Il virus ha messo il segno meno nel primo trimestre 2020 al settore italiano della previdenza complementare. È quanto emerge nero su bianco dalla relazione annuale della Covip, che non lascia spazio a dubbi di interpretazione: nei primi tre mesi, spiega l'autorità, i rendimenti medi sono stati in generale negativi e di entità maggiore al crescere della quota di portafoglio investita in titoli azionari.
Il virus ha messo il segno meno nel primo trimestre 2020 al settore italiano della previdenza complementare. È quanto emerge nero su bianco dalla relazione annuale della Covip, che non lascia spazio a dubbi di interpretazione: nei primi tre mesi, spiega l'autorità, i rendimenti medi sono stati in generale negativi e di entità maggiore al crescere della quota di portafoglio investita in titoli azionari. La crisi del Covid-19 ha messo il segno meno nel primo trimestre 2020 al settore italiano della previdenza complementare. È quanto emerge nero su bianca dalla relazione annuale della Covip, l'autorità che ha il compito di vigilare sul buon funzionamento del sistema dei fondi pensione. La relazione non lascia spazio a dubbi di interpretazione: nel primo trimestre, spiega l'autorità, i rendimenti medi sono stati in generale negativi e di entità maggiore al crescere della quota di portafoglio investita in titoli azionari.Al netto dei costi di gestione e della fiscalità, i fondi negoziali hanno perso il 5,2%; quelli aperti in media il 7,5% e i Pip di ramo III il 12,1%. Il motivo è chiaro: si tratta di prodotti di investimento che hanno una cospicua componente azionaria. Per le gestioni separate di ramo I, che contabilizzano le attività a costo storico e non a valori di mercato e i cui rendimenti dipendono in larga parte dalle cedole incassate sui titoli detenuti, il risultato è stato leggermente positivo (+0,4%).In realtà, va detto (e lo dice anche la Covip), non è il caso di preoccuparsi. Chi aderisce a forme di previdenza complementare sa bene che si tratta di investimenti di lungo periodo e la crisi di pochi mesi è ben poca cosa su 40 anni di contributi. Valutando i rendimenti su orizzonti più propri del risparmio previdenziale, spiega la Covip, l'impatto della crisi appare più limitato. Considerando l'andamento dei fondi pensione dall'inizio del 2010 al primo trimestre dell'anno, i rendimenti medi annui composti sono stati positivi e pari, rispettivamente, al 3% per i fondi negoziali e i fondi aperti, al 2,4 e al 2,5% per i PIP di ramo III e per quelli di ramo I. La rivalutazione del trattamento di fine rapporto nello stesso periodo è stata del 2%.Ben altre emozioni suscitano i numeri 2019 del mercato previdenziale privato. Del resto, il 2019 è stato un anno molto positivo per i mercati finanziari e in particolar modo per quelli azionari. Ne hanno tratto giovamento anche i rendimenti dei fondi pensione, dopo un decennio in cui sono già stati in media più che positivi.Al netto dei costi di gestione e della fiscalità, i fondi pensione negoziali e i fondi aperti hanno guadagnato in media, rispettivamente, il 7,2% e l'8,3%; per i PIP "nuovi" di ramo III, il risultato è stato del 12,2%. Per le gestioni separate di ramo I il risultato è stato pari all'1,6%. Nello stesso periodo il Tfr si è rivalutato, al netto delle tasse, dell'1,5%.A livello di costi, i Pip restano i prodotti più onerosi: su un orizzonte temporale di dieci anni, l'Indicatore sintetico dei costi (Isc) è in media del 2,20% (1,88% per le gestioni separate di ramo I e 2,30% per le gestioni di ramo III), mentre si conferma la minore onerosità dei fondi pensione negoziali (0,40%) e dei fondi pensione aperti (1,35%).A testimonianza dell'ottica di lungo periodo, l'allocazione degli investimenti effettuati dai fondi pensione nel 2019 ha registrato la prevalenza della quota in obbligazioni governative e altri titoli di debito che nel 2019 è stata pari al 58% (con un calo di 0,8 punti percentuali rispetto al 2018), dei quali il 20,6% sono titoli di debito pubblico italiano (contro il 21,2% nel 2018).In aumento al 18,9% anche le azioni (contro il 16,5% del 2018) e le quote di organismi di investimento collettivo del risparmio (fondi comuni, Sicav e Sicaf), in aumento dal 13,8 al 14,8%. I depositi si attestano invece al 6,5%.Gli investimenti immobiliari, in forma diretta e indiretta, presenti quasi esclusivamente nei fondi preesistenti (quelli cioè nati prima della riforma previdenziale voluta da Lamberto Dini nel 1995), rappresentano il 2,2% del patrimonio, in diminuzione di 0,5 punti percentuali rispetto al 2018.Nell'insieme, il valore degli investimenti dei fondi pensione nell'economia italiana (titoli emessi da soggetti residenti in Italia e immobili) è di 40,3 miliardi di euro, il 26,8% del patrimonio. I titoli di Stato ne rappresentano la quota maggiore, 30,9 miliardi di euro.Gli impieghi in titoli di imprese domestiche rimangono marginali, riflettendo anche la peculiare struttura del tessuto industriale italiano e il livello complessivamente limitato della capitalizzazione del mercato azionario nazionale. Il totale di 4,4 miliardi è pari al 3% del patrimonio: in obbligazioni sono investiti 2,8 miliardi, in azioni 1,6 miliardi; gli investimenti domestici detenuti attraverso quote di OICVM si attestano a 1,6 miliardi. La componente immobiliare è pressoché tutta concentrata in Italia per complessivi 3,1 miliardi di euro.L'anno scorso verrà ricordato anche per quello in cui gli italiani sembrano essersi accorti della possibilità di avere una previdenza complementare. A fine 2019, le risorse accumulate dalle forme pensionistiche complementari hanno fermato la lancetta a 185 miliardi di euro, in aumento del 10,7% rispetto all'anno precedente: un ammontare pari al 10,4% del prodotto interno lordo e al 4,2% delle attività finanziarie delle famiglie italiane.
I prezzi dei metalli preziosi corrono grazie al caos geopolitico e al taglio tassi, ma il mercato delle materie prime è spaccato: gas, petrolio e prodotti agricoli sono in forte calo. Pesano elevata volatilità e rischio cambio.
iStock
La denuncia di T&E basata sull’analisi di dati Ue: emissioni cinque volte superiori.
Giusi Bartolozzi (Ana)
Bagarre sul caso Almasri, il centrodestra ipotizza un ricorso alla Consulta se il destino giudiziario del capo di gabinetto di Nordio non passerà prima dal Parlamento. La Giunta responsabile: «Il generale libico liberato e rimpatriato per proteggere gli italiani».
2025-09-11
Dimmi La Verità | Ettore Rosato (Azione): «Il leader della sinistra è Conte, non la Schlein»
Ecco #DimmiLaVerità dell'11 settembre 2025. Il deputato di Azione Ettore Rosato ci parla della dine del bipolarismo italiano e del destino del centrosinistra. Per lui, «il leader è Conte, non la Schlein».