2018-12-11
I De Benedetti sterzano sul green. L’auto elettrica è il nuovo affare
Gli editori di «Repubblica» dal carbone alle auto ricaricabili: con la Sogefi producono (all'estero) sistemi di raffreddamento batterie per colossi come Volvo e Nissan. Ecotassa: mancano coperture.C'è stato un periodo in cui ai suoi spettacoli Beppe Grillo inneggiava all'auto a idrogeno e se la prendeva regolarmente con tutte le altre, «verdi» comprese. Una volta, sarà stato 25 anni fa, si tolse lo sfizio di fare una tirata di mezz'ora contro le macchine addirittura a Torino, sotto la curva Maratona del vecchio Comunale, accusando nella città degli Agnelli la Fiat, che a suo dire sabotava qualunque novità perché aveva fatto «un patto con i petrolieri». Ma poi, sulle «auto ecologiche», tirò fuori una battuta delle sue: «L'unica auto che non inquina è quella che resta nel garage». Chissà se i grillini di oggi la pensano così o no, ma di sicuro, mentre strepitano contro le «lobby del petrolio» dimenticano, o fingono di dimenticare, che nel frattempo è cresciuta ampiamente anche una «lobby elettrica», che in Italia è ben rappresentata, se non guidata, dalla famiglia De Benedetti. Ma per parafrasare Grillo e i suoi slogan anni Settanta, «l'unica lobby buona è quella morta». «Non aumenteremo le tasse di un solo euro né sulla casa, né sui risparmi, né sull'automobile», ha giurato ieri pomeriggio Matteo Salvini, incontrando a Roma i giornalisti della stampa estera. Ma è tutta da vedere, perché il capo del Carroccio non governa da solo. Giovedì scorso è spuntato un emendamento alla manovra finanziaria per il 2019 firmato per altro da un leghista, Lorenzo Viviani, ma molto apprezzato dai pentastellati, che prevede il riconoscimento di un «contributo economico» fino a 6.000 euro, calcolato sulla base della CO2 emessa per chilometro. Chi, invece, ne comprerà una nuova alimentata con carburanti più inquinanti, dovrà pagare un'imposta che sarà sempre legata alle emissioni di CO2. Passi incentivare i modelli ecologici, ma addirittura tassare gli altri rischia di essere anche una tassa sui meno abbienti, quelli che non si possono permettere una Mercedes Classe B elettrica o un'Audi. La polemica è scoppiata immediatamente e la Lega ha fatto sapere che una misura del genere non l'avrebbe mai votata. Tuttavia venerdì scorso una nota di M5s difendeva l'emendamento, accusando i critici di essere ispirati dalla mitica «lobby petrolifera». Ora, che la lobby dei petrolieri sia viva e vegeta è cosa fin banale e siamo tutti addestrati a riconoscerla da anni. Meno noto, però, che anche la produzione elettrica sia spesso «nera», con enormi quantitativi di carbone bruciato per produrre energia «pulita». Del resto, chi ha buona memoria, ricorderà che alla fine degli anni Novanta l'Enel di Franco Tatò, spalleggiata dalla nascente Sorgenia dei De Benedetti, fece una lunga campagna a favore di quello che chiamavano, con un certo ardimento, «carbone pulito». Così non stupisce che ieri mattina sia stato proprio Affari & Finanza, il supplemento economico di Repubblica, a pubblicare una lunga intervista del suo direttore Fabio Bogo a Francesco Starace, ad di Enel, che era un lungo inno all'auto elettrica. «Se i numeri diventano rilevanti», ha spiegato Starace, «la proporzione si inverte. È successo così per i pannelli solari e per i telefonini perché una macchina elettrica in assoluto prodotta a ritmi industriali costa meno delle altre ed è conveniente nella manutenzione». Non solo, ma per il gran capo di Enel, «l'auto elettrica sarà più democratica». E così, se davvero l'auto elettrica sarà più «democratica», sarà giusto che riconoscere che l'ingegner Carlo De Benedetti, dopo esser stato «tessera democratica numero uno», sarà anche «auto democratica numero uno».Del resto la sua Cir controlla la Sogefi, gruppo francese di componenti per l'auto che tra sistemi di areazione e ammortizzatori, a febbraio di quest'anno ha annunciato agli analisti una bella sterzata sull'auto elettrica. Del resto cambiare è un dovere quando a Piazza Affari hai perso il 66,9% in un anno, hai una capitalizzazione di Borsa di appena 170 milioni, contro un fatturato nei primi nove mesi dell'anno di 1,2 miliardi, un utile prima delle imposte di 43,9 milioni e debiti a quota 286 milioni di euro. Sogefi lavora per le principali case automobilistiche del mondo, a cominciare dalle tedesche. E Mercedes, Volkswagen e Audi sono molto avanti sulle motorizzazioni elettriche, prontissime a cogliere al volo l'occasione di emendamenti come quello che tasserebbe auto diesel e a benzina. Nella sezione news del sito di Sogefi si trovano una serie di comunicati stampa che celebrano la sterzata «green». Il 3 aprile scorso Sogefi annuncia di aver «ottenuto da Renault-Nissan un contratto di fornitura di un nuovo collettore di raffreddamento del pack batteria per veicoli elettrici a batteria». Il nuovo collettore di raffreddamento «sarà prodotto da Sogefi a partire dal 2021 nello stabilimento francese di Châteauroux». Il 6 giugno l'azienda dei De Benedetti raddoppia: «Sogefi ha siglato un contratto con Volvo cars per la fornitura di pompe per liquido di raffreddamento motore per i modelli ibridi di futura generazione XC40, S60, V60, XC90 e S90. La nuova fornitura garantirà 10 milioni di ricavi annui a pieno regime». La società «inizierà la produzione di pompe per liquido di raffreddamento per Volvo nello stabilimento cinese di Wujiang nel 2019». E ancora, il 20 settembre scorso: «Sogefi si è aggiudicata un contratto per la fornitura di un innovativo modulo di raffreddamento per una nuova vettura sportiva full electric realizzata da una Casa tedesca». Questa volta la produzione sarà in Italia? Purtroppo no: «Sogefi avvierà la produzione dei moduli di raffreddamento presso lo stabilimento di Orbey, in Francia». Ieri sul sito di Repubblica Tv, del resto, è andata in onda una diretta sull'auto elettrica, con un gruppo di studenti radunati in Veneto ad ascoltare le previsioni dei manager tedeschi, con tanto di modello Audi esposto sull'altare. Audi, al pari di Bmw e Toyota, come abbiamo visto è ovviamente cliente di Sogefi. Se il gruppo Gedi, che edita anche Stampa e Secolo XIX oltre ai giornali locali della Finegil, si lancia sull'auto elettrica, sarà sicuramente un successo. E magari le banche creditrici, diventate azioniste, potranno anche restituire Sorgenia all'Ingegnere. Riguardo all'ecotassa della discordia, intanto, ieri i tecnici del Senato hanno sottolineato come manchino le coperture: i 300 milioni di euro provenienti dalla tassa sulle auto ad alte emissioni rischiano di non bastare per finanziare gli incentivi per l'acquisto di auto elettriche o a basso impatto ambientale. Per questo i tecnici arrivano anche ad evocare l'ipotesi di una clausola di salvaguardia.
Antonio Filosa (Stellantis)