
L'istituto si dice «ferito» dai nostri articoli e lamenta «l'assenza di finanziamenti». Allora perché sprecarli promuovendo tesi bislacche sul razzismo degli italiani e organizzando gite per liceali nei centri profughi?La notizia è che dopo cinque giorni dalla pubblicazione del primo articolo della Verità su Gilberto Corbellini, il Cnr ha finalmente dato segni di vita. Lo ha fatto con un comunicato stampa in cui, attraverso le dichiarazioni del consigliere di amministrazione Vito Mocella, cerca di salvarsi in calcio d'angolo, dissociandosi dalle tesi del suo dirigente e lamentando la penuria di fondi. «Titoli come quelli apparsi sul Giornale e La Verità», ha fatto sapere Mocella, «non possono che ferire profondamente la comunità che rappresento, le donne e gli uomini che, con dedizione e tra mille difficoltà, portano avanti ricerche di pubblica utilità nonostante la cronica e sostanziale assenza di finanziamento». Una condizione di sistematica indigenza, tanto che neppure il «fondo ordinario assegnato al Cnr» è sufficiente «a pagare gli stipendi, gli annessi obblighi contrattuali e le spese irrinunciabili». Da amanti della scienza e della ricerca, non possiamo che rammaricarci delle ristrettezze. Ma da giornalisti, ci tocca ricordare a Mocella che La Verità ha documentato attentamente lo squilibrio tra i costi del Cnr (855 milioni a carico dello Stato, il 94% del bilancio complessivo) e il valore commerciale delle ricerche prodotte (55 milioni nel 2017). In queste cifre rientrano i gravami del Dipartimento di scienze umane e sociali, diretto da Corbellini, che ci costa 44 milioni l'anno, di cui quasi 34 in stipendi. Da cui i rilievi della Corte dei conti sul «sovradimensionamento del personale amministrativo rispetto alla mission dell'ente».Suscita qualche perplessità anche il tentativo di smarcarsi dall'articolo pubblicato da Corbellini su Wired, che Mocella definisce «succinto» e scritto «a titolo personale». Il pezzo succinto conta quasi 7.000 caratteri, senza dimenticare che sotto la firma dell'autore compare la sua affiliazione al Cnr (e all'Università La Sapienza). Può darsi che le opinioni di Corbellini non rispecchino la posizione dell'ente, che come riconosce Mocella, «non ha e non deve avere una connotazione politica» e deve preservare il pluralismo. Ma allora perché Corbellini ha associato al suo nome la sigla del Cnr? Perché l'ente organizza una serie di iniziative chiaramente orientate a promuovere il verbo dell'accoglienza? E perché i suoi dirigenti si esprimono sui quotidiani nazionali a favore dell'immigrazione e per tacciare gli italiani di razzismo? Il pensiero corre innanzitutto ai vari progetti messi in cantiere proprio dal Dipartimento di scienze umane e sociali. La Verità aveva citato la presentazione del volume curato da Corrado Bonifazi su Migrazioni e integrazioni nell'Italia di oggi, una silloge dei principali argomenti a sostegno dell'invasione. E non poteva mancare il programma di alternanza scuola-lavoro su «filosofia e migrazioni», promosso dal Cnr attraverso l'Istituto per il lessico intellettuale europeo e storia delle idee e dalla Società filosofica romana: in sostanza, la visita di un liceo a un centro di accoglienza gestito da una cooperativa. Alla faccia del pluralismo, il Cnr non ha mai sponsorizzato un libro o una conferenza non perfettamente allineati alle idee immigrazioniste. Sarà che i ricercatori non considerano scientifiche quelle tesi? Eppure, lo stesso Mocella ha dovuto ammettere che l'articolo di Corbellini si basa «su ricerche tutt'altro che consolidate». Quell'intervento, inoltre, non affronta affatto, come si legge nella nota stampa, «il delicato rapporto tra scienza, etica e politica», ma è uno scritto militante, fondato su argomenti o fantascientifici oppure profondamente antidemocratici. D'altro canto, Corbellini non è l'unico dirigente del Cnr a dilettarsi con i corsivi. Il giurista Fabio Marcelli, ad esempio, gestisce un blog sul Fatto Quotidiano. E da quella tribuna si scaglia contro «paure e paranoie di settori del corpo elettorale sempre più insicuri, impauriti, disorientati e irrazionali». Viene quasi il sospetto che pure lui consideri il populismo come una malattia da curare. Magari non con l'ossitocina, ma (e ti pareva) con l'accoglienza dei «diseredati provenienti dall'Africa». I quali, come scrive nella sua replica di lunedì scorso al post su Facebook di Matteo Salvini diretto contro di lui, sono vittime come i bianchi «della rapina imperialista delle multinazionali».Persino per un giurista che ragionevolmente addita l'ipocrisia dell'Unione europea e gli eccessi del capitalismo in cerca di manodopera a basso costo, la soluzione è la lotta di classe di europei e africani, accomunati da un'improbabile fratellanza universale. Ben lungi dall'essersi realizzata nei Paesi abbagliati dalla chimera del multiculturalismo, dove l'immigrazione incontrollata ha anzi fomentato le guerre tra poveri e quelle stesse fobie irrazionali da cui Marcelli vorrebbe che gli italiani guarissero.Non si può che concludere con uno spassionato consiglio al Cnr: se questa istituzione vuole che il governo non approfitti del presunto «attacco mediatico» per chiudere i rubinetti dei finanziamenti, si occupi meno di gite nei centri d'accoglienza e di teorie politiche strampalate. E produca più scienza autentica.
Monica Marangoni (Ansa)
La giornalista Monica Marangoni affronta il tema della nudità in un saggio che tocca anche il caso delle piattaforme sessiste. «È il tempo del relativismo estetico che asseconda solo l’io e le sue voglie, persino con immagini artefatte».
Giornalista e conduttrice televisiva, laureata in Filosofia all’università Cattolica del Sacro cuore a Milano, Monica Marangoni ha condotto diversi programmi non solo in Rai. Nudo tra sacro e profano - Dall’età dell’innocenza all’epoca di Onlyfans (Cantagalli), con postfazione dello stesso editore David Cantagalli, è il suo primo saggio. Una riflessione particolarmente attuale dopo la scoperta, e la chiusura, di alcuni siti che, con l’Intelligenza artificiale, abbinano corpi nudi femminili a volti noti del mondo dell’informazione, dello sport e della politica.
Effetto Trump: dazi, tagli alla ricerca e revisione dei protocolli sanitari stanno frenando il comparto (-4%). A pesare, pure la scadenza dei brevetti. Cresce la fiducia, invece, nei processi tecnologici contro le malattie.
Il settore farmaceutico globale attraversa una fase di incertezza che si riflette sui listini. Da inizio anno il comparto mondiale segna un -4%, zavorrato anche dall’effetto cambio, mentre in Europa l’andamento complessivo resta vicino alla parità ma con forti turbolenze. Il paradosso è evidente: a fronte di una domanda sanitaria in crescita e di progressi clinici straordinari, gli investitori hanno preferito spostarsi su altri temi.
Donna, ingegnere aerospaziale dell'Esa e disabile. La tedesca Michaela Benthaus, 33 anni, prenderà parte ad una missione suborbitale sul razzo New Shepard di Blue Origin. Paraplegica dal 2018 in seguito ad un incidente in mountain bike, non ha rinunciato ai suoi obiettivi, nonostante le difficoltà della sua nuova condizione. Intervistata a Bruxelles, ha raccontato la sua esperienza con un discorso motivazionale: «Non abbandonate mai i vostri sogni, ma prendetevi il giusto tempo per realizzarli».
Luca Marinelli (Ansa)
L’antica arte partenopea del piagnisteo strategico ha in Italia interpreti di alto livello: frignano, inteneriscono e incassano.
Venghino, siori, venghino, qui si narrano le gesta di una sempiterna compagnia di ventura.
L’inossidabile categoria dei cultori del piagnisteo.
Che fa del vittimismo una posa.
Per una buona causa: la loro.





