
Sondaggi alla mano, il leghista valuta gli scenari per le elezioni anticipate: in tandem con Giorgia Meloni avrebbe la maggioranza sia alla Camera sia al Senato. Ma c'è anche l'opzione di un listone in stile Donald Trump, aperto ai forzisti orientati sul sovranismo. I fedelissimi di Matteo Salvini lo chiamano «piano B», le truppe sul territorio sono in stato di preallarme, il via libera potrebbe scattare già nelle prossime settimane: il voto anticipato è sempre più una prospettiva concreta del leader ministro dell'Interno. «La scelta mia e della Lega», ha detto ieri Salvini, «è che il governo vada avanti fino in fondo perché ho dato una parola, e la mia parola vale più dei sondaggi e delle poltrone. Io quindi voglio andare fino in fondo: basta che tutti abbiano la stessa voglia di dire dei sì. Nelle ultime settimane, probabilmente per la campagna elettorale, qualcuno ha passato il suo tempo dicendo no, no, no, no». Sondaggi, dice Salvini: ma quali? Le rilevazioni citate (e commissionate) dal vicepremier, stando a quanto risulta alla Verità, sono relative a eventuali elezioni politiche anticipate. Il leader leghista sta facendo sondare diverse opzioni. La prima vede una coalizione Lega-Fratelli d'Italia che, in un quadro tripolare, sfida M5s e centrosinistra. È un po' il sogno di Giorgia Meloni, che accoglierebbe nel suo nuovo movimento i transfughi di Forza Italia: un centrodestra senza Silvio Berlusconi al governo. In questi giorni, considerato che la Lega è già cresciuta di un altro paio di punti percentuali rispetto al 34% delle Europee, con il 6% di Fratelli d'Italia la vittoria sarebbe a portata di mano, dando per scontato che Pd e M5s non vadano insieme alle elezioni, prospettiva al momento praticamente impossibile. La coalizione «sovranista» otterrebbe la maggioranza, secondo i sondaggi e le simulazioni che proiettano il voto per le europee su una ipotetica consultazione politica anticipata, sia alla Camera sia al Senato. Pensate che, come ha dimostrato uno studio di Youtrend, sulla sola componente uninominale della Camera, una coalizione Lega-FdI vincerebbe in 163 dei 232 collegi in palio, cioè nel 49% di essi. Forza Italia non ne otterrebbe nessuno, mentre il centrosinistra se ne aggiudicherebbe 35, il M5s 32. L'alleanza Salvini-Meloni avrebbe la maggioranza in entrambi i rami del parlamento: il 53% dei seggi alla Camera e il 52% al Senato. Altra opzione sul tavolo, in chiave elezioni anticipate, è una superlista che dovrebbe chiamarsi «Prima l'Italia - per Salvini». Si tratta di una idea che il ministro dell'Interno ha mutuato dalla «America first» di Donald Trump, slogan che The Donald ha a sua volta ripreso da Warren G. Harding, 29° presidente degli Stati Uniti d'America dal 1921 al 1923, anno della sua morte. L'idea riprende il «Prima gli italiani», parola d'ordine salvinista ormai entrata prepotentemente nei cuori degli elettori della Lega. In sostanza, in questo listone confluirebbero Lega, Fratelli d'Italia, i volenterosi di Forza Italia (più o meno mezzo partito, quello che non si rispecchia nelle posizioni più marcatamente antisovraniste di Mara Carfagna e dei parlamentari e dirigenti meridionali) e chiunque sia valutato compatibile con le istanze politiche del ministro dell'Interno. Il vantaggio sarebbe quello di non dover perdere tempo con estenuanti trattative con i partiti, a partire proprio da Fratelli d'Italia e Forza Italia: chi ci sta ci sta, sarebbe il ragionamento. Idea ardita ma supportata dal fatto che, non lo dimentichiamo, il 37% dei seggi di Camera e Senato vengono assegnati con il sistema dei collegi uninominali. Il terzo scenario che gli uomini di Salvini stanno studiando prevede addirittura la Lega da sola alle politiche. In questo caso ottenere la maggioranza assoluta dei seggi alla Camera e al Senato sarebbe più difficile per il Carroccio, anche se l'effetto polarizzazione del voto non va trascurato. Infine, un centrodestra classico Lega-Fdi-Fi conquisterebbe una maggioranza schiacciante in Parlamento, ma sembra una prospettiva remota, considerato che i rapporti tra Matteo Salvini, Giorgia Meloni e Silvio Berlusconi sono tutt'altro che idilliaci. Non solo: è molto improbabile che Berlusconi accetterebbe di indicare Salvini come candidato premier prima delle elezioni, facendo così evaporare l'effetto trascinamento del nome dell'attuale vicepremier.Naturalmente, ogni ipotesi di elezioni anticipate va subordinata alle valutazioni del presidente della Repubblica, Sergio Mattarella. Il capo dello Stato, però, come ha ampiamente dimostrato in questo anno di legislatura, non ha nessuna intenzione di recitare un ruolo «politico», ma agisce sempre e comunque nel solco della sua funzione istituzionale. Caduto il governo di Giuseppe Conte, Mattarella darebbe vita a un rapido giro di consultazioni per verificare l'esistenza di una nuova maggioranza: l'unica numericamente possibile sarebbe quella Pd-M5s, che politicamente però appare impraticabile. Se i leader della maggior parte delle forze politiche chiedessero le elezioni anticipate, Mattarella prenderebbe atto della situazione e scioglierebbe le camere. Tra l'altro, votando alla fine di settembre, con un risultato chiaro il nuovo governo si insedierebbe in tempo per varare - in tempi schiacciatissimi - la manovra 2020.
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