
Tre francesi su quattro lo vogliono fuori dall'Eliseo. Mentre continuano i disordini lui va a fare l'eurofilo al Bundestag: l'eroe di Enrico Letta, Matteo Renzi e Paolo Gentiloni è già decotto.Ve lo ricordate il selfie di Enrico Letta, al Louvre, che festeggia la vittoria di Emmanuel Macron? Era il 7 maggio del 2017, appena 18 mesi fa. E il lungimirante tweet di Paolo Gentiloni («Evviva Macron. Una speranza si aggira per l'Europa»)? O ancora - soltanto un mese fa, alla Leopolda - la serenata di Matteo Renzi all'inquilino dell'Eliseo?Doveva essere il nuovo eroe, il leader antipopulista e antisovranista, il campione europeo capace di schiaffeggiare Donald Trump e mettere in riga Matteo Salvini e Viktor Orbán.E invece il povero Macron, divenuto Micron, è ormai un rottame. Le manifestazioni degli automobilisti inferociti per l'aumento della benzina gli hanno dato il colpo di grazia. Sabato, si sono complessivamente mobilitati 300.000 giubbetti gialli, quasi 3.000 posti di blocco in tutta la Francia, un Paese insorto contro di lui. Nella notte tra sabato e domenica, 3.500 attivisti sono rimasti in azione senza interruzioni, per garantire la ripresa di blocchi e manifestazioni, che infatti ieri sono proseguiti. E lui? Non potendo distribuire brioches, ha cercato di ridarsi un profilo internazionale, andando a parlare al Bundestag, con i consueti toni magniloquenti ed eurolirici, facendo rivoltare nelle tombe almeno quattro giganti: «È stato forse più facile per chi ci ha preceduto? Per Konrad Adenauer e Charles De Gaulle? Per François Mitterrand ed Helmut Kohl? Costruire la sovranità europea è oggi nostra responsabilità». Ma il suo dramma è che, con l'eccezione del Pd italiano, non gli crede più nessuno. In patria, dopo l'affaire Benalla (il bodyguard divenuto intimo della coppia presidenziale), la sua immagine è stata sfregiata. Aggiungiamo la rabbia dei dipendenti pubblici e ora quella degli automobilisti. La somma l'ha tirata ieri un terrificante (per lui) sondaggio Ifop, pubblicato dal Journal du Dimanche: popolarità crollata al 25%, record negativo dei suoi 18 mesi all'Eliseo, con altri 4 punti di consenso persi solo nel mese di novembre. In pratica, 3 francesi su 4 non vedono l'ora di liberarsi di lui. Insomma, un'avventura politica sembra finita. Ed è anche un monito a un establishment che, un anno e mezzo fa, tentò la carta del Manchurian candidate (per citare un celebre film), cioè la creazione in laboratorio di una leadership, la fecondazione in vitro di un capo politico. Non solo l'operazione non è riuscita, ma lo stesso «prototipo» sembra in crisi anche personale. Come sapete, La Verità è l'unico giornale italiano che, due settimane fa, abbia riportato le voci di un possibile (vero o presunto) esaurimento nervoso del presidente francese. Per giorni le voci si rincorsero. Poi, lui stesso tentò di spazzar via ogni dubbio ripresentandosi in pubblico, in Normandia, nella bellissima località di Honfleur, per salutare una piccola folla e rassicurare. Apparizione studiatissima. Un Macron figo, con tanto di giubbotto di pelle e sorriso d'ordinanza, che per due volte dice: «Da 20 anni vengo qui a Honfleur ogni primo dell'anno». Ma era il primo di novembre. Forse solo un piccolo lapsus, forse invece un pugile suonato.
Nadia e Aimo Moroni
Prima puntata sulla vita di un gigante della cucina italiana, morto un mese fa a 91 anni. È da mamma Nunzia che apprende l’arte di riconoscere a occhio una gallina di qualità. Poi il lavoro a Milano, all’inizio come ambulante e successivamente come lavapiatti.
È mancato serenamente a 91 anni il mese scorso. Aimo Moroni si era ritirato oramai da un po’ di tempo dalla prima linea dei fornelli del locale da lui fondato nel 1962 con la sua Nadia, ovvero «Il luogo di Aimo e Nadia», ora affidato nelle salde mani della figlia Stefania e dei due bravi eredi Fabio Pisani e Alessandro Negrini, ma l’eredità che ha lasciato e la storia, per certi versi unica, del suo impegno e della passione dedicata a valorizzare la cucina italiana, i suoi prodotti e quel mondo di artigiani che, silenziosi, hanno sempre operato dietro le quinte, merita adeguato onore.
Franz Botrè (nel riquadro) e Francesco Florio
Il direttore di «Arbiter» Franz Botrè: «Il trofeo “Su misura” celebra la maestria artigiana e la bellezza del “fatto bene”. Il tema di quest’anno, Winter elegance, grazie alla partnership di Loro Piana porterà lo stile alle Olimpiadi».
C’è un’Italia che continua a credere nella bellezza del tempo speso bene, nel valore dei gesti sapienti e nella perfezione di un punto cucito a mano. È l’Italia della sartoria, un’eccellenza che Arbiter celebra da sempre come forma d’arte, cultura e stile di vita. In questo spirito nasce il «Su misura - Trofeo Arbiter», il premio ideato da Franz Botrè, direttore della storica rivista, giunto alla quinta edizione, vinta quest’anno da Francesco Florio della Sartoria Florio di Parigi mentre Hanna Bond, dell’atelier Norton & Sons di Londra, si è aggiudicata lo Spillo d’Oro, assegnato dagli studenti del Master in fashion & luxury management dell’università Bocconi. Un appuntamento, quello del trofeo, che riunisce i migliori maestri sarti italiani e internazionali, protagonisti di una competizione che è prima di tutto un omaggio al mestiere, alla passione e alla capacità di trasformare il tessuto in emozione. Il tema scelto per questa edizione, «Winter elegance», richiama l’eleganza invernale e rende tributo ai prossimi Giochi olimpici di Milano-Cortina 2026, unendo sport, stile e territorio in un’unica narrazione di eccellenza. A firmare la partnership, un nome che è sinonimo di qualità assoluta: Loro Piana, simbolo di lusso discreto e artigianalità senza tempo. Con Franz Botrè abbiamo parlato delle origini del premio, del significato profondo della sartoria su misura e di come, in un mondo dominato dalla velocità, l’abito del sarto resti l’emblema di un’eleganza autentica e duratura.
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A rischiare di cadere nella trappola dei «nuovi» vizi anche i bambini di dieci anni.
Dopo quattro anni dalla precedente edizione, che si era tenuta in forma ridotta a causa della pandemia Covid, si è svolta a Roma la VII Conferenza nazionale sulle dipendenze, che ha visto la numerosa partecipazione dei soggetti, pubblici e privati del terzo settore, che operano nel campo non solo delle tossicodipendenze da stupefacenti, ma anche nel campo di quelle che potremmo definire le «nuove dipendenze»: da condotte e comportamenti, legate all’abuso di internet, con giochi online (gaming), gioco d’azzardo patologico (gambling), che richiedono un’attenzione speciale per i comportamenti a rischio dei giovani e giovanissimi (10/13 anni!). In ordine alla tossicodipendenza, il messaggio unanime degli operatori sul campo è stato molto chiaro e forte: non esistono droghe leggere!
Messi in campo dell’esecutivo 165 milioni nella lotta agli stupefacenti. Meloni: «È una sfida prioritaria e un lavoro di squadra». Tra le misure varate, pure la possibilità di destinare l’8 per mille alle attività di prevenzione e recupero dei tossicodipendenti.
Il governo raddoppia sforzi e risorse nella lotta contro le dipendenze. «Dal 2024 al 2025 l’investimento economico è raddoppiato, toccando quota 165 milioni di euro» ha spiegato il premier Giorgia Meloni in occasione dell’apertura dei lavori del VII Conferenza nazionale sulle dipendenze organizzata dal Dipartimento delle politiche contro la droga e le altre dipendenze. Alla presenza del presidente della Repubblica Sergio Mattarella, a cui Meloni ha rivolto i suoi sentiti ringraziamenti, il premier ha spiegato che quella contro le dipendenze è una sfida che lo Stato italiano considera prioritaria». Lo dimostra il fatto che «in questi tre anni non ci siamo limitati a stanziare più risorse, ci siamo preoccupati di costruire un nuovo metodo di lavoro fondato sul confronto e sulla condivisione delle responsabilità. Lo abbiamo fatto perché siamo consapevoli che il lavoro riesce solo se è di squadra».





