
Tipici della tradizione alimentare nazionale, hanno meno grassi e sono meno salati di un tempo. Le loro proteine valgono più di quelle vegetali.«I salumi, dalla pancetta salata cinese alla bresaola lombarda, hanno nutrito popoli interi nei magri mesi invernali e stuzzicato il gusto di gourmet antichi e moderni», spiega Cibo. La storia illustrata di ciò che mangiamo, Gribaudo editore. L’ottica del libro è mondiale, ma se guardiamo solo ai nostri salumi scopriremo anche in questo caso, come si dice, un mondo. Li chiamiamo «affettati», trasformando un aggettivo in un sostantivo, perché ormai li compriamo sempre più spesso già a fette e impacchettati, ma dovremmo chiamarli salumi. In Italia ce ne sono 666 tipi diversi e si può certamente parlare di biodiversità norcina, che è un patrimonio culturale e anche economico, perché i nostri salumi sono apprezzati in tutto il mondo. Con il termine «salume» si intende l’alimento a base di carne cruda o cotta «conciata» e conservata. La salumeria nasce come pratica atta a conservare la carne fresca per un consumo successivo e storicamente è direttamente collegata alla macellazione del maiale, animale che nel tradizionale abbattimento invernale forniva una quantità di carne impossibile da smaltire in breve tempo e che si doveva centellinare per tutto l’anno a venire. Il salume può esser fatto anche con altre carni, provenienti da altri animali da allevamento come bovini, oche, capre, asini, pecore, oppure carni di selvaggina come cinghiale, cervo, capriolo. Ci sono poi anche i salumi di pesce, ditelo al prossimo che vi decanterà le virtù del katsuobushi giapponese, il tonnetto fermentato, affumicato e seccato. Come la ficazza di tonno della Sicilia, la bottarga della Sardegna, i salami di trota del Trentino e del Piemonte e il musciame calabrese. Ma il re della carne per salumi è certamente il maiale. Per conservare la carne in forma di salume si può usare il pezzo intero, come nel caso del prosciutto con la coscia del maiale, che si sala a secco (è il prosciutto migliore), per immersione in salamoia o per iniezione salina, poi si stagiona. Oppure si può utilizzare la carne tritata: si mescola con grasso, che è sempre di maiale, e poi erbe e spezie, le più disparate, che costituiscono la cosiddetta concia, ed elementi odierni come destrosio, nitriti e nitrati, poi si inserisce in un contenitore che di solito è un budello animale o artificiale, cioè fatto di cellulosa o collagene, e poi si stagiona. Consideriamo «salami» sinonimo di «salumi», ma i salami sono soltanto quelli di forma oblunga, come il salame Milano. Talvolta sono mini e poi ci sono i salami freschi come le salsicce che vanno consumate previa cottura e che in alcune zone d’Italia si chiamano, non a caso, salamelle.Nella generale criminalizzazione che oggi colpisce la carne e, di conseguenza, anche la carne conservata, si è affermato lo stereotipo della presunta insalubrità dei salumi. Le obiezioni più comuni sono: il contenuto di nitriti e nitrati, che però non tutti i salumi contengono, si trovano anche nelle verdure, addirittura in quantità maggiori, e se ne evita la trasformazione in nitrosammine tramite la vitamina C. Poi, la presenza di sale. Il sale è un conservante naturale del salume, ne dobbiamo consumare massimo 5 grammi al giorno, ma una cosa che non tutti sanno è che sodio e sale non sono sinonimi. Per capire quanto sodio c’è nel sale che troviamo indicato sulle etichette basta dividere quel numero per 2,5: 5 grammi di sale corrispondono a 2 grammi di sodio e abbiamo bisogno di un quantitativo - ripetiamo, non eccessivo, non oltre 5 grammi - di sale quotidiano. Rispetto a quelli del passato, i salumi contemporanei contengono dal 4% al 47% di sale in meno e, in ogni caso, basta avere l’accortezza di non salare troppo le pietanze che accompagnano i salumi e che li contengono. Altra preoccupazione è il contenuto di grassi, ma il contenuto di grassi dei salumi odierni è molto diverso da quello dei salumi precedenti gli anni Novanta. A partire da quegli anni, infatti, si è cominciato a ridurre il contenuto di grassi saturi e colesterolo, preferendo i grassi monoinsaturi e polinsaturi, migliori, che sono passati dal 30% al 60% dei grassi totali nella maggior parte dei salumi. I salumi cotti hanno subìto la maggiore riduzione, quasi il 40%, il prosciutto cotto addirittura il 50%. I salumi sono un’ottima alternativa alla carne da cuocere al momento e, in generale, al secondo piatto. Il consumo quotidiano di proteine raccomandato è di 0,9 grammi per chilo di peso corporeo: pesando 60 chili, dobbiamo assumere circa 54 grammi di proteine al giorno. Un macronutriente importantissimo contenuto nei salumi sono le proteine animali. Suddividendo in tre, che sono i pasti medi della giornata, il numero di proteine totali, otteniamo una quota di 20 milligrammi, che troviamo in 60 grammi di bresaola, 70 di prosciutto crudo o di speck, 85 di coppa di Parma, 100 di prosciutto cotto oppure in un panino da 80 grammi con 40 di bresaola o 50 di prosciutto. Abbiamo poi il ferro, ricordiamoci che il ferro contenuto nella carne, il ferro eme, è diverso e più performante nell’ostacolare l’anemia rispetto al ferro di origine vegetale. Abbiamo poi le vitamine del gruppo B, che servono per la trasformazione dell’energia, la produzione dei globuli rossi, la sintesi proteica e la riparazione dei tessuti.
Il tocco è il copricapo che viene indossato insieme alla toga (Imagoeconomica)
La nuova legge sulla violenza sessuale poggia su presupposti inquietanti: anziché dimostrare gli abusi, sarà l’imputato in aula a dover certificare di aver ricevuto il consenso al rapporto. Muove tutto da un pregiudizio grave: ogni uomo è un molestatore.
Una legge non è mai tanto cattiva da non poter essere peggiorata in via interpretativa. Questo sembra essere il destino al quale, stando a taluni, autorevoli commenti comparsi sulla stampa, appare destinata la legge attualmente in discussione alla Camera dei deputati, recante quella che dovrebbe diventare la nuova formulazione del reato di violenza sessuale, previsto dall’articolo 609 bis del codice penale. Come già illustrato nel precedente articolo comparso sulla Verità del 18 novembre scorso, essa si differenzia dalla precedente formulazione essenzialmente per il fatto che viene ad essere definita e punita come violenza sessuale non più soltanto quella di chi, a fini sessuali, adoperi violenza, minaccia, inganno, o abusi della sua autorità o delle condizioni di inferiorità fisica o psichica della persona offesa (come stabilito dall’articolo 609 bis nel testo attualmente vigente), ma anche, ed in primo luogo, quella che consista soltanto nel compimento di atti sessuali «senza il consenso libero e attuale» del partner.
Tampone Covid (iStock)
Stefano Merler in commissione confessa di aver ricevuto dati sul Covid a dicembre del 2019: forse, ammette, serrando prima la Bergamasca avremmo evitato il lockdown nazionale. E incalzato da Claudio Borghi sulle previsioni errate dice: «Le mie erano stime, colpa della stampa».
Zero tituli. Forse proprio zero no, visto il «curriculum ragguardevole» evocato (per carità di patria) dall’onorevole Alberto Bagnai della Lega; ma uno dei piccoli-grandi dettagli usciti dall’audizione di Stefano Merler della Fondazione Bruno Kessler in commissione Covid è che questo custode dei big data, colui che in pandemia ha fornito ai governi di Giuseppe Conte e Mario Draghi le cosiddette «pezze d’appoggio» per poter chiudere il Paese e imporre le misure più draconiane di tutto l’emisfero occidentale, non era un clinico né un epidemiologo, né un accademico di ruolo.
La Marina colombiana ha cominciato il recupero del contenuto della stiva del galeone spagnolo «San José», affondato dagli inglesi nel 1708. Il tesoro sul fondo del mare è stimato in svariati miliardi di dollari, che il governo di Bogotà rivendica. Il video delle operazioni subacquee e la storia della nave.
Gli abissi del Mar dei Caraibi lo hanno cullato per più di tre secoli, da quell’8 giugno del 1708, quando il galeone spagnolo «San José» sparì tra i flutti in pochi minuti.
Il suo relitto racchiude -secondo la storia e la cronaca- il più prezioso dei tesori in fondo al mare, tanto che negli anni il galeone si è meritato l’appellativo di «Sacro Graal dei relitti». Nel 2015, dopo decenni di ipotesi, leggende e tentativi di localizzazione partiti nel 1981, è stato individuato a circa 16 miglia nautiche (circa 30 km.) dalle coste colombiane di Cartagena ad una profondità di circa 600 metri. Nella sua stiva, oro argento e smeraldi che tre secoli fa il veliero da guerra e da trasporto avrebbe dovuto portare in Patria. Il tesoro, che ha generato una contesa tra Colombia e Spagna, ammonterebbe a svariati miliardi di dollari.
La fine del «San José» si inquadra storicamente durante la guerra di Successione spagnola, che vide fronteggiarsi Francia e Spagna da una parte e Inghilterra, Olanda e Austria dall’altra. Un conflitto per il predominio sul mondo, compreso il Nuovo continente da cui proveniva la ricchezza che aveva fatto della Spagna la più grande delle potenze. Il «San José» faceva parte di quell’Invencible Armada che dominò i mari per secoli, armato con 64 bocche da fuoco per una lunghezza dello scafo di circa 50 metri. Varato nel 1696, nel giugno del 1708 si trovava inquadrato nella «Flotta spagnola del tesoro» a Portobelo, odierna Panama. Dopo il carico di beni preziosi, avrebbe dovuto raggiungere Cuba dove una scorta francese l’attendeva per il viaggio di ritorno in Spagna, passando per Cartagena. Nello stesso periodo la flotta britannica preparò un’incursione nei Caraibi, con 4 navi da guerra al comando dell’ammiraglio Charles Wager. Si appostò alle isole Rosario, un piccolo arcipelago poco distanti dalle coste di Cartagena, coperte dalla penisola di Barù. Gli spagnoli durante le ricognizioni si accorsero della presenza del nemico, tuttavia avevano necessità di salpare dal porto di Cartagena per raggiungere rapidamente L’Avana a causa dell’avvicinarsi della stagione degli uragani. Così il comandante del «San José» José Fernandez de Santillàn decise di levare le ancore la mattina dell’8 giugno. Poco dopo la partenza le navi spagnole furono intercettate dai galeoni della Royal Navy a poca distanza da Barù, dove iniziò l’inseguimento. Il «San José» fu raggiunto dalla «Expedition», la nave ammiraglia dove si trovava il comandante della spedizione Wager. Seguì un cannoneggiamento ravvicinato dove gli inglesi ebbero la meglio sul galeone colmo di merce preziosa. Una cannonata colpì in pieno la santabarbara, la polveriera del galeone spagnolo che si incendiò venendo inghiottito dai flutti in pochi minuti. Solo una dozzina di marinai si salvarono, su un equipaggio di 600 uomini. L’ammiraglio britannico, la cui azione sarà ricordata come l’«Azione di Wager» non fu tuttavia in grado di recuperare il tesoro della nave nemica, che per tre secoli dormirà sul fondo del Mare dei Caraibi .
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Manifestazione ex Ilva (Ansa)
Ok del cdm al decreto che autorizza la società siderurgica a usare i fondi del prestito: 108 milioni per la continuità degli impianti. Altri 20 a sostegno dei 1.550 che evitano la Cig. Lavoratori in protesta: blocchi e occupazioni. Il 28 novembre Adolfo Urso vede i sindacati.
Proteste, manifestazioni, occupazioni di fabbriche, blocchi stradali, annunci di scioperi. La questione ex Ilva surriscalda il primo freddo invernale. Da Genova a Taranto i sindacati dei metalmeccanici hanno organizzato sit-in per chiedere che il governo faccia qualcosa per evitare la chiusura della società. E il Consiglio dei ministri ha dato il via libera al nuovo decreto sull’acciaieria più martoriata d’Italia, che autorizza l’utilizzo dei 108 milioni di euro residui dall’ultimo prestito ponte e stanzia 20 milioni per il 2025 e il 2026.






