2022-06-14
Il gioco del silenzio sul referendum tiene in piedi il sistema delle toghe
Zampino della Consulta, scarsa copertura mediatica, appelli all’astensione trapelati persino dalle istituzioni. Il delitto perfetto dei quesiti innesca scambi d’accuse tra i promotori. Salvini e +Europa: «Abolire il quorum».Peggio di così non poteva andare. Che il raggiungimento del fatidico quorum del 50% più uno degli aventi diritto al voto fosse - per usare un eufemismo - arduo era cosa nota, ma un risultato elettorale può avere diverse sfumature e chiavi di lettura. Invece, il dato dell’affluenza per i cinque quesiti sulla giustizia non lascia spazio a letture in filigrana o a considerazioni secondarie, perché il 20,9% fatto registrare domenica rappresenta il numero più basso di un referendum nel dopoguerra. È andato dunque a segno in modo severissimo il piano concentrico dei media mainstream, della parte più conservatrice dell’establishment togato e di una parte ben mimetizzata delle alte cariche istituzionali, che hanno inviato un segnale agevolmente decifrato dagli elettori in direzione dell’astensionismo. Se al boicottaggio dell’informazione e delle istituzioni si aggiungono le vexatae quaestiones del voto in una sola giornata, deciso per un referendum abrogativo che necessita del quorum, quando in altre occasioni è stato deciso il voto in due giornate per delle consultazioni costituzionali senza soglia minima di affluenza (come ad esempio il taglio dei parlamentari) e della data balneare (sempre per fare lo stesso esempio il referendum sul taglio degli eletti si celebrò a fine settembre), si può parlare di delitto perfetto. Non era mai accaduto, tra le altre cose, che la reiterata certificazione da parte di Authority e di agenzie di monitoraggio indipendenti del boicottaggio da parte dei mezzi d’informazione non sortisse alcun effetto riparatorio, o che un volto popolare televisivo come Luciana Litizzetto invitasse gli spettatori ad andare al mare, senza alcuna conseguenza. O che, ancora, nella città più importante chiamata al voto (Palermo), di fatto gran parte delle sezioni siano rimaste aperte per un tempo minore di quello stabilito dalla legge a causa delle defezioni dei presidenti di seggio. Inoltre, c’è da ricordare che un colpo mortale alla possibilità di successo è stato assestato, a monte di tutta la vicenda, dai giudici della Consulta, che non vollero ammettere il quesito più sentito dai cittadini, vale a dire la responsabilità civile dei giudici, questione di importanza fondamentale visto l’alto numero di casi di malagiustizia e di ingiusta detenzione nel nostro Paese. Detto questo, è verosimile, di fronte a un risultato di questo genere, che qualcosa non abbia funzionato nemmeno in seno alla eterogenea compagine che ha promosso i quesiti, capitanata dall’inedita accoppiata Lega-Partito radicale. La cosa può avere infatti disorientato l’elettorato di centrodestra ma in generale, all’indomani del flop, non sono mancate polemiche interne al fronte del sì, come quella tra l’Unione delle Camere penali e i radicali, rei, secondo gli avvocati penalisti, di aver monopolizzato la campagna e di aver agito con improvvisazione. Di contro, non è mancato qualche mal di pancia, nel fronte pannelliano, nei confronti del leader della Lega, Matteo Salvini, accusato di aver «mollato» la campagna referendaria una volta constata l’impossibilità di raggiungere il quorum. Proprio Salvini, respingendo al mittente le accuse di scarso impegno, ha sollevato il tema della riforma dell’istituto referendario, che è stato poi raccolto anche da altri. «Una riflessione sui quorum al referendum», ha detto Salvini, «va fatta. Se non vota il 50% per i sindaci, con il sindaco che è la persona più vicina in politica, figurati per il referendum. Se si va avanti così, di questo passo nessun referendum raggiungerà il quorum». Con lui si è schierato il deputato di +Europa Riccardo Magi, che ha chiesto apertamente di ritoccare in basso il quorum per i referendum abrogativi e di «ridefinire i poteri della Corte costituzionale nel giudizio di ammissibilità dei quesiti». Tra le altre proposte, da menzionare, anche se difficilmente percorribile, quella del voto a distanza.Se non altro, la débâcle dei cinque quesiti ha riportato il dibattito sulla Giustizia all’attenzione dell’opinione pubblica. Quanto ai risultati - del tutto platonici - riguardanti le schede sulle quali i pochi elettori andati al seggio, questi hanno determinato una schiacciante e prevedibile maggioranza per i sì: il dato più alto ha riguardato la separazione delle carriere, per la quale si è espresso 74% degli elettori, mentre per l’estensione della valutazione dell’operato delle toghe ai membri laici dei Consigli giudiziari i sì sono stati il 71,9%. L’abolizione della raccolta delle firme per l’elezione dei componenti togati del Csm ha riscosso il 72,5% dei favori dei votanti, mentre per i restanti quesiti le percentuali del sì sono state più basse. Il quesito sull’abolizione della legge Severino ha incassato infatti il 54% dei sì, quello sulla limitazione dell’utilizzo della custodia cautelare il 56,1%.
Il ministro dell'Agricoltura Francesco Lollobrigida (Ansa)
Lo stabilimento Stellantis di Melfi (Imagoeconomica)
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