Invecchiamento: baby boomers più longevi, occupati e meno poveri delle generazioni precedenti
Gli anziani italiani stanno bene in salute, lavorano, sono autonomi e indipendenti e spesso più ricchi dei loro figli, ai quali forniscono aiuto concreto nella gestione della famiglia, sostituendosi a un sistema di welfare che mostra sempre più le sue lacune. Sono alcuni dei dati emersi dal rapporto nazionale sull’attuazione del Piano di azione internazionale di Madrid sull'invecchiamento, realizzato dall’Inapp (Istituto nazionale per l’analisi delle politiche pubbliche).
La pandemia da Covid-19 non ha rallentato il processo di invecchiamento della società italiana, la cui età media è ora di 46 anni. La ricerca evidenzia che l’Italia è il Paese con più over 65 nell’Europa a 27 (23,5%): nella penisola il 38,5% degli occupati ha più di 50 anni – nel 2022 la percentuale era del 21,6% - e la povertà assoluta per questa fascia di età si è dimezzata in meno di vent’anni (dal 15% del 2002 al 7,6% del 2020). Rispetto a due decenni fa, invecchiare in Italia significa quindi lavorare ancora (il tasso di occupazione cresce di 11 punti percentuali), migliori prospettive di salute(+9,1 punti percentuali), maggiore autonomia e indipendenza (+3,3 punti percentuali), e un rischio di povertà più contenuto (-7,4 punti percentuali). Il pilastro pensionistico pubblico, spiega il rapporto, «oltre ad aver contribuito a una permanenza prolungata dei lavoratori e delle lavoratrici nel mercato del lavoro a seguito del progressivo innalzamento dell’età pensionabile, ha favorito il contenimento del rischio di povertà al di sopra dei 65 anni». Fra il 2005 e il 2020 in questa fascia di popolazione l’incidenza della povertà relativa è infatti rimasta più o meno costante (intorno al 5%) mentre la povertà assoluta ha fatto registrare una marcata diminuzione, dal 15% del 2002 al 7,6% del 2020. La percentuale di quanti sono esenti dal rischio di povertà si è ulteriormente ampliata (dall’88,5% del 2010 al 92,4% del 2020). Sempre più anziani in Italia vivono in modo autonomo e indipendente (+3,31%) e in condizioni di salute in costante miglioramento: la percentuale di anni in buona salute sull’aspettativa di vita dopo i 55 anni è cresciuta per entrambi i generi di 9,1 punti, nonostante l’impatto della pandemia.
Invecchiare per gli italiani significa anche diventare uno dei punti di riferimento principali per il cosiddetto sistema di welfare «informale», cioè le attività di cura di nipoti o altri bambini (in aumento di 4,3 punti percentuali rispetto al 2010), o di cura di altri anziani – spesso il coniuge – o di persone in condizioni di disabilità.
«Il tasso di invecchiamento della popolazione italiana è tra i più alti d’Europa. a questo concorrono da un lato l’allungamento della durata della vita e dall’altro il calo del tasso di natalità. Per riequilibrare la struttura demografica della popolazione italiana occorrerebbe agire proprio sull’aumento del tasso di natalità», commenta il presidente dell’Inapp, Sebastiano Fadda. Tra le cause della scarsa natalità è sicuramente «molto importante la carenza e l’insufficienza dei servizi di welfare. In questo senso la popolazione anziana contribuisce a frenare la caduta del tasso di natalità, perché da un lato contribuisce finanziariamente per compensare le situazioni di precarietà del lavoro e del reddito in cui versano diverse famiglie, e d’altra parte fornisce servizi di cura, soprattutto nei confronti dei bambini, che vanno a colmare le lacune del sistema di welfare. In questo ambito l’onere maggiore ricade sulla componente femminile, quindi si riproduce la disuguaglianza di genere».
Proprio per questo, secondo Fadda «una delle priorità di intervento per il prossimo futuro è rappresentata dalla questione di genere. Le disuguaglianze continuano infatti a presentarsi nel contesto delle trasformazioni dei modelli e delle dimensioni familiari, nelle relazioni di coppia e negli stessi servizi di cura. ll rapporto tra le generazioni e la struttura demografica influenzano i modelli culturali, nonché le trasformazioni del lavoro e dei processi di sviluppo della vita sociale. Inoltre risulta evidente la necessità di coordinare e integrare tutte le politiche per l’invecchiamento, nelle diverse funzioni e nei diversi ambiti di intervento, in modo da favorire la realizzazione di azioni coerenti con gli obiettivi dello sviluppo sostenibile».
Tra i beni «rifugio» che garantiscono sicurezza ma anche rendimenti interessanti ci sono le bottiglie di pregio: vini ma anche liquori. Come rivela la sedicesima edizione del The Wealth Report di Knight Frank, società specializzata nel mercato del real estate di lusso a livello mondiale, investire in vino è senza dubbio una scelta legata a una passione, esattamente come per altri beni come orologi, arte, monete, borse, automobili, gioielli e diamanti.
In cosa scelgono di investire i super ricchi per proteggere il loro patrimonio dai rischi, che si moltiplicano nella difficile congiuntura che stiamo attraversando? Tra i beni «rifugio» che garantiscono sicurezza ma anche rendimenti interessanti ci sono le bottiglie di pregio: vini ma anche liquori. Come rivela la sedicesima edizione del The Wealth Report di Knight Frank, società specializzata nel mercato del real estate di lusso a livello mondiale, investire in vino è senza dubbio una scelta legata a una passione, esattamente come per altri beni di lusso da collezione come orologi, arte, monete, whisky rari, borse, automobili, gioielli e diamanti. La redditività media di questi asset, in base al Knight Frank Luxury Investment Index, è stata del +9% nel 2021 e del +123% negli ultimi 10 anni. Il vino ha fatto ancora meglio: +16% nel 2021 e +137% sui dieci anni, mentre il whisky, almeno sul lungo periodo, ha registrato uno spettacolare +428%. Nonostante la pandemia, le difficoltà della catena di approvvigionamento e i tragici fatti che riguardano il conflitto in corso in Ucraina, il mercato dei vini pregiati si sta dimostrando molto solido: l’indice Liv-ex 100, che misura l’andamento del mercato dei vini pregiati, nel 2021 ha registrato una crescita del 23,1% e anche il 2022 si è aperto in positivo, con un +1,8% per il mese di gennaio.
Un mercato interessante e ancora poco esplorato: In Italia, rivela la ricerca di Intesa Sanpaolo Private Banking «Collezionisti e Valore dell’Arte in Italia», il vino pregiato viene scelto solamente dall’1% dei collezionisti contro il 21% di appassionati di dipinti e pitture, il 17% di fotografie e il 16% di sculture e opere su carta, evidenziando quindi un forte margine di crescita nel nostro Paese rispetto alle stime mondiali. Cosa rende il vino un asset di investimento interessante? «Il vino pregiato presenta caratteristiche uniche che lo rendono oggetto di attenzioni crescenti nel panorama odierno degli investimenti», spiega Luigi Sangermano, ad di Laurent-Perrier Italia, divisione della nota maison francese di produzione e commercializzazione di champagne. «Innanzitutto ha una bassa correlazione con i mercati economici più tradizionali, condizione che rende questo bene più resistente alle problematiche legate al tragico conflitto in corso, come l’aumento dell’inflazione o possibili scenari futuri di recessione. Inoltre, si tratta di un bene perfetto per diversificare il portafoglio di investimenti: se i mercati azionari, infatti, oscillano seguendo i risultati aziendali e sono condizionati dagli eventi geopolitici internazionali, i vini di pregio sono soggetti ad altri fattori come la qualità dei raccolti e le condizioni meteorologiche. I vini di alta gamma, inoltre, vengono prodotti in quantità limitate seguendo rigorosi procedimenti per essere affinati anno dopo anno. Con il passare del tempo le bottiglie iniziano ad entrare nella cosiddetta finestra di consumo: inevitabilmente l'offerta inizia a ridursi facendo così salire il prezzo delle bottiglie rimaste sul mercato. Investire in questo bene permette quindi di avere un punto di vista assai più ampio rispetto ai tradizionali investimenti in beni rifugio quali oro, orologi e diamanti, sui quali prevedo una bolla speculativa nei prossimi anni che farà calare le quotazioni».
Secondo il report di Knight Frank Luxury Investment, nel 2021 gli investimenti in beni di lusso sono cresciuti complessivamente del 9%: in questa speciale classifica il vino pregiato è a pari merito con gli orologi da collezione (+16%), seguito dalle opere d’arte (+13%), e dalle monete antiche e dai whisky di pregio, che fanno registrare un incremento del 9%. Chi sono gli investitori che scelgono di puntare sulle bottiglie di alta gamma? «Negli ultimi anni abbiamo assistito alla nascita di diversi portali che hanno facilitato gli investimenti dando la possibilità di entrare in questo mercato anche ai non appassionati del settore», sottolinea Sangermano. «Questo ha portato a due conseguenze: da una parte l’apertura agli investimenti del fine wine anche alle economie emergenti, soprattutto agli Emirati Arabi, e dall’altra parte, l’interesse da parte dei giovani investitori – quelli appartenenti alla Gen Z e i Millennial - a questo mercato. Ovviamente permangono determinati profili di investitori, come i broker che comprano per fare profitto e le persone che comprano, invece, per poi consumare il bene».
Si tratta comunque di un mercato in rapida evoluzione: stanno ad esempio facendo la loro comparsa le prime edizioni limitate di bottiglie dove l’Nft (Non-Fungible Token) rappresenta l’etichetta del vino ed è realizzata da artisti digitali. Oltre a garantire l’autenticità della bottiglia, sarà possibile rivendere facilmente l’oggetto acquistato scambiando l’Nft, perché il sistema di tracciamento della blockchain registra ogni transazione e aggiorna automaticamente il certificato di proprietà digitale della bottiglia. Si tratta di un mercato ancora in fase embrionale, ma già diverse cantine stanno iniziando a muoversi con iniziative in questo senso. Per Sangermano «le prospettive nel medio termine sono buone soprattutto rispetto agli altri beni rifugio: penso che il 2022 consoliderà un buon +15% di ritorno dell’investimento. Un discorso a parte riguarda gli Nft sulle bottiglie di pregio: in questo caso siamo dinnanzi ad operazioni anche speculative. Insieme all’acquisto della bottiglie molte volte si acquista, inclusa nell’Nft, anche un’esperienza, ad esempio una visita allo chateau di produzione oppure una serata stellata con un sommelier di fama internazionale. In questi casi, l‘incremento di valore può essere ben più alto di quello di routine, ma ovviamente tutto sta a scegliere l’Nft giusto. Il consiglio di un esperto in questi casi è fondamentale».
La capacità di gestire il denaro è una delle caratteristiche più attraenti per chi cerca l'amore
Cosa cercano le persone in un partner? Certamente contano le doti fisiche e l’affinità caratteriale, ma non solo. Secondo una ricerca elaborata da Moneyfarm, per un terzo degli italiani saper gestire il proprio denaro è una caratteristica fondamentale, che promette una vita di coppia serena e per questo rende chi la possiede più attraente.
È quanto emerso da una ricerca sul benessere finanziario condotta dalla società di investimento con approccio digitale Moneyfarm e dalla società specializzata in studi comportamentali Dectech, su un campione rappresentativo della popolazione di due Paesi, Italia e Regno Unito.
Mostrarsi in grado di tenere i conti e di conoscere il valore del denaro è quindi un buon punto di partenza per chi cerca l’anima gemella: per un italiano su tre (33%) la capacità di gestire in modo responsabile le finanze è la caratteristica più attraente in un partner, più importante del suo aspetto e della sua personalità. Il 32% non contempla minimamente l’idea di frequentare un partner che non abbia i conti in ordine.
Le aspettative sono più alte al crescere del reddito: nella fascia più benestante del campione – il segmento high affluence, con un reddito annuo superiore a 50.000 euro – il 54% si attende che il partner provveda al mantenimento della coppia, una percentuale superiore al 50% della fascia low affluence. Maggiori entrate significano però anche più diffidenza: solo il 14% degli high affluence dice di fidarsi davvero di come il partner gestisce i soldi (contro il 21% della fascia low affluence) e il 32% preferisce che i patrimoni restino separati (25% nella fascia low affluence).
L’argomento «soldi» è uno delle più frequenti cause di lite nelle coppie e può portare anche a rotture: secondo lo studio, un italiano su quattro ha ammesso di aver interrotto una relazione almeno una volta nella vita a causa di ansia, stress o preoccupazioni causati dalla gestione delle finanze. Tra chi afferma di aver lasciato per problemi di denaro propri (5%) o del partner (8%) e chi dichiara invece di essere stato lasciato per problemi di denaro propri (7%) o del partner (5%), appare chiaro come le questioni finanziarie abbiano un ruolo centrale in una relazione sentimentale.
Nell’ultimo anno, in particolare, lo stress finanziario ha avuto un «impatto negativo» sul 19% delle coppie italiane, in particolare su quelle in cui gli introiti sono inferiori (nel 23% dei casi, contro il 12% del segmento high affluence). Il 23% degli intervistati ha dovuto chiedere un prestito a partner, amici o familiari, mentre il 22% del campione ha ammesso che le questioni economiche sono state fonte di veri e propri litigi. «Il benessere finanziario non deriva solo ed esclusivamente dalla grandezza del patrimonio che si possiede: il modo in cui si gestisce questo patrimonio, piccolo o grande che sia, fa la differenza», ha osservato Vincenzo Cuscito, senior investment consultant di Moneyfarm. «A maggior ragione quando non si è detentori di grandi patrimoni, un approccio responsabile e lungimirante alla gestione del risparmio, con l’aiuto di un consulente esperto, aiuta le persone a sentirsi più serene e intrattenere relazioni affettive stabili e durature».
Se lo stress finanziario pesa nella quotidianità, a maggior ragione influisce sulle decisioni importanti, come quella di mettere su famiglia. In un contesto che vede la natalità in Italia in caduta libera, lo studio di Moneyfarm conferma come sulla decisione di avere un figlio l’aspetto economico sia molto importante: il 19% degli intervistati ha fatto sapere di aver rimandato o, peggio, di aver accantonato del tutto l’idea di avere figli per questioni legate alla sfera finanziaria.




