
Lucia Azzolina cerca spazi per le lezioni di settembre? Potrebbe fare subito una cosa semplice: completare la costruzione di tanti istituti lasciati in abbandono. Ecco quanti sono e dove.Il conto alla rovescia è partito. Poco più di 10 settimane per trovare una sistemazione a tutti gli studenti che a settembre torneranno in classe. Al momento, secondo le stime diffuse dal ministero dell'Istruzione, oltre 1 milione di alunni rischierebbero di rimanere fuori per rispettare le misure di distanziamento suggerite dal Comitato tecnico scientifico. In questo rebus di spazi, il ministro Lucia Azzolina garantisce che tutti avranno un'aula. Le lezioni si svolgeranno nei musei o nei cinema, se necessario. Oppure, e questa è la novità, negli edifici dismessi a causa del calo demografico e rimessi a nuovo in poco meno di due mesi: sarebbero oltre 3.000 secondo l'Anagrafe dell'edilizia scolastica.L'elenco, fanno sapere dal ministero, è in via di definizione: «Abbiamo il dato numerico complessivo, ai tavoli regionali stiamo verificando le condizioni degli immobili, per capire quanti siano davvero recuperabili». Vasto programma, si direbbe: rimettere a nuovo strutture lasciate vuote per anni e adattarle in poco tempo alle esigenze degli alunni di oggi sembra un'impresa titanica. Anche perché, tra gli edifici sparsi lungo la penisola, si trova praticamente di tutto. Immobili occupati abusivamente, scheletri che compaiono in aperta campagna, scuole che sono tali sono sulla carta. «Qui alla Magliana è un via vai, le occupazioni vanno avanti da anni. È una situazione che mette ansia». Roma, zona Sudovest. Chi vive la periferia conosce bene la storia dell'ex scuola 8 Marzo. Da tempo i cittadini ne segnalano il degrado, l'incuria, le attività sospette che si svolgono all'interno. Le prime mozioni dei consiglieri dell'undicesimo Municipio risalgono al 2012. La richiesta è sempre la stessa: «Restituire al quartiere un immobile abbandonato al degrado, pericoloso per l'incolumità delle persone».Eppure, nonostante la scuola figurasse tra i primi 10 interventi di sgombero già nel 2015, nulla è stato fatto. Gli occupanti, circa 400, tra cui diversi bambini, sono ancora lì. Quelle che un tempo erano aule, oggi sono diventate case. Abusive, a tutti gli effetti. Come si legge in una delle mozioni, gli occupanti hanno provveduto alla «realizzazione di micro stanze, che aggravano il peso sulla portata della struttura, rendendola ancora più precaria». «Da anni chiediamo un intervento definitivo», racconta alla Verità Gianluca Lanzi, segretario Pd del Municipio XI. «È necessario recuperare questo spazio pubblico, che è uno degli esempi di scarsa visione delle pubbliche amministrazioni: quando un bene perde la sua funziona si preferisce abbandonarlo piuttosto che pensare a come valorizzarlo di nuovo».Chissà che cosa ne pensano a Somma Vesuviana, in provincia di Napoli. Qui una scuola nuova, con attrezzature moderne e laboratori futuristici, la aspettano da quasi 40 anni. Così tanto tempo che ormai l'edificio modello ha assunto le sembianze di un cimelio. «Doveva essere la scuola più grande d'Europa», ricorda il consigliere comunale Salvatore Rianna. Peccato che in questo slancio di entusiasmo verso il futuro, a Somma Vesuviana si siano dimenticati di prendere bene le misure. Già, perché a distanza di anni dall'approvazione del progetto, il Dipartimento di prevenzione dell'Asl Napoli 3 Sud nell'agosto 2018 ha fatto sapere che «la pratica è improcedibile perché l'altezza delle aule è impropria»: 2,70 metri anziché i 3 previsti dalla legge. Insomma, mancano 30 centimetri e la scuola di Rione Trieste resta un casermone vuoto, al momento senza destinazione.E pensare che di soldi, negli anni, ne sono stati spesi. Nel 2012, solo per citare uno degli ultimi esempi, il Comune stipula un contratto di quasi 2 milioni di euro per procedere al completamento della scuola media. Ad aggiudicarsi il bando, come si legge nella determina, la Europlant S.r.l., che ha il compito di recuperare e ampliare la struttura. Di completamento, tuttavia, nemmeno l'ombra. Le piastrelle sono ancora lì, all'esterno della struttura. Così come le impalcature e i tubi. Tutto fermo. Ciò che va avanti sono solo le scartoffie del Comune, che nel gennaio 2019, cioè a qualche mese dalla bocciatura del progetto, approva una «variante tecnica dei lavori di completamento della scuola media».«Per il Comune non ci sono aggravi di spesa», spiega il consigliere Rianna, «eppure il dubbio resta: se quella scuola non vedrà mai la luce che senso ha la variante?». Raggiunto al telefono dalla Verità, il sindaco di Somma Vesuviana, Salvatore Di Sarno, assicura che sta lavorando per riconvertire il bene. «Mi sono rivolto alla polizia, ai carabinieri, all'Asl: nessuno, tuttavia, ha intenzione di utilizzare lo stabile». Né, tantomeno, possono farlo gli alunni, gli unici che ne avrebbero davvero bisogno. A loro non resta che l'edificio di via Bosco, per il quale il Comune versa un canone di affitto annuo di quasi 50.000 euro.Nel gioco delle competenze tra Province, Comuni e Città metropolitane si sono perse altre due scuole, quella di via Morelli a Barletta e quella in contrada San Paolo a Canosa. La prima è completata al 70%; la seconda, a oggi, è un'area recintata. Nulla di più. E pensare che l'affidamento per la realizzazione delle due scuole risale al 2009. Il motivo? «Un errore degli uffici del patrimonio delle Province di Bari e di Barletta Andria Trani», spiega Francesco Ventola, presidente provinciale all'epoca dei fatti. «Nel 2011, con il trasferimento del patrimonio dalla Provincia di Bari alla neonata Provincia di Barletta Andria Trani, per errore viene acquisito il terreno su cui sarebbe sorta la scuola di via Morelli, che invece era stato ceduto qualche mese prima alla banca e alla ditta perché iniziassero a costruire». Il balletto dei provvedimenti legislativi presi in questi anni, come si legge in una relazione tecnica che La Verità ha potuto visionare, ha provocato la sospensione dei lavori, con la conseguenza che il cantiere è stato lasciato in stato di abbandono. Come confermano gli attuali consiglieri provinciali, sembra che all'orizzonte ci sia finalmente l'accordo: «Nel rispetto del contratto, la Città metropolitana di Bari procederebbe al completamento delle due strutture pagando i mutui, per poi concederle in affitto alla Provincia Barletta Andria Trani». Si parla già di un canone della durata di oltre 30 anni.«Può una questione legata alla proprietà trascinarsi per così tanto tempo?», si chiede ancora Ventola. «Quando in ballo ci sono i beni pubblici, il dialogo tra gli enti dovrebbe essere immediato, semplice. E invece». E invece, di immediato non c'è nulla, se non i finanziamenti pubblici. Soldi impegnati per opere che, forse, non vedranno mai la luce.A Crema lo sognano ancora il campus della Fondazione Charis. L'ex scuola di Comunione e liberazione, la chiamano oggi: un enorme plesso in località Cascina Valcaregna che avrebbe dovuto ospitare alunni dalle materne alle medie. In più, una palestra, una piscina, un auditorium, una chiesa. Oggi, di quel progetto, non c'è nulla: «Resta solo un enorme scheletro di cemento armato alle porte della città, che nessuno ha intenzione di valorizzare», spiega il consigliere regionale Matteo Piloni. Un'iniziativa privata sostenuta con soldi pubblici. Nel marzo 2008 il Comune di Crema approva il protocollo di intesa con Regione Lombardia e Fondazione Charis per un finanziamento di 4,5 milioni di euro. La prima quota deliberata dalla Regione arriva qualche giorno dopo: 1 milione di euro, di cui il Comune di Crema si fa garante. Soldi che, come si evince da un'interrogazione a risposta immediata a firma dell'ex consigliere Agostino Alloni, vengono trasferiti alla fondazione in 3 momenti, tra il dicembre 2009 e il luglio 2011. Eppure, i lavori non durano a lungo. Nel febbraio 2013, infatti, Charis invia una comunicazione al sindaco Stefania Bonaldi. Oggetto della missiva: messa in liquidazione della Fondazione. In sostanza, la realizzazione del Campus Valcaregna non può procedere per «la riscontrata impossibilità di reperire i necessari finanziamenti». Il sostegno pubblico non basta, la scuola non si fa. Al Comune di Crema resta in eredità un fantasma di cemento armato, per il quale sborsa 1 milione di euro. Già, perché la Regione pronuncia la decadenza del contributo previsto per la realizzazione dell'opera e ne intima al Comune la restituzione. «Quei soldi la Regione li ha recuperati fino all'ultimo centesimo», spiega Piloni, che all'epoca era assessore all'urbanistica del Comune. «Contributi destinati alle famiglie di Crema sono stati congelati, trattenuti per rientrare dall'esposizione». Nella lista delle erogazioni bloccate tra il 2015 e il 2017 c'è di tutto: soldi destinati alla sicurezza delle strade, allo sport dei ragazzi, all'inclusione scolastica dei disabili. La motivazione della trattenuta è sempre la stessa: Cascina Valcaregna, cioè la scuola dei sogni che a Crema è diventata un incubo.
Massimo Doris (Imagoeconomica)
Secondo la sinistra, Tajani sarebbe contrario alla tassa sulle banche perché Fininvest detiene il 30% del capitale della società. Ma Doris attacca: «Le critiche? Ridicole». Intanto l’utile netto cresce dell’8% nei primi nove mesi, si va verso un 2025 da record.
Nessun cortocircuito tra Forza Italia e Banca Mediolanum a proposito della tassa sugli extraprofitti. Massimo Doris, amministratore delegato del gruppo, coglie l’occasione dei conti al 30 settembre per fare chiarezza. «Le critiche sono ridicole», dice, parlando più ai mercati che alla politica. Seguendo l’esempio del padre Ennio si tiene lontano dal teatrino romano. Spiega: «L’anno scorso abbiamo pagato circa 740 milioni di dividendi complessivi, e Fininvest ha portato a casa quasi 240 milioni. Forza Italia terrebbe in piedi la polemica solo per evitare che la famiglia Berlusconi incassi qualche milione in meno? Ho qualche dubbio».
Giovanni Pitruzzella (Ansa)
Il giudice della Consulta Giovanni Pitruzzella: «Non c’è un popolo europeo: la politica democratica resta ancorata alla dimensione nazionale. L’Unione deve prendere sul serio i problemi urgenti, anche quando urtano il pensiero dominante».
Due anni fa il professor Giovanni Pitruzzella, già presidente dell’Autorià garante della concorrenza e del mercato e membro della Corte di giustizia dell’Unione europea, è stato designato giudice della Corte costituzionale dal presidente della Repubblica. Ha accettato questo lungo colloquio con La Verità a margine di una lezione tenuta al convegno annuale dell’Associazione italiana dei costituzionalisti, dal titolo «Il problema della democrazia europea».
Ansa
Maurizio Marrone, assessore alla casa della Regione Piemonte in quota Fdi, ricorda che esiste una legge a tutela degli italiani nei bandi. Ma Avs la vuole disapplicare.
In Italia non è possibile dare più case agli italiani. Non appena qualcuno prova a farlo, subito si scatena una opposizione feroce, politici, avvocati, attivisti e media si mobilitano gridando alla discriminazione. Decisamente emblematico quello che sta avvenendo in Piemonte in queste ore. Una donna algerina sposata con un italiano si è vista negare una casa popolare perché non ha un lavoro regolare. Supportata dall’Asgi, associazione di avvocati di area sorosiana sempre in prima fila nelle battaglie pro immigrazione, la donna si è rivolta al tribunale di Torino che la ha dato ragione disapplicando la legge e ridandole la casa. Ora la palla passa alla Corte costituzionale, che dovrà decidere sulla legittimità delle norme abitative piemontesi.
Henry Winkler (Getty Images)
In onda dal 9 novembre su History Channel, la serie condotta da Henry Winkler riscopre con ironia le stranezze e gli errori del passato: giochi pericolosi, pubblicità assurde e invenzioni folli che mostrano quanto poco, in fondo, l’uomo sia cambiato.
Il tono è lontano da quello accademico che, di norma, definisce il documentario. Non perché manchi una parte di divulgazione o il tentativo di informare chi stia seduto a guardare, ma perché Una storia pericolosa (in onda dalle 21.30 di domenica 9 novembre su History Channel, ai canali 118 e 409 di Sky) riesce a trovare una sua leggerezza: un'ironia sottile, che permetta di guardare al passato senza eccessivo spirito critico, solo con lo sguardo e il disincanto di chi, oggi, abbia consapevolezze che all'epoca non potevano esistere.






