2019-07-10
Due botte per Di Maio. Manette al forno dell’Ilva
e Alitalia nazionalizzata
L'ordine dopo che il gup ha negato il dissequestro a causa dei rischi per i lavoratori. La notizia arriva proprio durante l'incontro nel quale il Mise cercava di mediare con l'azienda sullo scudo legale escluso dal dl Crescita.Il Mise annuncia l'intenzione di alzare l'investimento pubblico nell'ex compagnia di bandiera. Resta solo Delta come partner industriale. Previsti comunque 2.000 esuberi oltre ai 900 milioni già spesi.Lo speciale contiene due articoli.Giornata particolarmente nera quella di ieri per il ministro del Lavoro e dello Sviluppo economico, Luigi Di Maio. Alitalia si avvia alla nazionalizzazione per mancanza di un vero partner industriale; allo stabilimento ex Ilva di Taranto viene confermata la richiesta di 1.400 dipendenti da mettere in cassa integrazione e, mentre si litiga al tavolo del Mise con Arcelor Mittal, la magistratura conferma il sequestro dell'Altoforno 2. Una botta che arriva a spezzare gli equilibri fin troppo instabili imposti dai 5 stelle. Nelle scorse settimane il Movimento si è adoperato per inserire un emendamento al decreto Crescita con l'obiettivo di togliere la copertura legale garantita agli acquirenti dell'Ilva meno di un anno fa. L'accordo era stato firmato dallo stesso Luigi Di Maio che ora, evidentemente, sente la necessità di rappacificarsi con il proprio elettorato effetto dalla sindrome Nimby. Così il mese scorso ha annunciato di voler azzerare lo scudo penale, che è bene ribadire serviva solo a coprire le attività fuori regola ma in fase di ristrutturazione in base al piano ambientale concordato con l'Ue. A quel punto Arcelor Mittal aveva annunciato i 1.400 esuberi. Ieri durante l'incontro il gruppo siderurgico angloindiano ha confermato i numeri e i vertici del Mise stavano cercando di trovare una soluzione politica tentando di convincere Arcelor che anche senza uno scudo vero e proprio non sarebbe successo nulla allo stabilimento. Negli stessi minuti i grillini facevano trapelare dichiarazioni di Di Maio decisamente più ostili. «Voglio essere ben chiaro. Non esiste alcuna possibilità che l'immunità penale torni», riportano le agenzie. In questi mesi di interlocuzione ho sempre detto ad Arcelor Mittal che la dirigenza dell'azienda non ha nulla da temere dal punto di vista legale se dimostra buona fede continuando nell'attuazione del piano ambientale: se si chiede di precisare questo concetto attraverso interpretazioni autentiche anche per norma, siamo assolutamente disponibili», prosegue l'agenzia. Ma, conclude, «nessuna persona in questo paese potrà mai godere di una immunità per responsabilità di morti sul lavoro o disastri ambientali». Peccato che, ad azzerare tutti i ragionamenti del ministro, alla sala del ministero si sia affacciata direttamente la Procura di Taranto, che alla luce di precedenti sentenze della corte Costituzionale tramite il gup ha negato il dissequestro dell'altoforno 2. Si tratta dello sviluppo giudiziario dell'incidente avvenuto a giugno 2015 e costato la vita all'operaio Alessandro Morricella, che morì ustionato, investito dalla ghisa. Il giudice dell'udienza preliminare, Pompeo Carriere, occupandosi del procedimento per la morte di Morricella, ha rigettato l'istanza presentata dai commissari straordinari di Ilva in amministrazione straordinaria. Da oggi i commissari della bad company, stando a quanto risulta alla Verità, in accordo con Arcelor Mittal avanzeranno un'istanza per chiedere la sospensione in modo da poter aggiornare i sistemi di sicurezza secondo gli standard richiesti anche dai giudici. Ci sarà sicuramente battaglia nelle aule, ma il tema politico si infrange su tutta la strategia grillina, se a questo punto ancora così si può chiamare. Il decreto Crescita è in Gazzetta dal primo luglio. Non è dato sapere se i giudici senza la modifica di legge a sfavore dell'Ilva si sarebbero mossi lo stesso, ma la coincidenza va presa in considerazione. Non solo, la notizia renderà ancor più difficile trovare una via di uscita per evitare la cassa integrazione. Una botta per Di Maio che si avvia a dover gestire anche i nodi del dossier Alitalia. Sempre ieri mattina il Mise ha fatto trapelare la notizia dell'intervento massiccio di Ferrovie dello Stato e del Mef in modo da ottenere la quota di maggioranza dell'ex compagnia di bandiera. Pur con Delta e con gli altri piccoli pretendenti non si arriverebbe a coprire il fabbisogno. Risultato: i contribuenti dovranno dire per sempre addio ai 900 milioni di prestito ponte. E comunque anche lungo il cammino della nazionalizzazione toccherà a Di Maio annunciare altri esuberi per Alitalia. Un risultato che lo vedrà nel mirino della Lega. Da tempo il Carroccio non nasconde il disagio per le troppe cariche che il leader grillino ricopre e che non sembra gestire nel modo più efficiente. Senza contare gli altri tavoli di crisi che vanno da Mercatone Uno fino a Whirlpool. Se Di Maio si fa scoppiare l'Ilva tra le mani, esuberi e cassa integrazione rischiano di decuplicare e far scappare un investitore estero di quella portata è l'ultimo dei biglietti da visita di cui l'Italia ha bisogno. Tanto più che l'unico motivo per innescare la bomba Taranto è stato un motivo elettorale che vale per giunto un pugno di voti<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/i-pm-spengono-un-forno-dellex-ilva-arcelor-conferma-i-1-400-esuberi-2639144990.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="alitalia-verso-la-nazionalizzazione-fs-e-mef-avranno-la-maggioranza" data-post-id="2639144990" data-published-at="1761398766" data-use-pagination="False"> Alitalia verso la nazionalizzazione. Fs e Mef avranno la maggioranza Ritorno al futuro per Alitalia: il 15 luglio dovrebbe essere la data fatidica per conoscere il destino dell'ex compagnia di bandiera, ed è un avvenire che sa molto di passato. Perché, secondo quanto è emerso ieri, il salvataggio sarà di fatto una nazionalizzazione: la newco vedrà infatti come soci di maggioranza le Ferrovie dello Stato e il ministero dell'Economia. Per la costituzione della nuova compagnia l'impegno di Fs dovrebbe attestarsi intorno al 35%, mentre la quota del ministero dell'Economia dovrebbe essere pari al 15%. La norma che consente al Tesoro l'ingresso in Alitalia è stata approvata con il decreto Crescita, e prevede che il Mef possa sottoscrivere quote della nuova società fino a un tetto massimo pari all'importo maturato a titolo di interessi sul prestito ponte da 900 milioni di euro, che, secondo i calcoli contenuti nella relazione tecnica al decreto, ammontano a circa 145 milioni. A confermare che la trattativa è ormai in dirittura d'arrivo, e che non ci saranno più proroghe o rinvii, è stato lo stesso ministro dello Sviluppo economico e vicepremier, Luigi Di Maio, nel corso dell'incontro di ieri con i sindacati a palazzo Chigi. Come ha riferito Pierpaolo Leonardi dell'Usb, Di Maio avrebbe fatto sapere che sulla questione Alitalia «siamo vicini alla soluzione» e che «probabilmente la prossima settimana si chiude». La scadenza del 15 luglio, diversamente dalle altre, dovrebbe quindi essere rispettata: lunedì prossimo scade il termine per presentare offerte vincolanti per l'ex compagnia di bandiera e ancora non si conosce il nome del quarto socio, che dovrebbe affiancare Fs, il Mef e gli americani di Delta Airlines mettendo sul piatto 300 milioni, pari a circa il 40% del capitale della nuova società. A questo proposito, secondo fonti sindacali, Di Maio avrebbe citato il nome del patron della Lazio, Claudio Lotito, da tempo in predicato di entrare nella newco: per il vicepremier, Lotito deve però «diimostrare la sua solidità finanziaria». A manifestare interesse per una quota tra il 30% e il 40% della newco è stato anche German Efromovich, primo socio con il 79% della compagnia colombiana Avianca, che al momento si trova in Italia per mettere a punto l'eventuale offerta. Ma i dubbi non mancano e riguardano sia la solidità finanziaria di Efromovich, sia il fatto che Avianca faccia parte dell'alleanza globale Star Alliance, concorrente della Sky Team a cui aderiscono Alitalia e Delta. E proprio gli americani avrebbero espresso la loro contrarietà all'ingresso di Efromovich nella nuova compagnia. Resta poi sul tavolo l'ipotesi Carlo Toto: l'imprenditore abruzzese, già patron di Air One, si è detto pronto a investire nella nuova Alitalia i 215 milioni incassati dalla vendita di asset eolici negli Usa e ha mandato una lettera a Di Maio, in cui ha scritto di voler essere «un partner industriale di riferimento». A quanto è emerso ieri, l'offerta di Toto avrebbe impressionato positivamente degli americani di Delta. Appare invece in salita la strada per Atlantia: nonostante l'apertura dello stesso Di Maio - «Se Atlantia vuol fare un'offerta per Alitalia la può fare, l'importante è che non pensi che ci siano scambi sul tavolo delle concessioni autostradali», aveva fatto sapere il vicepremier - l'ipotesi che la holding dei Benetton rientri in partita sembra improbabile. Chiunque sia il quarto socio, la nuova Alitalia sarà controllata, di fatto, dallo Stato: un'evoluzione che a molti era apparsa dall'inizio inevitabile, anche se lascia molte perplessità sulla gestione dell'intera vicenda. E mentre il presidente di Confindustria Vincenzo Boccia ha auspicato che Alitalia, «integrata a Ferrovie, diventi un grande soggetto attrattivo di turisti dal mondo verso l'Italia e competitivo per inviare le nostre merci nel mondo», i sindacati hanno espresso forti preoccupazioni per le possibili ripercussioni sul fronte occupazionale e hanno proclamato per il 26 luglio uno sciopero di 4 ore per l'intero settore del trasporto aereo, e di 24 ore per piloti e assistenti di volo del gruppo. Secondo le indiscrezioni, la nuova Alitalia esordirebbe con circa 2.000 esuberi tra personale di terra e di volo. «Su Alitalia serve trovare una soluzione, ma soprattutto serve che chi entra presenti un piano industriale, che significa quali investimenti si fanno, quali rotte si prevedono e non esuberi né tagli ai salari: i lavoratori hanno già pagato abbastanza, i sacrifici li hanno già fatti e non sono più disponibili a farne altri», ha sintetizzato il segretario generale della Cgil, Maurizio Landini. E anche per questo aspetto dopo il 15 luglio il quadro dovrebbe essere più chiaro.
La riunione tra Papa Leone XIV e i membri del Consiglio Ordinario della Segreteria generale del Sinodo dei Vescovi dello scorso giugno (Ansa)
Auto dei Carabinieri fuori dalla villetta della famiglia Poggi di Garlasco (Ansa)