2018-12-06
Il filosofo guru degli anti natalisti: «La vita è male, meglio non nascere»
Tradotti in italiano gli scritti di David Benatar, il teorico che auspica l'estinzione della razza umana. Le sue idee vi sembrano allucinanti? Beh, purtroppo stanno diventando dominanti in tutto l'Occidente.Venire al mondo è sempre un grande male, dunque «meglio non essere mai nati». La tesi di David Benatar, nella sua brutalità, è estremamente semplice. La esprime in un saggio - il cui titolo è appunto Meglio non essere mai nati. Il dolore di venire al mondo - appena tradotto in Italia da Carbonio editore. L'uomo, nonostante la ferocia della sua argomentazione, non difetta di ironia. Dedica il suo libro «ai miei genitori, anche se mi hanno messo al mondo; e ai miei fratelli, la cui esistenza, benché per ciascuno di loro sia un male, è un grande bene per noialtri». Verrebbe da pensare che Benatar sia un pazzoide o un buontempone dotato di umorismo particolarmente nero. Ma non è affatto così, anzi. Il nostro è uno dei filosofi più famosi del globo, direttore del Dipartimento di filosofia dell'Università di Città del Capo. Questo suo saggio, uscito in origine nel 2006, ha fatto il giro del pianeta, e nel novembre del 2017 Benatar si è guadagnato un corposo articolo su New Yorker, segno che l'intellighenzia gallonata lo ha preso parecchio sul serio. Non solo: Nic Pizzolatto, autore della celebre serie tv True Detective, ha preso spunto dagli scritti di Benatar per dare corpo a Rust Cohle, il suo più riuscito personaggio, portato sullo schermo da Matthew McConaughey. Benatar è diventato, nel corso degli anni, il punto di riferimento teorico dei cosiddetti «anti natalisti», cioè coloro che si oppongono alla natalità. Secondo il filosofo sudafricano, «venire al mondo non costituisce affatto un bene, ma sempre e comunque un male. La maggior parte delle persone, influenzate da potenti meccanismi biologici a favore dell'ottimismo, trovano intollerabile questa conclusione». In una lunga intervista concessa a Giulio Giorello per La Lettura, Benatar ha specificato ulteriormente il suo pensiero. «Detto in breve», ha chiarito, «l'anti natalismo è l'idea che noi non dovremmo portare all'esistenza nuovi esseri senzienti, esseri umani inclusi». In sostanza, se fosse per gli anti natalisti, la specie umana si estinguerebbe. Ciò non significa che Benatar sia a favore del suicidio, anzi. Una volta che una vita ha avuto inizio, spiega, ci sono varie ragioni per non portarla a termine. Per esempio il fatto che uccidersi procura dolore alle persone che ci stanno accanto. Come ovvio, il filosofo è favorevole all'aborto, ma - essendo contrario a ogni forma di procreazione - condanna anche quella medicalmente assistita. Siamo di fronte, insomma, a una versione decisamente più radicale dei cosiddetti «child free», cioè le persone che rivendicano il diritto a non procreare. Benatar fa un passo in più: spiega che non procreare non solo è un diritto, ma è meglio per tutti, sia per i potenziali genitori che per i potenziali figli. In questo senso, il rifiuto della riproduzione non è più un gesto egoistico, ma una manifestazione di altruismo: si evita a qualche povero innocente il dolore della nascita e della sopravvivenza. A uscite di questo tipo, ormai, siamo abituati. Sono numerosi gli attivisti ecologisti e ambientalisti che tifano per la scomparsa della specie umana, colpevole di distruggere il pianeta. Benatar però non ne fa una questione di difesa della natura: pensa che tutti gli esseri senzienti non dovrebbero nascere in quanto la vita è fonte di dolore e sofferenza, cose che sarebbe bene risparmiarsi. Qualcuno potrebbe chiedersi: ma perché vi occupate di un personaggio del genere? Beh, il motivo è semplice. Questo autore ci mette davanti a un grande paradosso. Probabilmente, la gran parte dei lettori, sfogliando il suo libro, resterà inorridita. Tanti troveranno le sue tesi semplicemente inaccettabili o folli. Eppure la civiltà occidentale, nel suo complesso, sta dando pienamente ragione a David Benatar. Stiamo, nemmeno troppo lentamente, smettendo di riprodurci. Come noto, il quadro è particolarmente drammatico nel nostro Paese. Gli ultimi dati Istat usciti nei giorni scorsi mostrano che, dal 2008 a oggi, il numero dei primi figli è calato del 25%. Nel 2017 sono nati oltre 15.000 bambini in meno rispetto all'anno precedente. Ogni dodici mesi la nostra corsa verso la sparizione si fa più veloce. Uno dei motivi per cui ciò avviene è questo: abbiamo cominciato a pensare come Benatar. Il suo libro, dicevamo, anche se esce ora in Italia è stato scritto ormai vari anni fa. Nell'introduzione, il filosofo scrive: «Creare nuove vite, facendo figli, è una parte talmente importante dell'esistenza umana che raramente si pensa di doverla giustificare. Anzi, la maggior parte delle persone non pensa neanche se dovrebbe o non dovrebbe fare un figlio. Lo fa e basta. In altri termini, la procreazione di solito è la conseguenza del sesso più che il risultato della decisione di mettere al mondo qualcuno». Eccoci al punto: queste frasi sono datate. Il grande cambiamento avvenuto in Occidente è riguarda esattamente la «decisione». Ciò che Benatar scrive era vero fino a qualche decennio fa: si facevano figli perché era naturale, spontaneo, talvolta persino incosciente. Ora non è più così: c'è un'enorme insistenza sulla «scelta». Tantissime coppie si pongono gli stessi interrogativi che il filosofo affronta nel suo libro. E quando si insiste sulla «scelta», tanto più la decisione di riprodursi diventa consapevole, tanto più si fa sentire il peso di paure e responsabilità. Tanto più ci si concentra sulla razionalità della decisione, tanto più si perde di vista il grande mistero della nascita. Pensiamo di poterla controllare, di poter prevedere ciò che accadrà. Ma non possiamo, in realtà. Alcune posizioni degli anti natalisti sono sensate, e meritano di essere discusse. Ma, in fondo, essi peccano di presunzione. Credono di poter sciogliere con le sole forze umane il mistero della vita, si arrovellano su una questione che non abbiamo i mezzi né le forze per risolvere. Ecco perché, continuando a parlare di «scelta», siamo destinati a farci schiacciare. La logica di Benatar è stringente, ma non è con le armi della logica (o, almeno, non solo) che si può affrontare il tema della procreazione. Forse, dopo tutto, le armi dovremmo deporle completamente, e renderci conto che - in fondo - non sta a noi decidere un bel niente.Alla fine del libro, Benatar scrive: «È molto probabile che le mie posizioni saranno ignorate o rifiutate». Al contrario: stanno diventando dominanti. Ancora una volta, purtroppo per noi, il filosofo è stato troppo pessimista.
Manifestazione a Roma di Ultima Generazione (Ansa)