2023-06-22
I principali produttori di petrolio chiedono di far parte dei Brics
Il blocco dei Paesi emergenti a guida sino-russa potrebbe presto arrivare a 25 membri.Il conflitto in Ucraina continua a fare da sfondo alla ridefinizione degli equilibri energetici fra grandi blocchi di paesi. Come già rilevato in questa sede, già ad aprile 2022, diversi membri dell’Opec plus si erano astenuti in merito alla risoluzione con cui l’assemblea generale delle Nazioni Unite «deplorava» l’invasione russa (5 voti contrari, 34 astensioni, 141 voti favorevoli).Nello specifico, tra i 13 membri del Cartello Opec, Algeria, Angola, Repubblica del Congo, Iran e Iraq non votarono a favore della risoluzione, bensì si astennero. La Guinea Equatoriale e il Venezuela non parteciparono al voto, anche se il paese latinoamericano – detentore delle principali riserve di greggio al mondo – espresse comunque la propria ferma contrarietà alla risoluzione.Tra i 10 membri non-Opec, oltre al voto contrario della Federazione russa, Kazakhstan, Sudan e Sudan del Sud si astennero, mentre l’Azerbaijan non partecipò alla votazione.Trovava così conferma quanto emerso con l’astensione sulla risoluzione al Consiglio di sicurezza allargato del 26 febbraio 2022 da parte degli Emirati Arabi Uniti, un importante alleato militare degli Stati Uniti e membro dell’Opec, che in quell’occasione si allinearono invece al voto di Cina e India.Il voto all’Onu aveva indubbiamente evidenziato la netta divergenza di valutazioni fra l’area di più antica industrializzazione del pianeta, la cui componente anglosassone si contraddistingueva da tempo per essere in posizione debitoria di capitali, e ampia parte dell’area emergente, di converso caratterizzata dall’essere in posizione creditrice di capitali, a partire da Cina e Federazione Russa.Un’ulteriore occasione di consolidamento di un blocco di interessi alternativo a quello occidentale si è avuta lo scorso 2-3 giugno 2023, con la riunione presso Cape Town del summit annuale dei Brics (Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica). Benché non sia stato diffuso alcun comunicato sull’esito dell’incontro, si può ritenere che due siano stati i principali temi all’ordine del giorno.In primo luogo, secondo quanto anticipato da Anil Sooklal, ambasciatore sudafricano presso i Brics, «l’allargamento del blocco economico emergente e il modo in cui esso può essere raggiunto». Dalla sua formazione nel 2006, l’allora gruppo Bric ha infatti aggiunto un solo nuovo membro, il Sudafrica, nel 2010. Il summit dovrebbe aver aperto la discussione inerente ai criteri per nuove adesioni, che dovrebbe concludersi entro il prossimo agosto quando il gruppo tornerà a riunirsi.Secondo quanto riportato da Zero Hedge il 2 maggio, sarebbero 5 i Paesi produttori di petrolio – Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti, Algeria e Iran tra i membri Opec, Bahrain tra quelli non-Opec – che avrebbero formalmente espresso richiesta di adesione ai Brics. Il numero di Paesi che avanzerebbe la propria candidatura potrebbe però rivelarsi molto maggiore, arrivando addirittura a 25 (e a quel punto diventerà presumibilmente necessario cambiare l’acronimo del raggruppamento), comprendendo altri importanti produttori di energie fossili come Nigeria e Venezuela per l’OPpec, Kazakhstan, Messico e Sudan per i non-Opec.Il secondo tema di discussione avrebbe invece riguardato la possibilità di adottare un’unica valuta di riferimento, o più realisticamente un paniere di valute da utilizzare in «parallelo» a quelle nazionali, con l’obiettivo di creare un sistema di pagamenti del commercio intra-Brics alternativo a quello del dollaro. A tal riguardo, centrale sarà il ruolo che assumerà la New Development Bank (Ndb), attualmente presieduta dall’ex presidente del Brasile, Dilma Rousseff. L’istituzione finanziaria ha sede in Cina ed è nata dagli accordi interstatali raggiunti durante il sesto summit dei Brics del 15 luglio 2014, come risposta alla mancata riforma interna al Fondo Monetario Internazionale e il rifiuto dei Paesi più sviluppati di attuare una distribuzione più equa delle quote di voto di Usa e Ue a favore dei Paesi cosiddetti «in via di sviluppo». «I Paesi seri e che si rispettano sono ben consapevoli della posta in gioco, vedono l’incompetenza dei “padroni” dell’attuale sistema monetario e finanziario internazionale e vogliono creare propri meccanismi per garantire uno sviluppo sostenibile, che sarà protetto da dettami esterni», le parole utilizzate dal ministro degli Esteri della Federazione russa, Sergey Lavrov, lo scorso 25 gennaio.Ad oggi, la New Development Bank ha impiegato 33 miliardi di dollari per 96 progetti nei cinque Paesi membri fondatori, mentre il 29 maggio, avrebbe annunciato l’emissione di obbligazioni panda per un valore di 8,5 miliardi di yuan (pari a 1,23 miliardi di dollari) nel mercato obbligazionario interbancario cinese, con l’obiettivo di finanziare progetti di sviluppo sostenibile. La cifra dell’emissione è esile, ma all’iniziativa è assegnata un’alta valenza politica. In merito al tema del sistema di pagamenti del commercio intra-Brics alternativo al dollaro, la Federazione russa dovrà prestare attenzione nel non spingere eccessivamente su questo tasto che la vede esposta molto più degli altri membri a causa del conflitto in Ucraina.Attualmente, il blocco dei Brics già esprime infatti il 43% della popolazione mondiale, il 26% del Pil in termini nominali e il 18% del commercio mondiale. Cifre comunque destinate a crescere, tanto che stime di Bloomberg valutano che entro il 2028 i Brics arriveranno a rappresentare il 35% del Pil mondiale, contro il 27,8% del G7. Un riequilibrio che evidentemente sarà tanto più pronunciato quanto più ampia sarà l’adesione di nuovi Paesi al blocco dei Brics. Ne deriverà un’accresciuta capacità di portare il G7 a discutere i principali temi dell’Agenda globale (Fmi, Banca Mondiale, Agenda sul Clima) in maniera più equa rispetto a quanto sia stato fatto sino ad oggi.
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