2020-10-02
Il 90% dei porti già in mani straniere. Ma la Cina vuole pesare ancora di più
Il ministro delle Infrastrutture e dei trasporti, Paola De Micheli (Ansa)
I gruppi esteri controllano diverse aree strategiche, Pechino punta pure su Taranto. A rischio l'export con la Germania.Il segretario Usa, Mike Pompeo, lascia l'Italia alla volta della Croazia. L'incontro con il governo è andato formalmente bene. Nella sostanza dietro alle strette di mano e alle promesse di Luigi Di Maio e di Giuseppe Conte resta la diffidenza americana. Anche se qualcosa è cambiato rispetto a qualche mese fa. Gli Stati Uniti non sembrano avere voglia di abbandonarci alla sfera di competenza cinese. Vale per il nostro Paese, ventre molle dell'Ue, e vale pure per il resto dell'Europa da cui in queste ore sono arrivati più segnali di irrigidimento verso la Cina che negli ultimi tre anni. Ci riferiamo al tema dei cavi in fibra e a quello del 5G. Il bigliettino lasciato sulla scrivania del presidente del Consiglio mira a ricordarci che le nostre infrastrutture devono rimanere di competenza di aziende occidentali. Vale dunque per la rete unica così come i porti. Fino ad ora sono rimasti sullo sfondo della battaglia geopolitica in atto. Si è molto discusso di Taranto e pure del ruolo di Trieste, ma i prossimi mesi saranno decisivi per capire dove si sposterà il sistema portuale italiano. Al momento esistono 16 autorità portuali. I vertici sono in gran parte in scadenza quest'anno. L'ultima infornata era stata siglata dall'ex ministro Graziano Delrio. La prossima toccherà all'attuale titolare Paola De Micheli, anch'essa del Pd. La scelta dei presidenti in passato ha influenzato anche le decisioni di impronta geopolitica. In futuro sarà più difficile. Adesso i fari americani sono ufficialmente accesi. Per capire che basta una piccola spallata per farci cadere nell'influenza orientale e cinese è bene percorrere la Penisola e fare la mappa di chi gestisce i terminal e il passaporto di provenienza delle relative società. Ancora oggi a farla da padrone è Msc, la svizzera del gruppo Aponte. È presente in numerosi porti, soprattutto Genova, Livorno, Napoli e Gioia Tauro. Subito dopo incalza il gruppo cinese di Cosco che opera in quasi tutti gli scali, da Ravenna fino a Venezia e Spezia passando per Gioia Tauro. Radicati sono anche i terminalisti di Contship di ambito tedesco. Sono presenti a Genova, Ancona, Venezia e Trieste. C'è poi Psa Singapore presente a Genova e Venezia. Infine le due new entry. A Taranto, i turchi di Yilport. E a Trieste i tedeschi (già gestori di Amburgo) della Hhla. In fondo alla classifica quantitativa si piazza il gruppo Messina, praticamente l'unico italiano. Disegnando una mappa dell'Italia e piazzando le bandierine si può vedere che il peso degli equilibri cade in gran parte verso Msc e Maersk. Entrambe gravitano nella sfera del mondo occidentale. I cinesi seguono e il porto di Trieste ha visto il provvidenziale ingresso tedesco guarda caso dopo che la China communication construction company che aveva stretto un accordo con l'autorità triestina è finita dritta dritta nella blacklist di Mike Pompeo. A rompere questa virtuale parità tra occidente e oriente potrebbe essere proprio lo scalo di Taranto. Se ne è occupato il Copasir e i nostri servizi hanno fornito un report specifico al Parlamento. Report ancora segretato. Lo scorso anno Yilport ha chiuso un accordo diventato operativo dalla scorsa estate. Il presidente si chiama Yuksel Robert Yildrim. Non è particolarmente legato al partito di Recepp Erdogan. Ha studiato negli Stati Uniti dove ha anche incontrato numerosi uomini d'affari cinesi. Adesso Cosco preme per una partnership mirata all'approdo a Taranto. Cccc, come abbiamo scritto sopra, è finita nella lista nera Usa e quindi Pechino preferirebbe usare l'uomo d'affari turco per triangolare le merci a Taranto. Avere libertà di movimento in Puglia significa triangolare con la Libia da un lato e con i porti del Nord Europa. Potrebbe essere utile per i turchi che bypasserebbero la missione Ue Irini e per i cinesi che bypassarebbero a loro volta la scure Usa. La visita di Pompeo è servita a evidenziare i punti sensibili nei porti italiani. Esattamente la stessa cosa che farà oggi appena dopo essere sbarcato in Croazia. Gestire questi flussi per gli americani è una questione di potenza. Per noi invece una questione di sopravvivenza. Se i cinesi controllassero Trieste, Genova e Taranto potrebbero diventare i primi esportatori di merci verso la Germania. Oggi il primo partner Ue dei tedeschi siamo noi. In dieci anni rischieremmo di perdere il primato, senza sostituire il mercato d'esportazione tedesco con altro. Il pericolo è tutto qui e non è certo da sottovalutare.