2018-07-05
La Web tax del Pd è già sepolta. Il governo ci riprova con i giganti della Rete
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Secondo quanto risulta alla Verità la novità potrebbe essere inserita nell'agenda politica in autunno. E l'Italia ha deciso di giocare un ruolo attivo anche nell'Unione europea per spingere una ridistribuzione della ricchezza.La Web tax italiana torna alla ribalta. Secondo quanto risulta alla Verità il governo potrebbe inserire nell'agenda politica di settembre e ottobre la tassa per i giganti del Web. Ma non solo, c'è anche la possibilità che l'Italia non stia in panchina nella partita europea. Sicuramente si dovranno aspettare le nuove elezioni e capire gli assetti politici che si andranno a creare, ma di fondo c'è la volontà di dare una svolta in positivo alla Web tax a livello europeo. Il problema dell'attuazione della tassa sul digitale nell'Ue deriva dal fatto che per l'approvazione ci vuole il consenso generale di tutti gli Stati membri. Ci sono però Paesi come l'Irlanda, il Lussemburgo, Malta e i Paesi Bassi che fin dal principio hanno ostacolato il processo. Per queste giurisdizioni, infatti, una Web tax a livello europeo non sarebbe positiva per le entrate statali, dato che porterebbe a ingenti perdite economiche. Questo accadrebbe perché negli ultimi anni diversi Paesi europei (e non) hanno sviluppato sistemi fiscali favorevoli, che hanno agevolato la presenza delle multinazionali sul loro territorio. Se dunque dovesse diventare operativa la Web tax, in linea teorica, una società avrebbe lo stesso trattamento fiscale in Irlanda e in Italia. Il risultato finale sarebbe dunque una ridistribuzione della ricchezza a livello europeo. L'Italia però, molto prima dell'iniziativa europea, si era mossa sul campo della tassazione dei colossi del Web. A fine aprile 2018 sarebbe dovuto arrivare il decreto attuativo, ma dal ministero dell'Economia non è arrivato nulla. Forse è stato un bene, dato che la Web tax italiana è stata criticata su più fronti. I commercialisti sono stati i primi a muovere critiche su determinati aspetti della norma e ieri lo Iab Italia (associazione nel campo della pubblicità digitale a livello mondiale) - alla presenza del pd Francesco Boccia, del tesoriere leghista Giulio Centemero e del pentastellato Alessandro Amitrano - ha evidenziato la presenza di alcune criticità all'interno della Web tax italiana, così come formulata attualmente. Iab Italia sottolinea dunque come la tassa sui colossi del Web andrebbe a colpire non solo le multinazionali, ma anche le piccole e medie imprese digitali italiane. In questo modo non si pone dunque rimedio al gap competitivo esistente tra le imprese italiane e le multinazionali con sede in Paese fiscalmente amici. Inoltre, viene sottolineato come la Web tax italiana andrebbe anche a creare problemi alle imprese estere che operano all'interno del mercato italiano. C'è dunque il rischio che queste saranno soggette a una doppia tassazione, nonostante provengano da un Paese che ha firmato con l'Italia la convenzione contro le doppie imposizioni. Il problema deriva dal fatto che queste società non riusciranno a detrarre l'imposta digitale italiana dalle imposte dovute nel paese di residenza, né usando strumenti normativi domestici, né ricorrendo a una qualche convenzione. «L'imposta digitale italiana», si legge nel documento, «rischia di accentuare invece che di attenuare le situazioni di disparità fiscale tra imprese domestiche rispetto ai competitor che godono di regimi fiscali di favore». L'idea è dunque quella di ripensare la Web tax italiana, avendo in mente «il raggiungimento di equità fiscale necessaria al fine di una sana concorrenza». Se non verrà modificata la proposta italiana, secondo Iab Italia, la Web tax andrà a gravare maggiormente sulle imprese locali «contribuendo al loro possibile default».