2019-08-04
Il comandante di Dio che entrò nella Rsi e si fece cappuccino può diventare santo
Si è chiusa la causa di beatificazione di Gianfranco Chiti, eroe di Russia e poi repubblichino incarcerato a Coltano con Ezra Pound.Il mondo liquido di oggi ha bisogno di punti di riferimento più del pane. Ma questi difficilmente riescono a toccare le masse se non sono incarnati da uomini in carne e ossa, che possono essere di esempio. Gianfranco Chiti (1921-2004) che fu militare e uomo di Dio, eroe di Russia e frate cappuccino, rappresenta alla perfezione, nella sua parabola esistenziale, un tipo umano tanto inutile per i discepoli di Bertold Brecht, quanto utile e necessario per noi: l'eroe.Di recente la sua figura è stata riscoperta grazie alla coraggiosa apertura, l'8 maggio 2015, della causa di beatificazione da parte del vescovo di Orvieto, monsignor Benedetto Tuzia, che si è chiusa il 30 marzo. E anche grazie alla pubblicazione di una biografia (Il generale arruolato da Dio di Vincenzo Ruggero Manca, edizioni Ares) che delle sue toccanti lettere scritte dal campo per prigionieri politici di Coltano, vicino a Pisa (Lettere dalla prigionia, edizioni Ares).Nato il 6 maggio 1921 a Gignese, in Piemonte, nel 1936 inizia la scuola militare, prima a Milano e poi a Roma. Spirito contemplativo di profonda e operosa fede cattolica, il 25 maggio 1938 fa un voto alla Madonna chiedendole la grazia del superamento del concorso per entrare nell'Accademia militare di Modena. Superato l'esame, passa alcuni mesi presso l'eremo camaldolese di Monte Giove (Fano).A novembre del 1939 diventa allievo a Modena, mentre nel 1941 il sottotenente Chiti entra nei granatieri di Sardegna. Nel 1942 partecipa alla spedizione italiana in Russia, guidando, benché appena ventunenne, una compagnia di circa 200 granatieri. Viene poi decorato con la medaglia d'argento per il coraggio e la pietà verso i commilitoni dimostrata in particolare nella battaglia del Don, dove rimane ferito. Dopo l'8 settembre 1943 sceglie con convinzione di arruolarsi nella Repubblica sociale italiana (Rsi), fondata da Benito Mussolini a Salò, dopo la sua liberazione sul Gran Sasso. Nel maggio 1945 viene arrestato e portato nel carcere di Torino e poi a Tombolo. Infine nel campo di internamento di Coltano, lo stesso dove viene incarcerato il poeta Ezra Pound. I vari campi di concentramento americani per repubblichini e tedeschi non erano di poco conto e solo Coltano ospitò 32.000 militari legati alla Rsi. Successivamente Gianfranco Chiti viene liberato, anche grazie all'impegno indefesso del suo direttore spirituale, padre Edgardo Fei (1913-2007). Fei fu l'uomo della provvidenza per il giovane militare italiano e con lui ebbe un sodalizio che si concluse solo con la morte del Chiti, ormai frate cappuccino, nel 2004.In attesa di riprendere l'amata vita militare, vista come luogo propizio per l'esercizio delle virtù cristiane, Gianfranco Chiti insegna materie scientifiche nel liceo Calasanzio (Lecce), diretto dai padri Scolopi. Ma già nel 1948, dopo la promulgazione della Costituzione italiana e la scelta repubblicana dello Stato, Chiti riprende la carriera militare e viene nominato rapidamente prima tenente e poi capitano. Anzi, nel clima di pacificazione nazionale, che fece seguito anche all'amnistia Togliatti, Gianfranco Chiti riceve la croce per meriti di guerra. Dopo un periodo passato in Somalia (1950-1954), sale anno dopo anno tutti i gradi della gerarchia militare presso i granatieri di Sardegna, divenendo aiutante maggiore, vice comandante del I reggimento, capo della segreteria dello Stato Maggiore a Roma, comandante delle scuola dell'esercito di Viterbo e infine va in pensione come generale di brigata. Lo stesso anno però, il generale Chiti inizia una nuova e più spirituale milizia: si fa frate cappuccino a Rieti e viene ordinato sacerdote nel 1982.Dal 1982 alla morte - avvenuta mentre era ricoverato all'ospedale militare del Celio nel 2004 - l'ormai padre Gianfranco vive con impegno la vocazione religiosa, dandosi da fare in tutta Italia per predicare il Vangelo, anche con vari interventi sulle tv locali del Lazio. Si dà poi alla restaurazione completa del convento cappuccino di Orvieto e si prodiga per il recupero delle salme dei caduti italiani in Russia, divenendo un punto di riferimento per molte famiglie abbandonate dallo Stato.In particolare non dimenticò mai i granatieri di Sardegna di cui fu un cappellano affettuoso e un padre pieno di sapienza e di consiglio, anche per l'autorità che gli derivava dalla sua vita passata e dalle scelte militari mai rinnegate.In una lettera del 1971 indirizzata a padre Fei, l'allora colonnello Chiti gli chiese di partecipare a un incontro di ex combattenti poiché «i ricordi bisogna riviverli ogni tanto per non invecchiare. Bisogna ricordare», così prosegue, «e lo faremo tra un abbraccio e l'altro, richiamando alla memoria i giorni di ansia e di guerra, i compagni della fatica, del freddo, dell'angoscia, dei nostri canti, dei nostri entusiasmi, della nostra fede, i volti cari di quanti non sono tornati: le loro figure, i loro atti saranno tra noi ad ammonirci che la patria esiste ancora».Oggi è sepolto a Pesaro, nella cappella della famiglia Chiti, con indosso il saio dei cappuccini e sotto il saio l'amata divisa dei granatieri di Sardegna.