2020-06-11
I soldi dell’Ue sono sempre meno e non si sa neanche quando arrivano
Conte si presenta come gestore di un immenso flusso di liquidità che però non c'è. Sure e Bei non sono attivi, il Mes è assai limitato e pericoloso e sul Recovery fund i 27 litigano. Intanto la Germania si regala 50 miliardi.Non occorre essere Sherlock Holmes per ricostruire il ragionamento che ha indotto Palazzo Chigi a partorire l'idea dei cosiddetti Stati generali. Al di là dell'elemento scenografico (i più perfidi, sui social, hanno parlato della sfilata primavera-estata della maison Conte-Casalino), c'era alla base un cinico calcolo politico: stanno per arrivare i fantastiliardi europei, una massa di denaro enorme, e un governo traballante, sgradito ormai alla sua stessa coalizione, sopravvissuto solo grazie all'emergenza sanitaria, poteva dunque sperare di costruirsi un luminoso futuro. Come? Presentandosi al mondo produttivo e alla società italiana come il gestore di quell'immenso flusso di liquidità. Peccato però che, da allora ad oggi, sia sparito un elemento essenziale per questa operazione politica: e cioè proprio il flusso di liquidità, la massa di denaro, i presunti fantastiliardi europei. Esaminiamo pezzo per pezzo il famoso pacchetto Ue, lasciando fuori il solo strumento davvero immediato e funzionante, quello degli acquisti di titoli da parte della Bce: quest'ultimo, non a caso, pur indicato da mesi come strada maestra da La Verità e da parte delle opposizioni, è stato lungamente trascurato dal governo, che preferiva parlare - nell'ordine - di Mes, Sure, Bei e Recovery fund. Il progetto Sure non è attivo: devono essere versate le garanzie, poi si emetteranno le obbligazioni, e a quel punto - lentamente e col contagocce - potranno iniziare le erogazioni. Stesso discorso per la Bei: l'Italia verserà le garanzie con un articolo del decreto rilancio, attualmente all'esame del Parlamento. Quanto al Mes, esiste certamente, ma limitato alla sanità: e soprattutto con il complesso di vincoli (sorveglianza rafforzata più early warning) illustrati a chiare lettere sul sito del fondo Salvastati, più tutte le altre forme di controllo e condizionalità rese possibili anche a posteriori da trattati e regolamenti che nessuno ha cambiato. Resterebbe il Recovery fund, su cui si appuntavano le maggiori speranze del governo. Ma in questo caso non c'è ancora nulla: come La Verità ha spiegato più volte, essendo ancora in corso feroci discussioni tra i 27 Paesi membri, per il momento non c'è nemmeno lo strumento che un domani raccoglierà le risorse sul mercato. E intanto, alla contrarietà dei quattro «frugali del Nord» (governo austriaco, a guida di un partito aderente al Ppe; governo olandese, a guida di un partito aderente al gruppo macronista; governi svedese e danese, a guida di partiti aderenti al gruppo socialdemocratico), si è aggiunta quella dell'Ungheria di Viktor Orban. All'Eurogruppo convocato oggi a Bruxelles , i ministri delle Finanze della zona euro cercheranno un accordo che includa l'Olanda sul Recovery fund e prenderanno atto delle dimissioni a sorpresa di Mário Centeno da ministro delle Finanze portoghese (di conseguenza dovrà lasciare a luglio l'incarico da presidente dell'Eurogruppo). Di più: la stessa Germania, pur descritta come la grande promotrice del Recovery fund, sembra determinata a ridimensionarlo, da 750 a 500 miliardi. L'ultima doccia fredda è arrivata ieri dal think tank Bruegel, secondo cui solo un quarto della potenza di fuoco di questo strumento sarebbe spesa entro il 2022, cioè proprio nel momento in cui sarebbe stata invece più necessaria. Morale: tutto ciò considerato, a Giuseppe Conte sarà ben difficile recitare la parte dell'uomo carico di banconote e pronto a distribuirle alla folla. Intanto, c'è chi non aspetta, non organizza sfilate, e pensa invece a mettere in campo soldi veri. La Germania di Angela Merkel sarebbe pronta a un'ulteriore iniezione di carburante per riaccendere il suo motore economico: il terzo intervento in meno di 100 giorni. Già a marzo, infatti, Berlino si era mossa con un intervento addirittura da 1.100 miliardi: in quel primo pacchetto, c'erano 117 miliardi di incremento di spesa sanitaria. E poi una raffica di misure per i lavoratori e per le piccole imprese (per queste ultime erano previsti 50 miliardi di sovvenzioni). Quanto al capitolo delle garanzie, tra la Kfw (l'equivalente della Cassa depositi e prestiti, ma con tutt'altra regolamentazione giuridica) e un nuovo Fondo per la stabilizzazione economica, l'ombrello delle garanzie aveva una dotazione complessiva di 822 miliardi.Poi, una decina di giorni fa, è arrivata la seconda ondata: altri 130 miliardi, con un mega taglio Iva di due punti (solo questa misura vale 20 miliardi). E il senso economico è chiarissimo: per evidenti ragioni, la ripresa non verrà certo dall'export, e dunque occorre un poderoso incoraggiamento fiscale ai consumi interni tedeschi. E poi ancora: sostegno alle famiglie, 50 miliardi di cosiddetti «investimenti nel futuro» (economia sostenibile, misure per la digitalizzazione, mobilità, e così via), più un mega incentivo per l'acquisto di nuove auto, e altri 25 miliardi di aiuti per i settori industriali particolarmente colpiti dalla crisi (con una speciale attenzione al comparto turistico). Adesso, secondo la Reuters, ci si preparerebbe alla terza puntata dell'operazione: il ministro delle Finanze, Olaf Scholz, sta infatti considerando una manovra di bilancio aggiuntiva, superiore alle aspettative, con debito addizionale fino a 50 miliardi di euro. Inutile dire che in questo caso non sono previste kermesse o passerelle in parchi e ville storiche della Germania.
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