2020-03-05
Il braccio destro di Pignatone eletto a capo della Procura di Roma
Giuseppe Pignatone e Michele Prestipino (Ansa)
Dopo lo scandalo Palamara, il Csm opta per la continuità e vota per Michele Prestipino, che ricopriva l'incarico da mesi in via provvisoria. Matteo Renzi scornato: Creazzo, che ha indagato sul babbo, resta a Firenze.Il magistrato Nino Di Matteo e Stefano Cavanna, laico in quota Lega, attaccano la scelta del candidato sostenuto da Piercamillo Davigo: «Non è il più titolato». Rischio ricorso al TarLo speciale contiene due articoliL'inchiesta di Perugia sulla presunta corruzione del pm Luca Palamara e le relative intercettazioni sul mercato delle nomine al Csm non hanno cambiato le cattive le abitudini. Dopo nove mesi, lo scacchiere della magistratura italiana è ancora un campo di battaglia, dove le decisioni si prendono a colpi di maggioranza, anche quelle più importanti, come la scelta del procuratore di Roma, una poltrona che vale più di un ministero. Ieri il plenum del Consiglio superiore della magistratura ha nominato il nuovo capo degli uffici inquirenti capitolini al ballottaggio e qui l'ha spuntata Michele Prestipino Giarritta per 14 voti a 8, dopo che nella prima tornata i consiglieri si erano divisi su tre diversi candidati. Area, il cartello delle sinistre, e una parte di Autonomia e indipendenza hanno votato Prestipino; la corrente centrista di Unicost in prima battuta ha puntato su Giuseppe Creazzo (appoggiato anche da due dissidenti di Ai) e poi su Prestipino; infine i conservatori di Magistratura indipendente hanno sostenuto il loro campione Franco Lo Voi. Pure i laici si sono spaccati: due dei tre 5 stelle hanno sostenuto Prestipino, il terzo ha scelto prima Creazzo e poi Lo Voi; nome, quest'ultimo, che ha convinto anche i due consiglieri di Forza Italia e un leghista, mentre l'altro si è astenuto.Il vincitore della sfibrante disfida ha 62 anni, è nato a Roma da genitori siciliani ed è entrato in magistratura nel 1984, con primo incarico in Abruzzo e una carriera n gran parte spesa nella lotta alla criminalità organizzata. Nel 2012 è diventato procuratore aggiunto della Capitale e dal maggio scorso era procuratore facente funzioni. È l'erede perfetto di Giuseppe Pignatone, che tanti orfani ha lasciato nella Procura di Roma. Infatti Prestipino è stato vice di Pignatone a Roma e a Reggio Calabria, oltre che suo stretto collaboratore a Palermo. Un sodalizio di lunga data a cui vengono attribuiti successi come la cattura del boss Bernardo Provenzano, l'inchiesta Mafia capitale (anche se le accuse di mafiosità sono cadute in Cassazione) e il rinvio a giudizio di Gianfranco Fini per la vicenda della casa di Montecarlo. La nomina di Prestipino rappresenta una «scelta di continuità», auspicata da molti, con la gestione precedente, nonostante i maneggi dei renziani Luca Lotti e Cosimo Ferri, i quali, con l'appoggio di Palamara, in riunioni carbonare nel maggio scorso avevano provato a tagliare il cordone ombelicale con Pignatone, candidando «a sua insaputa» il pg di Firenze Marcello Viola, il quale avrebbe dovuto segnare una cesura con il metodo Pignatone, inaugurato nel 2012 e che adesso, con Prestipino, potrebbe perpetuarsi sino al 2028. A infastidire il Giglio magico era stata soprattutto la gestione dell'inchiesta Consip. Quando da Napoli era approdata a Roma, a voler credere alle parole del Palamara intercettato, ad alcuni indagati eccellenti sarebbero arrivati segnali rassicuranti o forse vennero fraintesi gesti di cortesia istituzionale. Quel che è certo è che la Procura guidata da Prestipino, come prima prova del fuoco, dovrà esprimersi entro poche settimane su un'eventuale richiesta di rinvio a giudizio, tra gli altri, di Lotti per rivelazione di segreto, di Tiziano Renzi per traffico di influenze e di Denis Verdini per turbativa d'asta e concussione, onde evitare il rischio tangibile di vederli mandare alla sbarra direttamente dal gip Gaspare Sturzo che già due volte ha respinto la richiesta d'archiviazione per l'ex ministro e per il babbo. Dentro al Giglio magico o almeno tra gli avvocati di riferimento, dopo la bocciatura di Viola, c'era chi auspicava che a vincere fosse Giuseppe Creazzo, attuale procuratore di Firenze. «Promoveatur ut amoveatur», suggerivano i latini quando c'era da rendere innocuo un personaggio scomodo. A maggio le microspie degli inquirenti perugini avevano rivelato che i renziani puntavano ad allontanarlo da Firenze, addossandogli la colpa di aver fatto arrestare i genitori dell'ex premier. Ma ieri la speranza di portare a casa almeno questo magro risultato è tramontata già alla prima votazione, quando Prestipino ha totalizzato 10 voti, il procuratore di Palermo Francesco Lo Voi 7 e Creazzo solo 6 (quelli della sua corrente Unicost, di due consiglieri di Ai e di un laico pentastellato). E per questo rimarrà ancora in riva all'Arno. La vittoria del delfino di Pignatone è stato un brutto colpo anche per Sebastiano Ardita e Nino Di Matteo di Ai che, da ex colleghi di Prestipino e Lo Voi, avevano fatto di tutto per far prevalere Creazzo. I due paladini dell'Antimafia più ortodossa, quella dei Falcone e dei Borsellino, ma anche dei Caselli e degli Ingroia, si sono astenuti quando hanno dovuto scegliere tra due candidati che vedono come fumo negli occhi, anche per l'aver condiviso con loro alcuni procedimenti, come quello contro l'ex governatore della Sicilia Totò Cuffaro. La nomina di Prestipino susciterà mal di pancia anche tra le toghe considerate non in linea con il nuovo-vecchio corso, come i pm di Magistratura indipendente, passati in pochi mesi dall'euforia all'irrilevanza, dalla quasi nomina di Viola (di Mi) alla sconfitta di Lo Voi. La conferma di Prestipino al vertice della Procura fa tirare un sospiro di sollievo a gran parte dei suoi aggiunti, che, dopo le fughe di notizie sulle mosse dei presunti complottardi, si sentivano in un fortino sotto assedio.I veri vincitori sono, però, le toghe rosé di Area, che dopo la nomina del procuratore generale presso la Cassazione Giovanni Salvi (membro di diritto del Csm), di due nuovi aggiunti romani e del presidente dell'Associazione nazionale magistrati Luca Poniz, porta a casa un altro importantissimo risultato. Prestipino, nonostante non sia iscritto a nessuna corrente, era il loro candidato, sostenuto con convinzione in tutte le votazioni al plenum. Festeggia a metà Piercamillo Davigo che è stato il relatore della proposta Prestipino, ma ha visto frantumarsi la sua creatura: solo due dei quattro consiglieri eletti in Ai hanno seguito la sua indicazione di voto.<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/il-braccio-destro-di-pignatone-eletto-a-capo-della-procura-di-roma-2645384753.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="decisione-politica-delle-correnti" data-post-id="2645384753" data-published-at="1757980395" data-use-pagination="False"> «Decisione politica delle correnti» Nel plenum del Csm che ha nominato Michele Prestipino procuratore di Roma, si sono alzate alcune voci critiche con lo spettacolo offerto dalle correnti. Particolarmente puntuti gli interventi del laico in quota Lega Stefano Cavanna, che ha picchiato duro sull'ipocrisia del Csm e sul collega Piercamillo Davigo, e quello del togato Nino Di Matteo che non ha capito la perdita di quotazione di Giuseppe Creazzo, il classico cornuto e mazziato. Cavanna ha criticato il fatto che Prestipino fosse il meno titolato dei tre, non avendo mai diretto una Procura fino a oggi e per questo adesso potrebbe aprirsi la partita dei ricorsi al Tar: «Questa vicenda nasce da lontano e non ha che fare solo con la nomina in sé. È una decisione sul metodo e con un trend giurisprudenziale del Consiglio che è mutato quest'anno. Perché gli indicatori valgono sì, ma fino a un certo punto. Davigo ha detto del suo candidato che è il più adatto e non che ha più titoli. E il più adatto lo decido io che voto, quindi è il frutto di una votazione politica che viene decisa dalle correnti». Quindi ha ricordato che il candidato Marcello Viola è stato fatto fuori senza essere coinvolto direttamente nello scandalo Csm. «Abbiamo anche un relatore (sempre Davigo, ndr) che la volta precedente sosteneva un candidato e oggi ne sostiene un altro […]. Dalle carte non emerge alcun coinvolgimento di Creazzo e Viola. Quindi come ragiona il Consiglio? Se una persona è sfiorata dallo scandalo diventa impura, nonostante abbia tutti i titoli? Quanto questa aria dovrà condizionare il Consiglio? Mi viene in mente libro Diritto penale totale, dove si sostiene che non conta più il diritto, ma la purezza […]. L'analisi del voto non finisce qui perché quando si dice che il candidato che ha gli indici minori (Prestipino, ndr) è gradito ai colleghi dell'ufficio, si introduce il principio in forza del quale un semidirettivo possa aspirare a diventare direttivo e quindi il capo dell'ufficio. Questo è pericoloso, è una specie di cooptazione. Rischiamo la feudalizzazione delle Procure, che il capo dell'ufficio possa essere scelto in base al gradimento o meno dei colleghi. Un sistema basato solo sulla maggioranza politica rischia un provvedimento amministrativo». Di Matteo ha seguito lo stesso canovaccio: «A una sistematica lettura di quelle intercettazioni (inchiesta di Perugia ndr) Viola risulta essere una parte offesa rispetto alle cospirazioni, macchinazioni di altri. Il dottor Creazzo non è stato sfiorato dallo scandalo, questo è assolutamente vero, però c'è qualcosa di più che secondo me va ricordato. Dalle intercettazioni risulta anche qualcos'altro e cioè che i politici intercettati non volevano che Creazzo diventasse Procuratore della Repubblica di Roma. Avevano il problema di toglierselo dai piedi per usare un eufemismo. Evidentemente perché ritenuto da quei politici inaffidabile. L'indipendenza e non l'inaffidabilità rispetto al poter politico, in una Procura come quella di Roma, va sottolineata. Il fatto che una parte politica brighi perché Creazzo non diventi procuratore è un fatto da valutare». Quindi Di Matteo ha lanciato una frecciata a Giuseppe Cascini, il portabandiera di Area: «A proposito dell'intervento di Cascini sulla soluzione condivisa non trovata in commissione, mi permetto di dire che le soluzioni condivise non sempre sono le più giuste. Anzi resto convinto che la diversità delle posizioni personali sia una ricchezza dal coltivare». Cascini aveva manifestato il rammarico per la mancata unanimità e aveva sostenuto che «la prima regola per scegliere un procuratore della Repubblica è quella dell'idoneità del candidato». Inoltre per il rappresentante di Area «Prestipino ha sanato la ferita profonda dell'ufficio di Roma che ha portato alla sospensione (Luca Palamara, ndr) e al trasferimento (Stefano Fava, ndr) di due magistrati». A questo punto è arrivata la replica di Cavanna: «Non posso non notare un aspetto, ossia che Prestipino era in gara anche la volta scorsa. Però non era stato considerato neanche lontanamente: quindi da brocco è divenuto cavallo di razza». Che ha vinto la corsa più importante.
Nel riquadro Roberto Catalucci. Sullo sfondo il Centro Federale Tennis Brallo
Sempre più risparmiatori scelgono i Piani di accumulo del capitale in fondi scambiati in borsa per costruire un capitale con costi chiari e trasparenti. A differenza dei fondi tradizionali, dove le commissioni erodono i rendimenti, gli Etf offrono efficienza e diversificazione nel lungo periodo.
Il risparmio gestito non è più un lusso per pochi, ma una realtà accessibile a un numero crescente di investitori. In Europa si sta assistendo a una vera e propria rivoluzione, con milioni di risparmiatori che scelgono di investire attraverso i Piani di accumulo del capitale (Pac). Questi piani permettono di mettere da parte piccole somme di denaro a intervalli regolari e il Pac si sta affermando come uno strumento essenziale per chiunque voglia crearsi una "pensione di scorta" in modo semplice e trasparente, con costi chiari e sotto controllo.
«Oggi il risparmio gestito è alla portata di tutti, e i numeri lo dimostrano: in Europa, gli investitori privati detengono circa 266 miliardi di euro in etf. E si prevede che entro la fine del 2028 questa cifra supererà i 650 miliardi di euro», spiega Salvatore Gaziano, responsabile delle strategie di investimento di SoldiExpert SCF. Questo dato conferma la fiducia crescente in strumenti come gli etf, che rappresentano l'ossatura perfetta per un PAC che ha visto in questi anni soprattutto dalla Germania il boom di questa formula. Si stima che quasi 11 milioni di piani di risparmio in Etf, con un volume di circa 17,6 miliardi di euro, siano già attivi, e si prevede che entro il 2028 si arriverà a 32 milioni di piani.
Uno degli aspetti più cruciali di un investimento a lungo termine è il costo. Spesso sottovalutato, può erodere gran parte dei rendimenti nel tempo. La scelta tra un fondo con costi elevati e un Etf a costi ridotti può fare la differenza tra il successo e il fallimento del proprio piano di accumulo.
«I nostri studi, e il buon senso, ci dicono che i costi contano. La maggior parte dei fondi comuni, infatti, fallisce nel battere il proprio indice di riferimento proprio a causa dei costi elevati. Siamo di fronte a una realtà dove oltre il 90% dei fondi tradizionali non riesce a superare i propri benchmark nel lungo periodo, a causa delle alte commissioni di gestione, che spesso superano il 2% annuo, oltre a costi di performance, ingresso e uscita», sottolinea Gaziano.
Gli Etf, al contrario, sono noti per la loro trasparenza e i costi di gestione (Ter) che spesso non superano lo 0,3% annuo. Per fare un esempio pratico che dimostra il potere dei costi, ipotizziamo di investire 200 euro al mese per 30 anni, con un rendimento annuo ipotizzato del 7%. Due gli scenari. Il primo (fondo con costi elevati): con un costo di gestione annuo del 2%, il capitale finale si aggirerebbe intorno ai 167.000 euro (al netto dei costi). Il secondo (etf a costi ridotti): Con una spesa dello 0,3%, il capitale finale supererebbe i 231.000 euro (al netto dei costi).
Una differenza di quasi 64.000 euro che dimostra in modo lampante come i costi incidano profondamente sul risultato finale del nostro Pac. «È fondamentale, quando si valuta un investimento, guardare non solo al rendimento potenziale, ma anche e soprattutto ai costi. È la variabile più facile da controllare», afferma Salvatore Gaziano.
Un altro vantaggio degli Etf è la loro naturale diversificazione. Un singolo etf può raggruppare centinaia o migliaia di titoli di diverse aziende, settori e Paesi, garantendo una ripartizione del rischio senza dover acquistare decine di strumenti diversi. Questo evita di concentrare il proprio capitale su settori «di moda» o troppo specifici, che possono essere molto volatili.
Per un Pac, che per sua natura è un investimento a lungo termine, è fondamentale investire in un paniere il più possibile ampio e diversificato, che non risenta dei cicli di mercato di un singolo settore o di un singolo Paese. Gli Etf globali, ad esempio, che replicano indici come l'Msci World, offrono proprio questa caratteristica, riducendo il rischio di entrare sul mercato "al momento sbagliato" e permettendo di beneficiare della crescita economica mondiale.
La crescente domanda di Pac in Etf ha spinto banche e broker a competere offrendo soluzioni sempre più convenienti. Oggi, è possibile costruire un piano di accumulo con commissioni di acquisto molto basse, o addirittura azzerate. Alcuni esempi? Directa: È stata pioniera in Italia offrendo un Pac automatico in Etf con zero costi di esecuzione su una vasta lista di strumenti convenzionati. È una soluzione ideale per chi vuole avere il pieno controllo e agire in autonomia. Fineco: Con il servizio Piano Replay, permette di creare un Pac su Etf con la possibilità di ribilanciamento automatico. L'offerta è particolarmente vantaggiosa per gli under 30, che possono usufruire del servizio gratuitamente. Moneyfarm: Ha recentemente lanciato il suo Pac in Etf automatico, che si aggiunge al servizio di gestione patrimoniale. Con versamenti a partire da 10 euro e commissioni di acquisto azzerate, si posiziona come una valida alternativa per chi cerca semplicità e automazione.
Ma sono sempre più numerose le banche e le piattaforme (Trade Republic, Scalable, Revolut…) che offrono la possibilità di sottoscrivere dei Pac in etf o comunque tutte consentono di negoziare gli etf e naturalmente un aspetto importante prima di sottoscrivere un pac è valutare i costi sia dello strumento sottostante che quelli diretti e indiretti come spese fisse o di negoziazione.
La scelta della piattaforma dipende dalle esigenze di ciascuno, ma il punto fermo rimane l'importanza di investire in strumenti diversificati e con costi contenuti. Per un investimento di lungo periodo, è fondamentale scegliere un paniere che non sia troppo tematico o «alla moda» secondo SoldiExpert SCF ma che rifletta una diversificazione ampia a livello di settori e Paesi. Questo è il miglior antidoto contro la volatilità e le mode del momento.
«Come consulenti finanziari indipendenti ovvero soggetti iscritti all’Albo Ocf (obbligatorio per chi in Italia fornisce consigli di investimento)», spiega Gaziano, «forniamo un’ampia consulenza senza conflitti di interesse (siamo pagati solo a parcella e non riceviamo commissioni sui prodotti o strumenti consigliati) a piccoli e grandi investitore e supportiamo i clienti nella scelta del Pac migliore a partire dalla scelta dell’intermediario e poi degli strumenti migliori o valutiamo se già sono stati attivati dei Pac magari in fondi di investimento se superano la valutazione costi-benefici».
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