2018-05-12
Laura Castelli, l'aspirante Maria Elena Boschi dei grillini
Dall'apparato vicino alla nouvelle vague di Emmanuel Macron ingerenze su posizioni e temi chiave. I nomi di Enrico Giovannini, Elisabetta Belloni e Giampiero Massolo come primo ministro si spiegano così. Le piroette della grillina sull'euro, invece, celano le ambizioni da donna di potere dei 5 stelle.Le pressioni sono tangibili, anzi palpabili e non ci riferiamo solo alle uscite in chiaro fatte da vari rappresentanti dell'Ue affinché il prossimo presidente del Consiglio di Lega-M5s sia una figura neutra - quasi tecnica - e certamente filo europeista.A spingere per un premier terzo ci sono anche numerose forze e dinamiche che agiscono sottotraccia e tentano di infiltrare le trattative. Le tracce non sono troppo difficili da ricostruire, e portano tutte all'intellighenzia filo francese. Il governo di Mario Monti fu palesemente sostenuto da Angela Merkel, ma le mani straniere in questo caso hanno padroni francesi. D'altronde basta osservare le dinamiche dei palazzi e le proposte che man mano vengono avanzate. Tutti nomi che piacciono a Sergio Mattarella e non certo agli elettori leghisti, né tanto meno grillini. Il primo è stato quello di Enrico Giovannini, ex ministro del Lavoro del governo di Enrico Letta e presidente dell'Istat, ha portato in Italia un indice economico alternativo al Pil, che piace ai pentastellati, il Bes, benessere equo e sostenibile. Almeno, questa era la scusa avanzata dal M5s per sostenere l'idea. In realtà la figura di Giovannini è lettiana e molto apprezzata da tutti i manager pubblici che vedono in Emmanuel Macron un punto di riferimento. Un discorso simile vale per Elisabetta Belloni, direttore generale del ministero degli Esteri, e molto vicina a Paolo Gentiloni. Giampiero Massolo è invece il candidato dell'ultima ora. Già uomo forte dei servizi, prima ancora ambasciatore di rango e poi segretario generale della Farnesina durante il secondo governo Prodi, quando il dominus degli Affari esteri era Massimo D'Alema. Adesso presidente della Fincantieri guidata da Giuseppe Bono che si appresta a diventare numero uno dei cantieri Stx, quelli che Macron voleva nazionalizzare. La figura di Massolo è quanto di più lontano si possa immaginare rispetto alla campagna elettorale dei 5 stelle e di Matteo Salvini. Una tale scelta consentirebbe la definitiva sterilizzazione delle promesse dei due partiti. Motivo per cui (al di là dei nomi che nelle prossime ore si susseguiranno) le pressioni filo estere si fanno sempre più forti. Soprattutto sull'anello debole della catena che è il M5s. La Lega (che l'altro ieri ha bocciato Giovannini) è poco influenzabile mentre la controparte della coalizione in queste ore di dimostra estremamente permeabile alle pressioni filo francesi. La cerniera si chiama Vincenzo Spadafora, consigliere stretto di Luigi Di Maio. Nato ad Afragola, a una decina di chilometri di distanza da Pomigliano d'Arco, dove è nato Pasquale Salzano attuale ambasciatore in Qatar. Il diplomatico un tempo in Eni, oltre a essere molto vicino a Matteo Renzi e Marco Carrai, ora in panchina, è membro dell'Istituto Affari internazionali (fondato da Altiero Spinelli, totem degli europeisti), il comitato che vede nomi ricorrenti in questi giorni. A partire da Giovannini fino a Massolo. Qui c'è il link che arriva dritto fino al cuore dei 5 stelle. Senza dimenticare che nelle ultime settimane si è allineata alla nuova logica europeista anche l'altro consigliere diretto di Di Maio, Laura Castelli. Deputata eletta alla Camera nel 2013, ha nel suo curriculum solo poche uscite pubbliche. Una in tv da Lilli Gruber, quando alla domanda «in caso di referendum sull'euro lei cosa voterebbe?», ha risposto: «Non so, non si dice». E l'altra sparata fu a un consegno organizzato dall'ordine dei commercialisti, quando ammise candidamente di aver esercitato la professione senza autorizzazioni. Grazie a tale background ha guadagnato i gradi per sedere alla destra del capo partito. I bene informati riferiscono alla Verità che l'avvicinamento improvviso alle forze amiche di Altiero Spinelli sarebbe dovuto a un motivo molto preciso. La Castelli punta a ricoprire l'incarico di sottosegretario alla presidenza del Consiglio. La poltrona sulla quale Maria Elena Boschi ha consolidato il proprio potere, almeno fino a quando banca Etruria non è stato un macigno troppo pesante da sostenere. L'immagine però di una Boschi sorridente a Palazzo Chigi deve essere rimasta impressa negli occhi della Castelli che si candida ora a succederle. In effetti il Paese sentiva già la mancanza di una figura politica di riferimento preparata per un incarico così elevato che per quasi dieci anni è stato ricoperto da una figura come quella di Gianni Letta. Se per arrivare lì bisogna cambiare divisa e casacca poco importa. Ora la Castelli non sembra più indecisa né sull'euro né sul proprio futuro politico. Sempre che a far saltare i piani non ci pensino Salvini e Giancarlo Giorgetti che da queste infiltrazioni di ultra macroniani avrebbero solo che da perdere. Da un esecutivo guidato da un premier terzo, in caso di elezioni il prossimo anno (che è l'obiettivo nemmeno tanto occulto del Colle), il Carroccio uscirebbe devastato, rischiando di dimezzare i voti racimolati negli ultimi anni. D'altronde, ieri mattina i 5 stelle hanno diffuso attraverso le agenzie un messaggio chiarissimo sul deficit. «Il governo non partirà facendo forzature nei confronti dei partner Ue sui vincoli che riguardano il deficit». Facendo capire che il dato di partenza è l'1,5% e che il passaggio sarà gestito in modo «razionale e ragionevole», recitava la velina. Esattamente quanto si attendeva Jean Claude Juncker che sempre ieri mattina ha tenuto a precisare che «populisti e nazionalisti hanno avuto materia per alimentare i loro sentimenti e aumentare il distacco dagli altri a causa della crisi migratoria» e ora serve continuità. Più o meno quanto esplicitato da Mario Draghi che ha spiegato al governo in fieri che «le riforme strutturali a livello nazionale restano una priorità». Mattarella e il giro dei francesi è d'accordo.
Giorgia Meloni al Forum della Guardia Costiera (Ansa)
«Il lavoro della Guardia Costiera consiste anche nel combattere le molteplici forme di illegalità in campo marittimo, a partire da quelle che si ramificano su base internazionale e si stanno caratterizzando come fenomeni globali. Uno di questi è il traffico di migranti, attività criminale tra le più redditizie al mondo che rapporti Onu certificano aver eguagliato per volume di affari il traffico di droga dopo aver superato il traffico di armi. Una intollerabile forma moderna di schiavitù che nel 2024 ha condotto alla morte oltre 9000 persone sulle rotte migratorie e il governo intende combattere. Di fronte a questo fenomeno possiamo rassegnarci o agire, e noi abbiamo scelto di agire e serve il coraggio di trovare insieme soluzioni innovative». Ha dichiarato la Presidente del Consiglio dei Ministri Giorgia Meloni durante l'intervento al Forum della Guardia Costiera 2025 al centro congresso la Nuvola a Roma.
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