2021-05-07
Il centrodestra si è impantanato. Adesso le comunali sono a rischio
I sondaggi volano e gli avversari sono divisi, eppure sulle candidature per Roma e Milano si perde tempo I nomi di Guido Bertolaso e Gabriele Albertini sono stati quasi bruciati e qualcuno parla di primarie: non un buon segno«Bravi, ce lo siamo fatti sfuggire». Dentro la Lega, la rinuncia di Gabriele Albertini a candidarsi a Milano suscita contrarietà e un pizzico di sarcasmo nei confronti degli alleati, che non avrebbero mostrato la compattezza sperata nell'esprimersi a favore del fuoriclasse ritrovato (e poi riperso). Matteo Salvini si è speso più di tutti («Non avremmo candidato migliore»); anche la scorsa settimana ha incontrato l'ex sindaco e si è fatto fotografare con lui nel dehor di un locale da poco aperto. Un gesto di marketing politico, la conferma della volontà forte di andare in quella direzione. La stessa dei milanesi, che avevano approvato la scelta con un sondaggio sorprendente: ancor prima di cominciare la corsa contro Beppe Sala, Albertini avrebbe avuto chance concrete di giocare la partita punto a punto.Adesso il centrodestra ricomincia da zero, e qualche nube si addensa sulla coalizione. Perché la scelta dei candidati nelle due città-chiave delle amministrative di ottobre (Roma e Milano) si sta rivelando più difficile e contrastata del necessario. Le rivalità dei partiti potrebbero favorire un centrosinistra mai così diviso e percorso da veleni: il Pd delle otto correnti, il Movimento 5 stelle in crisi d'identità, Sala improvvisatosi green a capo di un partito che in Italia non esiste, possono vincere solo sfruttando le divisioni del campo conservatore. È ancora Salvini a mettere il dito nella piaga: «Sono mesi che cerco di costruire e unire il centrodestra in vista delle amministrative. A Roma e Milano avevamo i candidati giusti: Bertolaso e Albertini, ma altri hanno detto no per settimane e mesi e loro hanno perso la pazienza. Ora spero che chi non era d'accordo abbia proposte alternative. Entro poche settimane dobbiamo decidere».Il no milanese era nell'aria perché, come diceva Alberto Arbasino, «non si può far aspettare una diva sul pianerottolo per troppo tempo». Albertini ha motivato il passo indietro con le ragioni famigliari («Non potrei infliggere a mia moglie una sofferenza») ma aveva posto come condizione la convergenza convinta dei partiti sul suo nome. Nonostante l'endorsement del segretario leghista, aveva quindi colto una certa freddezza da parte degli altri alleati. Con Silvio Berlusconi c'è buon rapporto personale anche se, parole dell'ex sindaco, «forse ho pagato i no che gli ho detto in passato». Il Cavaliere non ha mai fatto mistero di preferirgli l'ex ministro Maurizio Lupi. Quanto a Giorgia Meloni, il suo candidato ideale sarebbe Riccardo Ruggiero, ex ad di Telecom, figlio del ministro degli Esteri del secondo governo Berlusconi. La leader di Fdi sin dal primo giorno aveva però chiesto un tavolo di coalizione per discutere le candidature nel loro complesso e «altri problemi». Che poi è sempre il solito: la presidenza del Copasir in capo all'opposizione.Ieri Ignazio La Russa, viceré di Fratelli d'Italia a Milano, ha posto l'accento proprio sulla necessità di un summit. «Salvini avrà certamente i suoi buoni motivi, non accuso nessuno, ma non si può continuare a parlare attraverso i media. Nulla è ancora perduto, l'unico modo per scegliere Albertini o altri è la riunione di coalizione, che spetta a Salvini convocare come leader del partito più grande. Sono due mesi che la chiediamo. Non è fallito niente, è assurdo dire che qualcuno fa fallire delle candidature se manca l'occasione per dire sì o no». Ora si torna ai candidati proposti dall'inizio: Roberto Rasia dal Polo, Simone Crolla, Maurizio Dallocchio, Federica Olivares. L'amarezza per il no di Albertini è mitigata da uno choc anafilattico in caso di vittoria: la richiesta a Sala di fargli da vicesindaco. «Se fossi stato eletto gli avrei chiesto di entrare nella giunta municipale come vice, magari accompagnato da assessori scelti da lui». Una dichiarazione che comunque ha raggelato l'intero centrodestra, suscitando il più surreale dei commenti: «Ma allora non sei dei nostri». Colta la curva, Albertini ha ribadito che non aveva intenzione di fare alcun endorsement per il centrosinistra e che potrebbe dare una mano scendendo in campo con una sua lista.Se a Milano il centrodestra è in sbandata controllata, a Roma è fermo. La candidatura di Guido Bertolaso ha subito la stessa frollatura di quella di Albertini, ma l'effetto finale non è ancora la rinuncia. Il manager in uscita dalla Regione Lombardia ha espresso la volontà di tornare a fare il nonno o di andare a farsi un giro in barca in Antartide. Segnali chiarissimi per dire: o vi sbrigate o vi lascio a piedi. Anche nella capitale, il suo nome sarebbe l'ideale per mandare in crisi l'intero centrosinistra ma finora nessuna convergenza. Certamente più di Andrea Abodi e Francesco Rocca, che peraltro hanno rinunciato, e del giudice Simonetta Matone. «Dobbiamo trovare un candidato espressione di tutti i partiti», ha detto Fabio Rampelli, vicepresidente della Camera, colonnello di Fdi, «in grado di fare una sintesi e di andare subito al dialogo con le categorie e con la città». Meloni non ha perdonato a Bertolaso la gaffe del 2016, quel «deve pensare a fare la mamma» che ancora aleggia sulfureo. Alla fine Rampelli aggiunge: «Non mi sento di escludere le primarie». A destra è sempre stata considerata una parolaccia. Brutto segno.
Francesca Albanese (Ansa)
Andrea Sempio. Nel riquadro, l'avvocato Massimo Lovati (Ansa)