2019-09-24
Il governo dello stop all’Iva la alzerà a camionisti, agricoltori e allevatori
Giuseppe Conte fa retromarcia a uso delle tv: «Non aumenteremo le imposte». Peccato che sotto traccia sia stata decisa la stretta: via bonus da 7,6 miliardi per i carburanti, schiaffo anche alla zootecnica. I nuovi costi li pagheremo noi.Tassare le merendine è un boomerang. Affossa un settore tutto italiano da 1 miliardo e aiuta i big Usa e svizzeri già impegnati da tempo ad azzoppare i nostri oli e formaggi.Lo speciale contiene due articoli.Basta chiamare le tasse con il loro nome. Adesso i giallorossi ci insegnano che dobbiamo chiamarle disincentivi all'inquinamento. Questo, evidentemente, intendeva il Conte bis quando ha suonato la campanella per decretare la fine del primo governo Conte. «Bisogna cambiare linguaggio e vocabolario», ha detto ai parlamentari perché la politica sia più distensiva e friendly. Di conseguenza i tecnici preparano nuove imposte ma il premier a parole smentisce il lavoro del Mef: la narrazione non consente la trasparenza. «Non creiamo panico sociale su una cosa che non esiste. Dopo l'insistenza di un giornalista sulla tassa sulle merendine, ho detto “non escludiamo" ma non è una misura definita. Non stiamo lavorando per nuova tassazione ai cittadini», ha esclamato ieri il presidente del Consiglio, «anzi il nostro obiettivo sarà alleviare la pressione fiscale», ha aggiunto, riferendosi alla polemica nata dalla proposta del ministro dell'Istruzione, Lorenzo Fioramonti. Parlando della legge di Bilancio Conte ha poi osservato che la copertura arriverà «grazie allo spread che si abbassa» e che «ci consente di recuperare miliardi di risorse. E poi», ha spiegato, «c'è la spending review: stiamo rivendendo il sistema degli incentivi per riordinarlo». Ciascuno di noi sa bene che i soldi risparmiati con la discesa dello spread non sono un tesoretto da poter spendere. Ma solo un costo in meno. Promettere di usare la minore spesa sugli interessi di un debito come un attivo è una cosa a dir poco ridicola. La stessa promessa che aveva fatto Luigi Di Maio quando scoprì che da quota 100 e dal reddito di cittadinanza lo Stato avrebbe speso un miliardo e rotti in meno. La storia non insegna nulla. E la favola viene ripetuta così come si fa il gioco delle tre carte sulle detrazioni fiscali. I giallorossi, da un lato, confermano di non voler alzare le tasse e dall'altro spiegano che rimoduleranno tutte le tax expenditures (bonus fiscali). Conte potrà continuare a giurare di non alzare le tasse ma con il margine di flessibilità che l'Ue ha concesso al nuovo governo non ha via d'uscita. E non si tratta di una nostra osservazione. Per capirlo basta leggere le relazioni al decreto Ambiente stese dopo che il cdm, la scorsa settimana, aveva bocciato il testo per via delle mancate coperture fiscale. Nella relazione illustrativa si comprende invece che con la scusa di avviare il green new deal (il mega progetto europeo di sostenibilità ambientale) si mette mano agli incentivi energetici considerati dannosi. Purtroppo sono queste gran parte delle coperture. Nel complesso, infatti, il saldo delle uscite dello Stato rispetto allo scorso anno sarà inferiore di 16,8 miliardi di euro. Tradotto si pagheranno più tasse e più Iva sui comparti che saranno soggetti alle rimodulazioni. Nel dettaglio saranno innalzate le accise e l'Iva sui carburanti agricoli, sul gasolio degli autotrasportatori e pure su quello avio. Nel complesso una batosta da 7,6 miliardi che si aggiungerà ad altri tagli alle agevolazioni tutti concentrati sul comparto agricolo. Il paradosso vuole che a essere penalizzata sarà anche l'Iva zootecnica. A oggi gli allevatori di bovini e suini godono di un regime speciale, che consente loro di evitare la contabilizzazione e portare ogni mese a casa una fetta ampia di risparmi sull'imposta. L'ideale per far rimanere in ginocchio una volta per tutte un comparto già in forte crisi. «Paradossale penalizzare un settore come quello agricolo e quindi l'intera filiera agroalimentare italiana, unica in Europa per sostenibilità», spiega alla Verità, Luigi Scordamaglia, coordinatore di Filiera Italia. «È solo grazie alla nostra agricoltura che il nostro Paese può tutelare il suo verde in maniera produttiva e a oggi non esiste un carburante diverso utilizzabile in sostituzione del gasolio. L'aumento dei costi del carburante agricolo così come la revisione dell'Iva sull'attività di allevamento manderebbe fuori mercato proprio quegli agricoltori e l'industria a monte che sono modello di sostenibilità a livello europeo costringendoci come Paese ad aumentare le nostre importazioni da Paesi che fanno dumping ambientale». Che cosa dovrebbero usare gli agricoltori per muovere i propri trattori? Aspettiamo che arrivi Greta Thunberg a spiegarci che tutta la filiera dovrebbe introdurre mezzi elettrici o movimentati da pannelli solari? È chiaro che siamo di fronte a una immensa presa in giro che purtroppo - se passasse la linea giallorossa - pagheremmo per molto tempo. Lo stesso danno che faremmo al made in Italy se venisse introdotta la tassa sulle merendine. «Per capire l'errore, basta guardare quello che è successo in Messico dove l'introduzione di una tassa su bibite gassate ha provocato l'immissione sul mercato di prodotti più scadenti e dannosi a un prezzo più basso per compensare la tassa. Ne è risultato l'aumento del consumo di prodotti più scadenti da parte consumatori meno abbienti», conclude Scordamaglia. In altre parole aumento dell'obesità. Esattamente l'opposto di ciò che la tassa ufficialmente si prefiggeva. Nel caso della rimodulazione dell'Iva gli effetti possono essere anche peggiori. Non sappiamo di quanto saliranno i prezzi dei prodotti finiti e quindi di quanto diminuirà il potere d'acquisto degli italiani. Purtroppo non lo sa nemmeno il governo. Escludiamo, infatti, che abbia avviato una valutazione ex ante. D'altronde, perché farlo se l'unica preoccupazione è chiudere la manovra 2020 con il sì dell'Ue, arrivare a primavera e poi nominare i manager pubblici? Il resto, magari, sarà problema di un altro governo.<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/il-governo-dello-stop-alliva-la-alzera-a-camionisti-agricoltori-e-allevatori-2640564620.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="la-gabella-sulle-crostatine-permettera-ai-colossi-esteri-di-mangiarci-in-un-boccone" data-post-id="2640564620" data-published-at="1758063228" data-use-pagination="False"> La gabella sulle crostatine permetterà ai colossi esteri di mangiarci in un boccone Dal patto della crostata di berlusconiana memoria allo sgarbo della crostatina. Domenica Luigi Di Maio ha fatto cadere un «tegolino» sulla tesa di Giuseppe Conte e del «suo» ministro dell'istruzione, il fantasioso Lorenzo Fioramonti che ancorché in quota Grillo è sempre un pentastellato. Ebbene il capo politico dei 5 stelle ha fatto sapere che la tassa sullo zucchero con ciò che deve fare il governo c'entra come il cavolo a merendina. Di Maio ha affidato a Facebook in un lungo post la smentita della tassa su biglietti aerei, bibite gassate e appunto merendine. Il ministro degli Esteri lo dice in un quadro complessivo: questo non può essere il governo delle tasse, i 5 stelle si aspettano altro. E pensare che Giuseppe Conte invece aveva fatto un applauso al balzello sul Buondì, tanto per far cominciare bene la giornata agli italiani. Ma l'errore non sta solo nell'introdurre un'altra (inutile) gabella, sta nel fatto che è una bomba atomica sganciata sul made in Italy agroalimentare. Che, sia detto per inciso, vale più o meno 140 miliardi che sommati all'agricoltura fanno qualcosa meno di 210 miliardi di euro di cui una cinquantina dall'export. Stiamo parlando di mettere a rischio circa il 15% del Pil che tenendo conto dei moltiplicatori significa un quarto della ricchezza nazionale ogni anno prodotta. A essere politically correct a volte si fanno dei danni. Sarà anche affaccendata a fare il capo delegazione di Italia viva, ma quella «straordinaria donna» - parola di Matteo Renzi - di Teresa Bellanova - ministro dell'Agricoltura e dell'agroalimentare - un paio di minuti per spiegare a Conte e al giulivo Fioramonti - il neo ministro istruito ha dichiarato che la scuola è un colabrodo per colpa del precedente governo in cui lui era viceministro sempre all'Istruzione - che stanno prendendo un granchio poteva anche spenderli. Le merendine sono un prodotto tutto italiano, le consumano circa il 97% delle famiglie con bambini, le mangiano 6 adulti su 10, hanno un valore calorico - ammesso che ancora abbia importanza contare la quantità delle calorie piuttosto che occuparsi della qualità dei nutrienti - che oscilla tra le 129 e le 180 (ci sono solo alcuni croissant al cioccolato che arrivano a 220 calorie) per porzione pari al 7% del fabbisogno giornaliero di un adolescente che si smaltisce in 20 minuti di calcetto. Potremmo aggiungere che sono un mercato da circa un miliardo di euro (ricco ma fiscalmente poco capiente a meno di non mettere fuori mercato il consumo) e che i campioni della produzione sono le industrie italiane. La classifica di questa nicchia di mercato - dove ci sono molte declinazioni regionali e locali - elenca tre big player: Ferrero, Barilla e Bauli. Insomma la tassa sulle merendine invece di fare del bene ai ragazzi fa del male all'Italia perché significa consegnarsi al fuoco nemico di chi vuole affossare il made in Italy agroalimentare. Abbiamo scritto un'infinità di volte che alcuni Paesi - Gran Bretagna, Usa, Francia, Svizzera su tutti - cercano in tutti i modi di togliere di mezzo i nostri prodotti. Hanno escogitato un sistema assai efficace: quello delle etichette a semaforo basate su degli assunti nutrizionali di dubbissimo valore scientifico. Significa che se un cibo contiene grassi e sale, zucchero e burro viene etichettato come dannoso alla salute a prescindere dalle quantità e dalla qualità utilizzando simboli come quelli del semaforo: verde per i cibi «giusti», giallo per quelli discutibili, rosso per quelli che secondo loro ti mandano al Creatore. E tra questi alimenti dannosi - secondo la dieta semaforica - ci sono per dirne alcuni il Parmigiano Reggiano, il prosciutto e perfino l'olio extravergine di oliva che intanto la Drug administration statunitense ha registrato come alimento farmaco consigliandone l'assunzione quotidiana. Le grandi multinazionali dell'alimentare, con in testa la Nestlè che è la più grande di tutte e che ormai si è trasformata in una compagnia orientata alla vendita di integratori alimentari - con un particolare curioso: vende dolci e poi si compra la Novartis che è il principale produttore di insulina - vogliono adottare il Nutriscore che è un codice di etichettatura dei cibi che tiene conto solo della composizione chimica. Per fare un esempio: se una bibita non contiene zucchero, ma è piena di edulcoranti di sintesi e di caffeina per il Nutriscore è sana, mentre una spremuta d'arancia col miele potrebbe avere semaforo rosso. E non suoni strano che questa etichettatura pensata dagli svizzeri piace tantissimo a quella sorta di Bilderberg dell'alimentare fatto da Nestlé, Unilever, Pepsi e Coca Cola, Mars e Mondelez, un trust da 500 miliardi di dollari, perché vogliono spazzare via tutte le produzioni di nicchia. Bene in tutte le sedi, dall'Oms all'Ue, l'Italia si è sempre battuta come un leone contro questa etichettatura. Ma ora come potremmo opporci se mettiamo la tassa sulle merendine affermando che fanno male? Se una girella da 150 calorie viene tassata, come vogliamo vendere al mondo un salame o una mortadella con tanto bel (e ottimo) grasso di maiale? Forse Conte e Fioramonti non ci hanno pensato. Peraltro le merendine non sono le prime responsabili dell'obesità infantile che pure anche in Italia è un problema. Il punto semmai è che i ragazzi italiani fanno poco sport, che le scuole del ministro Fioramonti che non sono neppure antisismiche, non hanno le palestre e che i nostri ragazzi passano dalle 3 alle 6 ore al giorno attaccati ai diversi schermi e nella scuola italiana non c'è nessun insegnamento che riguardi l'alimentazione o meglio sarebbe l'educazione al gusto. È bene che Conte e Fioramonti si informino perché una recente indagine della Doxa ha fatto sapere che le mamme italiane danno nel 50% dei casi frutta, nel 38% yogurt, nel 25% snack salati, 20 % panini e solo nel 15% dei casi merendine ai ragazzi come spuntino. Ma non basta, la tassa sulle merendine colpirebbe le abitudini alimentari di 31 milioni di italiani che le usano quasi esclusivamente per la prima colazione. L'industria alimentare negli ultimi dieci anni ha ridotto del 30% gli zuccheri, del 20% i grassi saturi e del 21% le calorie nel prodotto che non supera mai i 50 grammi di peso. Il risultato è che il 66% degli italiani è stato consumatore di merendine da bambino e il 59% lo è ancora oggi; gli adulti le consumano due volte a settimana, il 70% dei millennians le mangia almeno quattro volte a settimana. Ma allora perché si insiste periodicamente su quest'idea di tassare le merendine come fossero cibo spazzatura? Per seguire la moda obamiana del mangiar sano che viene dagli Usa. Ma gli snack americani o inglesi sono ben altra e più pesante cosa rispetto ai nostri. Intanto quelli pesano mediamente il doppio di una merendina italiana, il contenuto di zucchero è tre volte superiore e l'apporto calorico è il triplo. È come dire che un panino col salame italiano equivale a una polpetta americana: è semplicemente un'idiozia. E lo è anche dal punto nutrizionale. Perché se ormai la scienza è certa che lo zucchero non è proprio un alleato della salute (discorso diverso se parliamo di glucosio che è un monosaccaride) non è più sicura che misurare tutto in calorie serva davvero. Piuttosto è interessante tenere sotto controllo la produzione di alcuni ormoni come l'insulina, il glucagone e il cortisolo che servono allo sviluppo armonico del corpo e consentono di prevenire alterazioni metaboliche e patologie ad esse connesse. È il mix alimentare che conta. Ma il governo pare non saperlo perché se vogliamo sostituire ad esempio la merendina con la merenda pane, olio e un po' di sale bisogna che l'Iva sul pane non aumenti, che l'extravergine sia tutelato, che si cominci a fare educazione alimentare. Questo se davvero ci si vuole preoccupare della salute. Ma viene il sospetto che l'unica salute che interessa sia quella dei conti pubblici, con la tassa sulle merendine che sarebbe peraltro solo un placebo perché anche stressando al massimo l'aliquota non si arriva a un gettito di venti milioni. Anche la trovata di tassare le bevande zuccherate - che in effetti andrebbero limitate, ma non per via fiscale quanto proponendo alternative - non pare avere dato grossi risultati in giro per l'Europa. Secondo Assobibe - che l'unione dei bibitari - in Francia la tassa spuntata nel 2012 pari a 7 centesimi al litro ha portato nel primo anno un calo dei consumi del 2,2% salvo poi recuperare in un anno tutto il mercato e in Danimarca già da cinque anni l'hanno tolta perché non è servita a nulla. E allora? Allora sarà il caso che il governo percorra altre strade perché questo non il modo né per far cassa né per imporre la salute per decreto soprattutto in uno Stato dove si continua a vendere il tabacco attraverso il Monopolio. C'è invece un problema serio all'orizzonte: il crollo dei consumi alimentari. Sono già scesi di dieci punti percentuali in cinque anni e se per via fiscale si deprimono ancora di più significa attentare alla salute di uno dei comparti economici più importanti del Paese e alla fine portare a casa meno gettito. Il governo nato per fermare l'Iva non può inventarsi microtasse che colpiscono i consumi di base ed è bene che si preoccupi più che della curva glicemica di di quella di Laffer che non sbaglia un colpo: al crescere dell'imposizione diminuisce il gettito. Già Mario Draghi si lamenta che arriva la recessione perché il cavalo non beve, figurarsi se gli levi pure le merendine.