big Food», nella vulgata popolare) nelle istituzioni americane e perfino nei college e negli atenei è ormai una realtà. All’ingresso della Stanford Medical School troneggia un distributore automatico della Coca Cola. Caso isolato? Non proprio: uno studio pubblicato su Ajpm (American Journal of Preventive Medicine) ha rilevato che 95 organizzazioni sanitarie nazionali hanno accettato in passato sovvenzioni da Coca-Cola, PepsiCo o entrambe le aziende. E già dieci anni fa Oxfam evidenziava che, a livello globale, gran parte degli alimenti trasformati è prodotto da una delle dieci grandi multinazionali del cibo, che sono Associated British Foods (Abf), Coca-Cola, Danone, General Mills, Kellogg, Mars, Mondelez International (ex Kraft), Nestlé, PepsiCo e Unilever. Non solo: Coca-Cola ha sovvenzionato gruppi medici come l’American Diabetes Association per compilare uno standard di cura per la gestione del diabete in cui, secondo Calley Means, ex consulente di aziende alimentari e farmaceutiche e cofondatore di TrueMed, è stato scritto nero su bianco che lo zucchero non è un problema. «Sono stato consulente di Coca-Cola e ho fatto lobbying per assicurarmi che le tasse sullo zucchero fallissero e che la soda fosse inclusa nel finanziamento dei buoni pasto negli Stati Uniti», ha dichiarato Means. Nel Regno Unito, viceversa, si è provato a istituire la «sugar-tax», balzello statale su tutte le bevande gassate. Nel frattempo, il World Economic Forum e l’Unione europea sponsorizzano la carne coltivata e le proteine vegane «a emissioni zero». L’ultima frontiera è la «drug first policy», ossia la politica dei «farmaci innanzitutto», che abbandona definitivamente le policies tradizionali per contrastare le scelte alimentari sbagliate (agricoltura rigenerativa e cibo buono, in particolare per i bambini a basso reddito), privilegiando la cura dell’obesità attraverso i farmaci. L’American Academy of Pediatrics nelle ultime linee guida sulla lotta all’obesità pediatrica ha chiesto trattamenti più aggressivi per bambini e adolescenti, compresi gli interventi farmacologici; i produttori di medicine anti-obesità stanno cominciando a testarli anche sui bambini di appena 6 anni.Epilogo beffardo, sembra che questi farmaci neanche funzionino: i risultati a lungo termine ancora non si conoscono e la maggior parte porta a una modesta perdita di peso: secondo uno studio pubblicato sul Journal of Pharmacology and Therapeutics, chi assume semaglutide (Ozempic, Wegovy) riacquista la maggior parte del peso entro un anno dall’interruzione del farmaco.<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="True" data-href="https://www.laverita.info/il-grasso-business-della-ciccia-2667418521.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="il-cibo-ci-ossessiona-e-per-ogni-problema-cerchiamo-farmaci" data-post-id="2667418521" data-published-at="1709490984" data-use-pagination="False"> «Il cibo ci ossessiona. E per ogni problema cerchiamo farmaci» Emilio Mordini «Viviamo in un mondo ossessionato dal cibo. La nostra è una società di bulimia a basso costo», dice lo psicoanalista Emilio Mordini, già docente universitario di bioetica e di etica. Spopolano i farmaci anti-obesità… «È una moda che arriva dagli Usa. Oggi c’è la tendenza a ridurre i problemi che riguardano gli esseri umani a problemi di tipo biologico, affrontabili a livello molecolare». Ad esempio? «Prendiamo proprio l’obesità, dovuta all’eccessiva ingestione di cibo più che ad altre ragioni metaboliche o endocrine. La tendenza della scienza moderna è dire che l’eccesso nel mangiare è dovuto a uno squilibrio dei neuromediatori, per cui per diminuire la voglia di mangiare bisogna riequilibrare alcune sostanze chimiche all’interno del cervello». Cos’è che non quadra di questa diagnosi? «Tutto. Anche se non c’è dubbio che i nostri pensieri abbiano un qualche corrispettivo nel chimismo cerebrale, la mente umana non è spiegabile soltanto in termini di neuromediatori». Perché no? «Chi crede che la ragione dell’obesità risieda soltanto nella biochimica è simile a chi crede che il motivo per cui Manzoni ha scritto i Promessi Sposi è perché aveva le mani per scrivere, carta e penna. Rientra in quel processo che una volta si chiamava medicalizzazione della vita: si trasformano le questioni umane in problemi medici affrontabili soltanto dagli “esperti”». E oggi come si chiama? «Non parlerei più soltanto di medicalizzazione ma di una “farmacologizzazione” di tutti i problemi umani: tutto diventa risolvibile con i farmaci. Intervenire sul processo biochimico è più semplice. Perché dovrei fare una dieta se con un farmaco dimagrisco? Ed è la risposta che si dà non solo all’obesità ma a un numero crescente di altre patologie». Perché s’ingrassa? «Perché si mangia più di quanto si avrebbe necessità. Spesso questo mangiare in eccesso è sintomo di un disagio psicologico. In altre parole, anche se obesità o sovrappeso sono sintomi fisici, la “malattia” è di tipo psicologico». Dovuta a cosa? «A tanti motivi. Alcune persone ingrassano inconsapevolmente per rendere meno evidente la propria identità sessuale “seppellendo” le forme sotto montagne di grasso ed essere meno “sessualmente appetibili”: una sorta di fluidità sessuale ante litteram». Ci sono altre cause? «Mangiare è uno dei primi piaceri che impariamo già da neonati e rimane alla portata di tutti, a differenza di altri piaceri». Come siamo arrivati all’epidemia di obesità? «Non sono tanto convinto che, almeno in Italia, ci sia. Probabilmente esiste negli Stati Uniti e in altri Paesi ma da noi la situazione è diversa. Certo, molte persone hanno stili di vita che andrebbero migliorati, mi sembra però che si tenda a enfatizzare troppo la situazione. Ho quasi l’impressione che alcuni “esperti” stiano cercando di convincerci dell’ennesima emergenza medica che ha come fine far vendere più farmaci». Come definirebbe l’obesità, dunque? «L’obesità è diventata, per la prima volta nella storia dell’umanità, la malattia dei poveri e non dei ricchi». Com’è possibile? «Semplice, il cibo spazzatura non costa niente». In effetti è vero che la gente spesso mangia troppo e male: basti pensare ai ristoranti «All you can eat»… «La nostra società si regge su una bulimia a basso costo, non solo di cibo ma di ogni tipo di merce, spesso di cattiva qualità. Viviamo in un mondo di abbondanza nella povertà. Da un lato diventiamo sempre più poveri, dall’altro siamo invitati a consumare solo prodotti scadenti e spesso inutili (compreso il cibo in eccesso e poco salutare)». Siamo appena entrati in Quaresima ma non si osserva neanche più il digiuno… «Il digiuno, come tempo di astinenza, attesa e pausa, non è più concepito quasi da nessuno e anche la Chiesa ha molta difficoltà a proporlo. Le persone non riescono più nemmeno a pensare che si debba aspettare per soddisfare un desiderio: ingozzarsi è ormai moralmente accettato». È andata perduta l’arte della tavola, della mise en place. «È così. Non si mangia quasi più a orari fissi, si mangia quando si ha fame, entrando in un bar o, se si è a casa, aprendo il frigo. Si apparecchia la tavola raramente e non si riceve più. È un involgarimento dell’intera cultura del mangiare». E i movimenti slow food? «Sono l’altra faccia della medaglia. Manifestano in qualche modo un desiderio di sottrarsi al mondo del cibo spazzatura, ma, alla fine, sono caricature: non esprimono un vero cambio di mentalità ma rimangono atteggiamenti esteriori per apparire “intenditori”, spesso senza esserlo». Il veganismo non è una cultura del cibo? «In origine, alcune comunità si cibavano in un modo piuttosto che in un altro per crearsi un’identità, religiosa o tribale: pensi ai divieti alimentari della religione ebraica o di quella islamica, oppure a quelli legati a certi periodi dell’anno tra i cristiani. Oggi succede lo stesso con le mode alimentari, ma si tratta di identità “di plastica”». A proposito di identità, non si può non ricordare il cartone Europa e Italia ideato da Bruno Bozzetto nel 1999. Mostrava la differenza tra gli europei omologati e gli italiani, che al bar chiedono ognuno un caffè diverso (corretto, macchiato caldo, al vetro, ecc). «Il suo bell’esempio fa capire com’è cambiato il mondo. La cultura italiana ha sempre usato il cibo per costruire nicchie identitarie che corrispondessero alla sua realtà geopolitica; oggi invece le persone cercano di distinguersi con le “intolleranze alimentari”. Si è medicalizzato il cibo, come dicevo». Essere magro, viceversa, corrisponde ad avere valore… «Poiché l’obesità è diventata un tratto distintivo dei poveri, il ricco pensa che se non vuole essere confuso con loro deve essere magro». Cosa dovrebbe fare il governo per contrastare l’obesità? «Nel breve periodo si dovrebbe riabituare la gente a mangiar meglio, non tanto con misure educative calate dall’alto, quanto difendendo concretamente le culture locali e il commercio di prossimità». Quindi lei è un fan della «sovranità alimentare»… «Certo! È importante difendere la realtà italiana, fatta di piccoli comuni con le loro tradizioni alimentari. Ma non facciamoci fregare dai chilometri zero, che sono la caricatura del cibo “sovrano”». O sano… «Eh no! Non usi anche lei questa parola che medicalizza il cibo!». Cosa possiamo fare, invece, nel lungo periodo? «Dovremmo riportare le persone al piacere dell’armonia e della bellezza anche nel modo di mangiare, come espressione del vivere sociale, del vivere insieme».
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In Consiglio comunale a Genova, incredibile frase dell’esponente del Pd alla capogruppo di Fratelli d’Italia che commemorava l’assassinio del giovane attivista conservatore negli Usa. Il dem poi costretto a scusarsi.
Il food è ormai da tempo uno dei settori più di tendenza. Ma ha anche dei lati oscuri, che impattano sui consumatori. Qualche consiglio per evitarli.
Charlie Kirk (Getty Images)
Da Saviano a Odifreddi passando per la Costamagna, chi infanga il pasionario trumpiano, da morto, lo ignorava da vivo. E oggi cita frasi mai pronunciate dal giovane freddato durante un comizio. Basta bufale: Kirk non odiava le donne, i neri e gli omosessuali.
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Donald definisce il sovrano un «amico» e lo scambio di doni è di alto valore simbolico. Oggi il tycoon incontra Keir Starmer.