2021-08-12
Il foglio verde obbligatorio in mensa minaccia 40.000 posti di lavoro
(Alessio Coser/Getty Images)
L'esclusione dall'area pasti dei dipendenti senza certificato è una tegola per le cooperative che offrono il servizio: un comparto da 7 miliardi, già penalizzato dalle serrate. Domani i primi scioperi nelle aziende.È il riscatto della schiscetta: funziona come un green pass al contrario. E magari è un' idea-regalo per Natale. Oggi però può contenere solo pasti all'arrabbiata. Tutto grazie al caos che si è creato attorno al salvacondotto vaccinale. L'ultimo contenzioso, ampiamente prevedibile, deflagra sulle mense aziendali. Sua emergenza Roberto Speranza lo aveva detto chiaro: il green pass vale ovunque si mangia. Per tutta risposta i sindacati ieri hanno fatto scioperi spontanei e sospensioni dal lavoro in moltissime aziende dove è scattato il «pasto vaccinato». Il ministro della Salute una settimana fa durante un incontro con i massimi vertici sindacali aveva specificato anche al ministro del Lavoro, Andrea Orlando (Pd) - che ha balbettato un va bene, forse, ma anche no - che il salvacondotto vaccinale va esibito per mangiare in mensa. Al di là del ridicolo: due colleghi possono condividere il tornio senza alcun obbligo, ma non possono mangiare nella stessa mensa dove peraltro ci sono operatori che preparano e servono i pasti senza obbligo vaccinale. Così le aziende col rischio delle sanzioni - non è chiaro se essendo i locali mensa in continuità con quelli aziendali il controllo degli accessi spetti al datore di lavoro o all'impresa che fa i pasti - hanno cominciato a porre il divieto di mensa per chi non ha il salvacondotto. Risultato: sono a rischio almeno 40.000 posti su 100.000 occupati di cui l'80% donne per un comparto che offre 210 milioni di pasti al giorno (periodo pre Covid) con un giro d'affari stimato in 7 miliardi e dove ci sono alcuni giganti: tra questi la Camst di Bologna e la Lega delle Coop è preoccupata per molte altre piccole cooperative che fanno questo servizio. Alla sinistra di pasto e posto di lavoro va di traverso la sinistra di governo. Già lo smartworking ha tolto 20.000 occupati nelle mense riducendo - è una stima della Cgil - di quasi il 60% gli incassi delle imprese, ma il green pass potrebbe essere la mazzata finale. In pratica queste lavoratrici sarebbero licenziate per una norma dello Stato che poi però paga a loro (forse) la cassa integrazione. Le imprese peraltro non hanno capito - e il ministro dell'Interno, Luciana Lamorgese , ci ha messo del suo con le circolari che si smentiscono l'una con l'altra - di chi è la responsabilità dei controlli nelle mense aziendali e chi eventualmente paga la multa fino a mille euro per i trasgressori del green pass. E che succederà nelle mense a settembre con le fabbriche e gli uffici a pieno regime? Il prossimo mese è quello in cui si rinnovano i contratti e le aziende di ristorazione non sanno su quali parametri basarsi. Gli operatori sono imbufaliti e l'Anir (è la Confindustria della ristorazione collettiva) col presidente Massimiliano Fabbro osserva: «Non possiamo essere equiparati ai ristoranti; chi mangia in mensa è già stato controllato. Abbiamo sempre lavorato anche durante il lockdown grazie ai rigidi protocolli di sicurezza mai venuti meno. Non si capisce perché si poteva andare a mensa quando non c'era il vaccino e ora col vaccino ci sono delle restrizioni». Queste perplessità diventano protesta quando il datore di lavoro - ascoltando i diktat di Speranza - vieta l'ingresso. Alla Hanon System (in provincia di Torino) i 600 dipendenti hanno trovato un gazebo con scritto: chi non ha il green pass mangia qui. La Fim-Cisl ha già indetto per domani due ore di sciopero a ogni turno. Stessa cosa alla Stamet di Feletto dove due lavoratori sono stati lasciati fuori dalla mensa. A Genova alcune aziende distribuiscono cestini, altre non consentono neppure di mangiare negli uffici. Nel padovano molte aziende hanno già fatto scattare il divieto. Maurizio Landini segretario generale della Cgil ricorda: «Fabbriche e uffici sono stati messi in sicurezza, è inaccettabile punire chi non ha il certificato». Landini avanza un sospetto: «Le mense non sono un ristorante, ma un servizio per chi lavora. Se il governo pensa che il vaccino debba essere obbligatorio, lo dica e approvi una legge. Non si può pensare di raggiungere il medesimo obiettivo in maniera surrettizia, a danno di chi lavora». Duro il segretario generale della Uil Pierpaolo Bombardieri: «Il green pass nelle mense aziendali è assurdo i protocolli di sicurezza sono già molto rigidi, non è come un ristorante, c'è una turnazione e i lavoratori mangiano da soli. Aggiungo che dovranno darci i tamponi gratis». La Cisl col segretario confederale Angelo Colombini pone anche un altro tema: «Il governo deve evitare conflitti. I protocolli sulla sicurezza hanno funzionato bene. Non servono dunque soluzioni calate dall'alto, introducendo l'obbligo del green pass anche per le mense aziendali, ma occorre aprire un confronto subito dopo la pausa estiva per ricercare soluzioni condivise». Il tema del dopo la pausa estiva è quello della discriminazione. Un 20% di lavoratori ancora non si è vaccinato, che succederà al rientro dalle ferie? Ci saranno i reprobi che mangiano in isolamento? E con la privacy come si fa? Il datore di lavoro senza una legge non può né chiedere il vaccino per far entrare nei locali aziendali, né imporre al lavoratore di far sapere che non si è vaccinato perché s'è portato la schiscetta dicendogli: «Vai in pace, per te la mensa è finita».