2021-11-23
«Con il distretto circolare verde abbatteremo 2,6 milioni di tonnellate di Co2»
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Pierroberto Folgiero, ad di NextChem
NextChem ha sviluppato una piattaforma tecnologica che integra l'Upcycling e il riciclo chimico dei rifiuti plastici e secchi con le tecnologie per la produzione di idrogeno da fonti rinnovabili. L'ad Pierroberto Folgiero spiega: «Questo modello integra tecnologie disponibili e pronte per essere implementate su scala industriale».La transizione green è soprattutto fonte di grande fermento nei campi della ricerca e dell'innovazione. L'Italia è fra i Paesi più attivi sotto questo profilo come nel caso del Gruppo Maire Technimont che, con la sua NextChem, intende rivoluzionare gli attuali processi industriali. La società si occupa di chimica verde con processi finalizzati a sostenere la transizione energetica. Il suo corebusiness si divide in tre macroaree: greening the brown, riduzione di emissioni inquinanti e climalteranti di impianti industriali già esistenti; circular economy, riciclo della plastica, di rifiuti e di altri materiali di scarto; e green-green, produzione di biofuel o bioplastiche tramite tecnologie che utilizzano materie prime vegetali o biologiche. Pierroberto Folgiero è amministratore delegato di entrambe le società. Dottor Folgiero, la vostra è una realtà in grande crescita, cos'è il distretto circolare verde proposto dalla vostra NextChem?«Il modello del Distretto Circolare Verde sviluppato da NextChem è una piattaforma tecnologica che integra l'Upcycling e il riciclo chimico dei rifiuti plastici e secchi (da cui si ottiene un gas di sintesi e prodotti chimici circolari) con le tecnologie per la produzione di idrogeno da fonti rinnovabili via elettrolisi. Questo modello integra tecnologie proprietarie e licenziate già validate, disponibili e pronte per essere implementate su scala industriale». Come funziona?«L'Upcycling di materiali plastici post-consumo è una tecnologia in grado di riciclare i polimeri presenti all'interno dei rifiuti, e consente di ottenere materiali riciclati dalle alte qualità prestazionali, impiegabili in sostituzione delle plastiche vergini dando ai rifiuti plastici una seconda vita. La tecnologia di Upcycling MyReplast ha un'elevata flessibilità che consente di trattare vari tipi di rifiuti in plastica, sia da fonti post-consumo industriali, sia da post-consumo urbano».E il riciclo chimico?«Il riciclo chimico consente di ricavare prodotti chimici e carburanti "circolari" da scarti di rifiuti plastici non riciclabili in modo meccanico come il Plasmix (lo scarto del processo di selezione degli imballaggi in plastica provenienti dalla raccolta differenziata urbana) e il CSS (Combustibile Solido Secondario, una frazione di rifiuti indifferenziati che è stata sottoposta a una selezione qualitativa). Infine l'applicazione della tecnologia dell'elettrolisi partendo da fonti rinnovabili di energia consente la produzione di idrogeno green, la versione più sostenibile dell'idrogeno, con emissioni zero di CO2».Dove possiamo o potremo trovare applicato questo modello?«Attualmente abbiamo allo studio 12 progetti in Italia tra Piemonte, Liguria, Toscana, Lazio, Campania, Sicilia, Abruzzo, Lombardia e Puglia che abbatteranno 2,6 milioni di tonnellate di anidride carbonica nell'aria. Investimenti da 5,1 miliardi, pari a 153.000 tonnellate l'anno di etanolo e 868.000 di metanolo, 80.000 di idrogeno e 445.000 tonnellate l'anno di gas di sintesi. Il modello permette di realizzare progetti industriali sostenibili a livello ambientale, sociale ed economico e mira a riconvertire in chiave green siti industriali brownfield, soprattutto nei settori della petrolchimica e dell'acciaio».Alcuni studi dimostrano che sono le grandi metropoli a inquinare di più. Il distretto circolare può applicarsi anche nelle città?«Assolutamente sì, soprattutto se consideriamo il fatto che il distretto è nato a partire da un'idea di "circolarità", e sappiamo che l'economia circolare è prima di tutto locale. Il distretto è un modello pensato per la riconversione in chiave green dei siti industriali tradizionali proprio perché questi ultimi intorno hanno reti di infrastrutture e collegamenti necessarie al funzionamento di una grande area industriale. Spesso questi siti sorgono nei pressi di città, grandi o medie e possono dunque essere al servizio della circolarità del territorio».Uno studio di Alleanza per l'economia circolare dimostra che il settore dei trasporti è fra i più inquinanti nel nostro Paese. Il problema si risolve solo con l'elettrico?«Considerando lo stato attuale, non della tecnologia, che oggi è validata, ma dei costi e delle infrastrutture che mancano e che invece sono necessarie, l'elettrico non può essere considerata l'unica soluzione. Una via che oggi può essere già intrapresa e dove NextChem ha già varie tecnologie in portafoglio è quella dei biocarburanti e dei carburanti da carbonio riciclato». Quali sono le maggiori criticità?«Oggi, l'immenso parco auto con motore a combustione in circolazione avrà bisogno di tempi sicuramene molto lunghi per poter essere "migrato" verso l'elettrico. Questo è tanto vero per la mobilita leggera quanto per quella pesante, e per quest'ultima la sfida è ancora più grande, poiché in questo caso l'adozione dell'elettrico è impattata significativamente da ulteriori tematiche tecniche, legate all'autonomia ed al costo delle batterie, che sono molto più voluminose per il trasporto pesante. In questo senso, sia l'Italia e più in generale l'Europa avranno difficoltà a produrre tutta l'energia rinnovabile necessaria per la rivoluzione elettrica, che oggi prima di tutto sarà concentrata per l'uscita dal carbone. È proprio in quest'ottica che i carburanti circolari come, ad esempio, il diesel rinnovabile, saranno una soluzione determinante per accompagnare la decarbonizzazione. Con NextChem proponiamo al mercato la nostra tecnologia proprietaria, provata e consolidata, per produrre Diesel Rinnovabile e JetFuel sostenibile, ottimizzata per la piccola scala, che utilizza il 100% di feedstock di seconda generazione (o waste-based). Inoltre, partendo da scarti lignocellulosici, possiamo offrire al mercato l'unica tecnologia funzionante su scala industriale per la produzione di etanolo di seconda generazione».Che cos'è il diesel rinnovabile? «Il diesel rinnovabile, uno dei segmenti con maggiore crescita nel settore dei biocarburanti, è un carburante chimicamente identico al diesel di raffineria ed è in grado di alimentare tutti i motori diesel senza limiti di miscela né modifiche alle infrastrutture. La tecnologia si basa sull'idrotrattamento (fase in cui sono eliminati gli inquinanti) e utilizza come feedstock oli vegetali e grassi residui. È una tecnologia flessibile che si può modulare sia in scala che sulla base del feedstock disponibile». L'Europa non aveva deciso di chiudere con il diesel?«La direzione che ha intrapreso la Commissione Europea è quella di incentivare i carburanti bio, avanzati e i carburanti a basse emissioni come quelli da carbonio riciclato (i cosiddetti recycled carbon fuels). Viene privilegiato l'utilizzo di feedstock biogenici di seconda generazione, dunque evitando il "food conflict", ovvero il conflitto con le colture ad uso alimentare. Il diesel rinnovabile prodotto con la nostra tecnologia va esattamente in questa direzione». La COP26 ha inventato le rotte verdi, cosa ne pensa? «Penso che sia uno degli esempi più lampanti della direzione che stanno prendendo le cose, indipendentemente dalle volontà istituzionali espresse negli accordi internazionali: il processo di decarbonizzazione crescerà in modo progressivo grazie all'impegno volontario di Stati singoli e di imprese e grazie alla trasformazione di quello che oggi appare spesso ancora solo come un obbligo e una imposizione in una opportunità di business, di crescita, di nuovi mercati e di nuova occupazione. La sostituzione dei carburanti tradizionali con quelli alternativi a basse o a zero emissioni è una necessità e sta facendo crescere non soltanto la domanda di questi prodotti e delle tecnologie per realizzarli, ma anche la richiesta di adeguamento di mezzi, infrastrutture e reti di distribuzione. Questo ovviamente riguarda anche l'idrogeno». I prezzi andranno alle stelle aumentando divario tra ricchi e poveri.«Il divario tra Paesi ricchi e Paesi poveri andrà calmierato con un processo di trasferimento tecnologico e di investimenti esteri che Paesi più avanzati possono e devono sostenere. Gli attuali finanziamenti per il clima sono insufficienti per rispondere agli effetti del cambiamento climatico nei Paesi in via di sviluppo e si esortano i Paesi più sviluppati ad aumentare con urgenza e in modo significativo i loro sforzi in termini di finanziamenti per il clima, trasferimento tecnologico e rafforzamento delle capacità per l'adattamento l'Italia ha una grande occasione per affermare la sua leadership tecnologica, che non possiamo lasciarci sfuggire».Cosa pensa dei risultati della COP26?«Penso che siano stati fatti alcuni passi avanti. Viene sottolineata l'urgenza di una maggiore ambizione e di maggiori azioni sotto il profilo della mitigazione degli impatti, dell'adattamento ai cambiamenti e della finanza per colmare le lacune nell'attuazione degli obiettivi climatici a lungo termine. Maggiore ambizione significa cambio della cultura manageriale, imprenditoriale e politica, nuovi modelli di business, processi trasformativi delle imprese come quello che sta facendo Maire Tecnimont. Questo processo è solo all'inizio: va accelerato, ci sono interventi da adottare con urgenza per le industrie hard to abate e c'è un problema di accelerazione temporale dei processi decisionali. La COP 26 ha sottolineato l'urgenza di intensificare l'azione e il sostegno finanziario al rafforzamento delle capacità e il trasferimento tecnologico: questo significa avere coraggio nell'introduzione di piattaforme tecnologiche innovative come quelle che proponiamo noi nel distretto circolare verde. Oltre allo sviluppo di impianti con tecnologie a più basse emissioni e per la produzione di prodotti a impronta carbonica inferiore occorre sviluppare velocemente impianti per la cattura della CO2 e soluzioni per il riutilizzo della stessa. Tutti ambiti su cui siamo fortemente impegnati».Il Ministro Roberto Cingolani ha ribadito che una transizione troppo veloce rischia di avere un costo sociale molto alto. Lei è d'accordo?«Se il Ministro faceva riferimento alla potenziale perdita di posti di lavoro, va detto che ogni rivoluzione comporta dei costi e delle criticità. Questa evoluzione energetica necessariamente farà venire meno alcuni profili professionali, e quindi posti di lavoro, ma ne creerà anche di nuovi. Sarà un percorso progressivo dove i due effetti via via si andranno a compensare, ma non può essere una dinamica completamente sincronizzata. Ciò detto, la spinta della transizione energetica accelererà sicuramente questo delicato travaso, anche trasformando i posti di lavori esistenti, riqualificandoli. Progetti come il nostro distretto circolare verde, infatti, possono salvare posti di lavoro che altrimenti entreranno in crisi nel prossimo futuro, consentendo un reskilling di figure professionali di età media e l'inserimento di giovani. Credo però che il Ministro facesse riferimento ad un tema più generale, che è relativo per esempio al contenimento, spesso incontrollato, di costi quali quelli delle fonti energetiche tradizionali. La bolla che si è creata di aumento del prezzo di elettricità e gas va a sfavore delle fasce più deboli. Allo stesso modo le opzioni green, vedasi l'auto elettrica, non possono restare una nicchia per ricchi, perché in tal modo si crea una forbice e si scarica il costo dell'innovazione green su chi quelle auto non può permettersele».Quali sono i prossimi obiettivi di Maire Tecnimont?«Come Maire Tecnimont puntiamo a essere abilitatori della transizione energetica, fornendo un portafoglio di tecnologie diversificato per l'abbattimento delle emissioni di impianti tradizionali, per la produzione di prodotti che servono al percorso di decarbonizzazione e per l'implementazione dell'infrastruttura impiantistica che è necessaria ad un ciclo integrato di gestione dei rifiuti. Al contempo vogliamo continuare ad essere punto di riferimento per le tecnologie tradizionali, che comunque avranno grazie al nostro know-how e al nostro impegno performance migliori dal punto di vista energetico e ambientale».
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