2020-05-28
«Il Covid ha fiaccato i cantieri. La burocrazia li ucciderà del tutto»
Il presidente dell'autorità portuale di Palermo, Pasqualino Monti: «La politica ha trasmesso l'equazione appalti uguale tangenti. Per sbloccare un'opera servono 23 via libera diversi. È così che ti costringono a fare l'equilibrista con le leggi».Dottor Monti, lei si sta dannando l'anima per accorciare i tempi gli appalti. Perché?«Perché altrimenti l'Italia resta ferma. Facciamo un gioco: in questa intervista ricostruirò per lei il percorso che serve per realizzare un'opera». Quale? «Mettiamo che sia la nuova stazione marittima di Palermo». D'accordo, proviamo. Lei ha appena scritto un manifesto in sei punti «per la semplificazione» degli appalti. Proprio ora?«Se non ora quando? Bisogna ripartire con una proposta choc per ricostruire l'Italia dopo il Covid. Era già difficile appaltare opere pubbliche prima della pandemia. Ora temo che rischiamo di ritrovarci bloccati».Che relazione c'è tra covid e lavori? «È semplice: dovremo fare più cose in meno tempo. Le stesse opere con meno operai contemporaneamente in cantiere. Dovremo smaltire, anche, tutto il lavoro arretrato dei cantieri fermi in questi mesi».Ci sono le condizioni per farlo con questa normativa? «La politica in questi anni ha trasmesso l'idea che ogni appalto nascondesse necessariamente tangenti». Cosa è disceso da questo assunto? «Due conseguenze perverse: che complicare gli iter fosse una manifestazione di virtù e che complicando si abbatta la corruzione». Lei non lo crede? «Sono false entrambe le tesi. È vero esattamente il contrario. E proverò a dimostrarglielo». Pasqualino Monti, presidente dell'autorità portuale di Palermo, ha appena terremotato i cantieri siciliani, avviando lavori a tempo di record, e portando nell'isola - grazie alle nuove opere - i contratti delle due più grandi compagnie di crociera che operano nel Mediterraneo. Il suo manifesto - spiega - «è uno strumento per aiutare l'Italia a rinascere».Proviamo a ripartire dalla nostra stazione marittima? Mi spieghi. «Il dato di fatto, con le attuali regole: da quando viene pensata a quando viene realizzata, per ogni opera pubblica, passano da sette a dieci anni. Ma può essere anche di più: un'eternità». Iniziamo da zero. «Devo fare una nuova stazione marittima coperta, altrimenti gli armatori non vengono. Prima domanda: quanto ci metto a realizzarla?». Facciamo i conti. «Presento un primo progetto al Comune, ovvio. Ma poi anche alla Soprintendenza. Nel farlo, però, devo interloquire con due diverse soprintendenze, ognuna interessata da competenze diverse». Bel problema. «A cui se ne aggiunge un altro. Tutte queste entità hanno tempi autonomi e non determinabili. Poi passo al progetto definitivo. E qui mi servono altre autorizzazioni, di tutti i diversi enti e soggetti interessati. Ha idea di quanti siano?». No. «Ho fatto il conto perché ogni volta che ci passo non ci credo: di solito, più o meno, 23 diverse entità amministrative». Possibile?«Cito solo a memoria. Di nuovo -ovviamente - si passa per il Comune. Poi di nuovo per la Sovrintendenza paesaggistica, ma anche per quella archeologica, che ovviamente non si parlano e sono realtà separate. Poi gli artificieri. Quindi il Consiglio superiore dei lavori pubblici. Poi il Genio civile, poi la città metropolitana. E poi i vigili del fuoco, la capitaneria di porto, la Regione, l'assessorato all'ambiente, ma anche il ministero dell'Ambiente, che operano tutti in modo autonomo e non coordinato...». Cosa rallenta la catena? «Oltre a questi 23 passaggi obbligati? La mancanza di due paroline magiche coordinate da un trattino: silenzio-assenso». Non puoi procedere al passo successivo finché non ti rispondono? «Esatto. Non puoi procedere alla fase successiva finché ogni singola entità interessata non evade la tua pratica, con i suoi tempi e le sue osservazioni». Come evitare che ognuno agisca in modo isolato? «Una conferenza di servizi “chiusa". Se mi fai le osservazioni negative - è un tuo diritto - devi farle contestualmente». Torniamo ai tempi. «Non è solo un ostacolo interno, ma anche esterno. Esempio: se io per alleviare le casse pubbliche finanzio questa benedetta stazione con 10 milioni di euro dei privati, devo garantire loro tempo limite». Altrimenti non finanziano.«Ovvio: nessuno può usare i fondi di una azienda per investimenti non programmabili».Chiaro. Soluzione? «Imporre un tempo limite. Ecco perché oggi gli investitori privati non investono in Italia. In 40 giorni io voglio tutto: rilievi e autorizzazioni». Si può tagliare tempo anche sulla seconda fase? «Il progetto definitivo, dopo tutto l'iter che abbiamo detto, è semplicemente il progetto autorizzato. Il semplice computo di tutto quel che costa dopo le eventuali varianti».La fase esecutiva prevede un nuovo giro. «Giusto farlo. Ma qui basterebbe il silenzio-assenso. C'è qualcosa che non ti convince? Parla ora o taci per sempre, come nei matrimoni». Però non finisce qui. «Magari! Oggi quel progetto, dopo l'approvazione di tutti gli enti, deve essere vagliato da un “verificatore" esterno». Quanto ci vuole? «Bella domanda. Oggi non ci sono limiti. Dopo che hai il placet del verificatore c'è la gara per l'opera».Sospiro di sollievo.«Al contrario. Qui iniziano i guai. Mandi in gazzetta il bando, aspetti altri 30/40 giorni, arrivano le offerte, poi dai altri 30 giorni alle imprese». Finalmente si aggiudica. «No. Di nuovo c'è il problema dei tempi: nominare la commissione, e le parti in seduta pubblica per l'aspetto amministrativo. Poi convocarle in seduta pubblica per parte tecnica, e in seduta pubblica, per la parte economica». E quanto serve? «Anche in questo caso non esistono vincoli temporali: se la commissione che pensa che ci siano venti offerte e serva un anno, serve un anno». Ma l'Anac vi aiuta? «Ad esser sinceri no. Ad esempio, nel 2016 il codice prevedeva che l'elenco dei commissari di gara lo avrebbe dato l'Anac». Perché usa il condizionale? «Dopo quattro anni l'elenco non è mai arrivato». Come mai? «A quell'albo si stavano iscrivendo tutti i professionisti italiani. Anche l'Anac ha capito che non era possibile controllarli, si è arresa». Il tema della legalità. «Se chi bandisce la gara vuole imbrogliare purtroppo può, come e più di prima. Ma quanto dura la gara? «Almeno un altro anno. Otto mesi se vai a piedi a Lourdes. E si stupiscono se si si perdono fondi europei».Finita la gara l'opera finalmente parte. «Sehhhhh... Per molti quel punto è solo l'inizio del calvario». Che succede? «Su Tar e consiglio di Stato si abbatte una pioggia di ricorsi dei secondi, dei terzi arrivati, e degli esclusi». Sui ricorsi hai tempi certi? Devono pronunciarsi entro un mese, però. «Basta una sola osservazione un rinvio un cavillo, al ventinovesimo giorno e tutto si rimanda ad altri 30. E poi altri 30 giorni. Poi ti spari». Se il ricorso viene respinto però è finita? «No. L'impresa che ha vinto guarda l'orologio e ti dice ho fatto l'offerta nel 2012 ma oggi siamo nel 2020».E che cambia? «Tutto. Ti dicono: io seguivo il tariffario regionale di allora. Oggi devo adeguarlo. Ed ecco l'ultima maledizione». Le varianti.«Non lo auguro al peggior nemico». Il «modello Genova»? «Ottimo. Lì c'era un soggetto privato che ha finanziato l'opera, senza gara, e ha pagato a piè di lista. Non puoi replicarlo così seccamente nella pubblica amministrazione». Quindi? «Io dico «modello Italia»: tagliare i tempi. Bastano due articoli e l'introduzione del silenzio-assenso». Come chiudiamo l'intervista? Mi gira la testa. «Con la nostra stazione portuale, quella vera di Palermo. Era stata progettata nel 2008. Era ferma. È passata per le mani di tre commissari e di tre presidenti prima di me». E poi? «La gara è stata fatta nel 2011. È finita un anno dopo, nel 2012. Bloccata. Nel 2017 sono arrivato io. L'ho sbloccata. Ad Aprile 2021 -compreso il ritardo del Covid - me la consegnano».Dieci anni.«Io cammino sulla cornice delle norme. E nella piena legittimità mi assumo le mie responsabilità perché so che attraverso il nostro lavoro tanti uomini e donne potranno lavorare. Se non fai questo gioco di equilibrismo sul filo le opere non le realizzi. Se lo fai rischi». E la lezione per tutti? «È nella complessità della burocrazia che si nasconde il sistema corruttivo. Perché ci sono due condizioni in cui è facile rubare». Quali? «Quando non c'è nessuna regola. E quando ce ne sono troppe».
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