2025-03-02
I filo Kiev si spaccano: Iv scarica Calenda
Il leader di Azione oggi sfilerà per l’Ucraina insieme al Pd, ma non con gli ex alleati renziani, che lanciano un altro sit in. Scalfarotto: «Iniziativa giusta, ridicolo la faccia lui». Assenti anche i 5 stelle. Frizioni tra Forza Italia e Lega sulla sberla di Trump a Zelensky.La sinistra subisce l’effetto Serra (nel senso di Michele) e va in piazza per l’Europa. Anzi corre - quasi fosse il palio di scena - perché oggi Carlo Calenda anticipa tutti con una sua manifestazione a Roma e Milano, dove ci saranno anche le delegazioni del Pd, e in altre venti città, mentre Ivan Scalfarotto a nome dei renziani - vi ricordate? una volta erano uniti a Calenda nel fu Terzo polo - annuncia un sit in davanti alla sede della Commissione Ue a Milano sotto le insegne di Mario Draghi e contro «Trump che ha umiliato il presidente di un Paese in lotta per i diritti di libertà». Il corsivista di Repubblica l’ha buttata lì: vediamoci senza bandiere se non quella azzurra pluristellata (ma non pentastellata perché Giuseppe Conte non ci sta, lui vuole un’altra piazza a Roma il 5 aprile contro il governo Meloni) per dire agli Usa che l’Ue non si tocca. Quando e dove? I sindaci da sinistra Ztl già si contendono l’ospitalità: Beppe Sala candida Milano, Gaetano Manfredi, il sindaco di Napoli e presidente dell’Anci, è per un sit-in vista Vesuvio. Sul quando si pensa al 25 marzo - l’idea è di Riccardo Magi di +Europa - data della firma del trattato di Roma. Perché ci vuole calma, come predica il ministro degli Esteri Antonio Tajani in un esercizio d’equilibrismo tra Forza Italia e Matteo Salvini che sta con Donald senza se e senza ma. Chi vola alto è Giorgia Meloni: rilancia un vertice internazionale anche se un suo ministro - non a caso con delega agli Affari europei - Enrico Foti concede: «Purtroppo non c’è stato un capolavoro di diplomazia, è abbastanza strano perché gli accordi vengono preparati in modo accurato e non determinano queste situazioni». Ma se Fratelli d’Italia guarda alla realpolitik ci sono smottamenti nella maggioranza e nel variegato mondo della sinistra. Col Pd che cerca di incastrare Giorgia Meloni come «alleata privilegiata di Trump» che deve riferire in Aula e i capigruppo parlamentari di Fratelli d’Italia Galeazzo Bignami e Lucio Malan che replicano: «È una polemica strumentale e pretestuosa: Giorgia Meloni ha già in programma di riferire alle Camere il 18 e 19 marzo in vista del Consiglio europeo». Soccorre la massima di Ennio Flaiano per definire le reazioni alla lavata di capo che il presidente americano ha fatto al mimetico (nel senso dell’abbigliamento) presidente ucraino Volodymyr Zelensky: la situazione è grave ma non è seria. A Elly Schlein, che ha annunciato che «a una manifestazione per l’Ue noi ci saremo» e ha bollato Trump come colui il quale «ha scelto di stare con Putin e ha umiliato con inaudita violenza Zelensky» varrebbe la pena ricordare che è segretaria di un partito diretto erede di quel Pci che nel 57 votò contro il trattato di Roma. Eppure Donald a Elly un piacere lo ha fatto: per una volta tutte le correnti Pd si trovano unite. È l’effetto Serra: da Stefano Bonaccini che rilancia lo slogan «Se non ora, quando?» a Nicola Zingaretti a Piero Fassino vorrebbero tutti rifare in Italia «Euromaidan» la manifestazione che nel 2013 a Kiev ha poi aperto la strada a Zelensky. I due capigruppo del di Camera e Senato Chiara Braga e Francesco Boccia chiedono che Meloni vada in Parlamento a chiarire se «ha intenzione di abbandonare l’Ucraina al suo destino, se pensa di distinguersi dal resto dell’Europa e come intende rispondere all’arroganza degli Stati Uniti e di Trump». Il massimo lo ha raggiunto Carlo Calenda. Il leader di Azione oggi alle 17 manifesta a Roma col Pd, i suoi in altre venti città d’Italia con questa motivazione: «Trump è un bullo e mi fa impressione spiegare a chi ha votato la Meloni che ci ha rotto i coglioni, con la dignità e la forza della nazione esistono momenti della storia in cui o si è tosti o si è prede». Ivan Scalfarotto (renziano) replica: «È ridicolo che Carlo Calenda usi il nome di Stati Uniti d’Europa quando ha distrutto il progetto e ha regalato seggi a Strasburgo ai tifosi di Putin.» E si fa il suo sit-in milanese. La coppia di fatto Bonelli-Fratoianni (Avs) mette le mani avanti: «Sì alla piazza per l’Ue però non si parli di nuovi finanziamenti per le armi». Giuseppe Conte pur ammettendo che «andava assolutamente evitato lo scontro che è avvenuto alla Casa Bianca a favore di telecamere perché rischia di avvantaggiare Putin» avanza la richiesta di comunicazioni in aula del governo e niente più. I 5 Stelle si mobilitano il 5 aprile contro il governo e Elly Schlein ha detto che ci sarà. È il gioco delle piazze. Anche nella maggioranza Trump ha provocato mal di pancia. Antonio Tajani spegne però la polemica: «Bisogna vedere quale sarà l’evoluzione dopo questo colloquio, che certamente non è andato bene». Fi mette nel mirino la Lega con Raffaele Nevi: «Ognuno esprime le sue posizioni, Matteo Salvini da tempo è molto affascinato da Trump. Le tifoserie non vanno mai bene: noi dobbiamo provare a far superare l’impasse in cui l’Occidente si trova». Nell’ottobre del 22 però Silvio Berlusconi ai deputati forzisti riuniti disse: «Putin è stato costretto a reagire dopo una pressione militare dell’Ucraina in Donbass; arriva Zelensky, triplica gli attacchi. Zelensky, secondo me... lasciamo perdere, non posso dirlo». Matteo Salvini non demorde: «Dopo tre anni di guerra e centinaia di migliaia di morti, è giunta l’ora della Pace - scrive su X il leader della Lega - e se a Bruxelles qualcuno ancora usa toni bellici, come quasi tutti i giornalisti italiani (con poche valorose eccezioni), l’Italia ha il diritto e il dovere di lavorare, insieme agli Usa e chi cerca di evitare una Terza guerra mondiale, per restituire ai nostri figli un futuro di pace e prosperità. Trump è la campanella dell’ultimo giro anche per l’Europa. L’incontro con Zelensky non è ciò che insegnano le scuole di diplomazia, ma con un approccio più strong il risultato forse arriva a casa». La risposta leghista a Forza Italia è affidata a Paolo Formentini: «La calma invocata da Fi è impersonata dalla loro cara Ursula von der Leyen che sta portando l’Italia e l’intera Europa nel burrone. Trump sta imponendo un cambiamento epocale».
Thierry Sabine (primo da sinistra) e la Yamaha Ténéré alla Dakar 1985. La sua moto sarà tra quelle esposte a Eicma 2025 (Getty Images)
La Dakar sbarca a Milano. L’edizione numero 82 dell’esposizione internazionale delle due ruote, in programma dal 6 al 9 novembre a Fiera Milano Rho, ospiterà la mostra «Desert Queens», un percorso espositivo interamente dedicato alle moto e alle persone che hanno scritto la storia della leggendaria competizione rallystica.
La mostra «Desert Queens» sarà un tributo agli oltre quarant’anni di storia della Dakar, che gli organizzatori racconteranno attraverso l’esposizione di più di trenta moto, ma anche con memorabilia, foto e video. Ospitato nell’area esterna MotoLive di Eicma, il progetto non si limiterà all’esposizione dei veicoli più iconici, ma offrirà al pubblico anche esperienze interattive, come l’incontro diretto con i piloti e gli approfondimenti divulgativi su navigazione, sicurezza e l’evoluzione dell’equipaggiamento tecnico.
«Dopo il successo della mostra celebrativa organizzata l’anno scorso per il 110° anniversario del nostro evento espositivo – ha dichiarato Paolo Magri, ad di Eicma – abbiamo deciso di rendere ricorrente la realizzazione di un contenuto tematico attrattivo. E questo fa parte di una prospettiva strategica che configura il pieno passaggio di Eicma da fiera a evento espositivo ricco anche di iniziative speciali e contenuti extra. La scelta è caduta in modo naturale sulla Dakar, una gara unica al mondo che fa battere ancora forte il cuore degli appassionati. Grazie alla preziosa collaborazione con Aso (Amaury Sport Organisation organizzatore della Dakar e partner ufficiale dell’iniziativa, ndr.) la mostra «Desert Queens» assume un valore ancora più importante e sono certo che sarà una proposta molto apprezzata dal nostro pubblico, oltre a costituire un’ulteriore occasione di visibilità e comunicazione per l’industria motociclistica».
«Eicma - spiega David Castera, direttore della Dakar - non è solo una fiera ma anche un palcoscenico leggendario, un moderno campo base dove si riuniscono coloro che vivono il motociclismo come un'avventura. Qui, la storia della Dakar prende davvero vita: dalle prime tracce lasciate sulla sabbia dai pionieri agli incredibili risultati di oggi. È una vetrina di passioni, un luogo dove questa storia risuona, ma anche un punto d'incontro dove è possibile dialogare con una comunità di appassionati che vivono la Dakar come un viaggio epico. È con questo spirito che abbiamo scelto di sostenere il progetto «Desert Queens» e di contribuire pienamente alla narrazione della mostra. Partecipiamo condividendo immagini, ricordi ricchi di emozioni e persino oggetti iconici, tra cui la moto di Thierry Sabine, l'uomo che ha osato lanciare la Parigi-Dakar non solo come una gara, ma come un'avventura umana alla scala del deserto».
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