2020-02-04
Il governo ha lasciato un minorenne in Cina
Dopo giorni spesi a sostenere che chi teme il contagio è fondamentalmente un razzista, la squadra inviata in Asia a prelevare i connazionali non ha imbarcato un diciassettenne: aveva qualche linea di febbre. In attesa dell'esito dei test, lui resterà laggiù. Il Boeing dell'aeronautica con gli italiani evacuati dalla Cina è arrivato ieri mattina alle 9,59. Era decollato domenica sera da Wuhan, epicentro dell'epidemia di coronavirus. A bordo c'erano 56 persone, tra cui alcuni bambini. Le loro condizioni sono buone, ma tutti restano sotto osservazione. Tutti, meno uno: il diciassettenne che non è salito sul volo. Vittima non del contagio, per lo meno fino a ieri, ma di un protocollo del ministero della Salute. Prevede che non si possa imbarcare chi ha febbre, tosse e difficoltà a respirare. Il ragazzo, originario di Grado, in Friuli-Venezia Giulia, era ospite di una famiglia, a 400 chilometri da Wuhan, per un anno di studio all'estero. Anche lui era nella lista dei passeggeri, ma il termometro segnava 37 e 7. Dunque, per il momento, resta in Cina. «Ha fatto il test per il coronavirus e domani dovremmo avere il risultato» ha spiegato l'Unità di crisi della Farnesina. «La sua situazione è abbastanza calma, è curato da due signore italiane in un appartamento dell'ambasciata». E adesso noi, pur non avendo le indubbie competenze e il notevole acume di luminari quali l'infettivologo Roberto Burioni, siamo qui a domandarci: ma era davvero necessario lasciare un diciassettenne laggiù? O magari questa è l'ennesima prova dell'improvvisata gestione giallorossa? Perché, alla fine, pure gli altri passeggeri tornati in patria restano a rischio. E le misure sanitarie sono state davvero imponenti. L'aeroporto di Pratica di Mare, dov'è atterrato il Boeing, era blindato. I 56 italiani sono prima passati da un ospedale da campo per un'altra visita di controllo. Poi passeggeri, medici e militari, tutti con mascherine e occhiali protettivi, sono stati trasferiti nella caserma della Cecchignola. È il fortino in cui passeranno una quarantena di almeno 15 giorni. Tutti, meno lo studente di Grado. Non poteva invece rientrare in Italia, per poi avere cure e attenzioni più adeguate? Un dubbio che si somma ad altre perplessità: come si sta muovendo il nostro governo? La prima risposta l'ha già data la diplomazia: maldestramente, a dir poco. Prova ne è il blocco dei voli (per altro senza tener conto degli scali...) ordinato lo scorso venerdì dal premier, Giuseppe Conte. Una decisione a sorpresa, che non ha adottato nessun altro paese europeo. L'ambasciata cinese in Italia ha così polemicamente chiarito: neppure l'Oms considera utile la sospensione del traffico. Quindi, come d'abitudine, meno di 24 ore dopo Palazzo Chigi ha fatto parziale marcia indietro: via libera ai cargo che trasportano merci. Materiale «non contaminabile né contaminato», ha spiegato Angelo Borrelli, il neocommissario per la gestione dell'emergenza, nominato in ossequio a un'inscalfibile legge: in Italia su ogni disgrazia, avvenuta o ipotetica, vigila un supersceriffo. Ma anche nel caso civili il blocco potrebbe servire a poco: molti passeggeri arrivano dalla Cina facendo scalo in altri paesi europei. Tanto che perfino il ministro degli Esteri, Luigi Di Maio, aveva mostrato perplessità sulla scelta di Giuseppi, nell'occasione coadiuvato dal battagliero ministro della Sanità, Roberto Speranza. Va detto: una roboante dichiarazione dopo l'altra, il coordinatore nazionale di Articolo 1 non si è certo risparmiato. Prima, ha tranquillizzato i cittadini: «L'Italia è paese grande e forte, non deve avere paura». Poi, Speranza ha avvertito del rischio di questi strani tempi: «Basta allarmismi e fake news». Ora, non ce ne voglia l'interessato. Lungi da noi far le bucce in un momento concitato, però uno di quelli che le ha sparate grosse sembrerebbe sia stato proprio il ministro della Sanità. È partito rasserenando il popolo con una funesta intuizione: «Il coronavirus cinese è pericoloso come peste e colera». Fino ad abbandonarsi al trionfalismo planetario: «Abbiamo isolato il virus. Sarà messo a disposizione di tutta la comunità internazionale e sarà più facile trattarlo». Peccato che la meritoria conquista dei virologi dell'Istituto Spallanzani segua analogo traguardo già raggiunto in Cina, Francia e Australia. Gli strepitosi meriti restano, ci mancherebbe. Ma Speranza allarga l'orizzonte: «Il servizio sanitario nazionale italiano è uno dei migliori del mondo». Come no? Eternità, scandali, disservizi e ruberie. Non bisogna però essere troppo duri. In ossequio alla migliore tradizione repubblicana, anche Speranza di salute sapeva pochino. Laureato in Scienze politiche, vantava un'unica e fugace esperienza sul campo: assessore all'Urbanistica nella natia Potenza. Seguì carriera da giovane vecchio di partito. Fino alla nomina con il governo giallorosso. Adesso, è arrivata l'inevitabile sovraesposizione. Con i più insolenti che in parlamento già gli danno del «ministro senza Speranza».