2021-12-30
Houellebecq racconta la nostalgia dell’Occidente per Dio e per il padre
Michel Houellebecq (Ansa)
Nel nuovo romanzo dello scrittore francese, «Annientare», il dramma familiare di un nucleo disastrato che si riunisce attorno al capostipite malato. Un testo meno politico sulla perdita di riferimenti forti.Bisogna essere proprio dei francesi per scandire le proprie diagnosi sulla contemporaneità al ritmo delle elezioni presidenziali, come se attraverso il corpo della politica passasse ancora il soffio vitale di un’idea epocale, foss’anche quella disperante della decadenza. Nel 2015, in Sottomissione, Michel Houellebecq ci raccontò la Francia delle presidenziali del 2022, immaginando una vittoria dello statista musulmano Mohammed Ben Abbes. Con Annientare, lo scrittore nato alla Réunion ci proietta verso le elezioni del 2027, anche se, lo diciamo subito, nel nuovo romanzo la politica è ubiquitaria, ma tutto sommato fa da sfondo a uno struggimento che è tutto personale.In uscita nelle librerie di tutta Europa (in Italia per La nave di Teseo), come d’abitudine allo scoccare del 7 gennaio, Annientare è stato diffuso alla stampa nei giorni scorsi, non senza una serie di complicazioni a loro volta piuttosto romanzesche: laboriosi scambi di mail, accordi di riservatezza, un embargo vigilatissimo fino alla mezzanotte di ieri sera. Tutto questo mentre copie pirata del romanzo circolano da giorni in mezzo mondo e in più formati. Si spera se non altro che stavolta l’Isis o quel che ne resta non decida di fare ancora una volta da ufficio stampa allo scrittore, dopo che, nel 2015, scatenò l’inferno negli uffici di Charlie Hebdo nel giorno esatto dell’uscita di Sottomissione. Anche in Annientare ci sono dei terroristi. Anarcoprimitivisti, forse, probabilmente degli ecofascisti a tinte esoteriche. Ma anche questo resta sullo sfondo. Cosa c’è, allora, in primo piano? Una famiglia, i Raison. Édouard, il patriarca, ex membro dei servizi segreti che ha appena avuto un ictus. E poi i tre figli: Paul, il protagonista, braccio destro del potente ministro dell’Economia, Bruno Juge, la sorella Cécile e il minore, lo sfortunato Aurélien. Separati e quasi estranei fra loro, i tre figli si ritroveranno al capezzale del padre, nella campagna del Beaujolais, in un viaggio a ritroso nelle loro vite e nei tanti non detti della famiglia Raison. Raison: come la dea a cui il 10 novembre 1793 gli hébertisti innalzarono un altare all’interno di Notre-Dame, prima di trasformare la cattedrale in un magazzino di vini. Annientare è un romanzo sul lento naufragio della ragione, sul suo confronto sempre indeciso e indecidibile con la religione, sulla funzione simbolica del padre e sulla sua assenza a un tempo tragica e inevitabile, sull’amore che potrebbe quasi salvare il mondo, ma poi non lo fa e non può farlo. In questo quadro così tipicamente houellebecquiano, colpisce semmai la descrizione di una Francia particolarmente vitale, tornata quinta potenza mondiale in pianta stabile e decisa a rivivere i fasti dei Trente Glorieuses, ovvero il trentennio del boom economico che va dal 1945 al 1975. Ma per la Francia, per l’Occidente, per l’umanità intera vale ciò che Paul dice della vita di coppia: «Un miglioramento delle condizioni di vita va spesso di pari passo con un deterioramento delle ragioni di vita». È quel che accade anche nella famiglia Raison.Paul e Aurélien sono colti e hanno un buon impiego statale. Ciò non impedisce loro di affondare nell’insensatezza attraverso matrimoni catastrofici e una sorda infelicità. Cécile, invece, non ha studiato, è fervente cattolica, elettrice di Marine Le Pen, sposata con un ex militante del Bloc Identitaire, ma è un personaggio energico, volitivo, empatico, a suo agio nel mondo tanto quanto Paul vi si trova invece disperso («pessimo nelle relazioni familiari, era pessimo nelle relazioni umane in genere»). Al fratello che irride le sue convinzioni religiose, ma poi se ne pente, Cécile replica serena: «Non devi avere paura di offendermi, cominciamo a farci l’abitudine, noi cattolici».Grazie alla malattia del padre e alla sua solenne quanto muta presenza («Il volto ieraticamente irrigidito, gli occhi fissi su un punto imprecisato dello spazio, suo padre non apparteneva più del tutto all’umanità, in lui c’era senza dubbio qualcosa che lo apparentava a uno spettro, ma anche a un oracolo») anche Paul e Aurélien tentano di riprendere in mano le proprie vite, riscoprono sé stessi e compiono svolte improvvise nelle proprie relazioni. Il ritorno del grande rimosso - il padre -rimette ogni cosa al suo posto, dà senso al tutto. Ma è un battito di ciglia: finirà tutto malissimo. È come se Houellebecq contrapponesse alla decadenza, a «quell’atmosfera pseudo-ludica, ma in realtà di una normatività quasi fascista» che innerva le esistenze dell’alta borghesia e le sue mode, la potenza di un pensiero forte, di un ordine simbolico, ma sapendo al contempo che esso non è più attingibile, che è un miraggio, una nostalgia, proprio come i Trenta Gloriosi a cui vuole tornare il ministro Bruno Juge e che invece sono persi per sempre.È vero per il padre, lo è ancora più per il Padre. Annientare è un libro attraversato da una complessa e stratificata problematica religiosa. Il cattolicesimo di Cécile è tanto invidiato, quanto inservibile. Anche perché, per Houellebecq, «i cristiani in genere hanno problemi con l’assurdo, non rientra proprio nelle loro categorie. Nella visione cristiana del mondo Dio prende in mano gli eventi, a volte può sembrare che il mondo sia abbandonato temporaneamente al potere di Satana, ma le cose hanno sempre e comunque un significato forte; e il cristianesimo è stato concepito per esseri forti, con una volontà netta e spiccata, a volte orientata verso la virtù, a volte purtroppo verso il peccato. Quando le creature di Dio cadono nella morsa del peccato, allora può intervenire la misericordia. […] Non c’era posto, nella tipologia cristiana, per individui con un’adesione alla vita scarsa e sempre incerta». Nel romanzo c’è anche un confronto ambivalente e sfuggente con il paganesimo. Paul osserva con sufficienza e straniamento l’avvicinamento della moglie al mondo della Wicca, la pasticciata stregoneria new age americana: «Già un solo dio gli pareva difficile da conciliare con la sua esperienza personale; ma con più divinità, la cosa degenerava in burla, e l’idea di divinizzare la natura gli dava addirittura il voltastomaco». Eppure, quello che sembra un tipico tema houellebecquiano - le mode ecospiritualiste e femministe della donna in carriera parigina - subisce nel romanzo una curiosa torsione, per cui alla fine l’insopportabile e algida moglie di Paul riesce davvero, in qualche modo, a risvegliare in sé l’eterno femminino e a cambiare, in meglio, nella seconda parte del romanzo. Lo stesso paesaggio del Beaujolais, in cui Paul si immerge per tornare dal padre, lasciandosi alle spalle quel mostro di cemento e acciaio che è il ministère de l’Économie et des Finances, acquista a tratti una vitalità propria: «Non vi si distingueva niente di maschile né di femminile, ma qualcosa di più generale, di più cosmico. Assomigliava ancora di meno al Dio dell’Antico Testamento, litigioso e vendicativo, sempre ai ferri corti con il suo popolo eletto. Sembrava più una divinità unica, vegetale, la vera divinità della terra, prima che gli animali apparissero e si mettessero a scorrazzare in ogni direzione». Ma è difficile non ritenere anche questa una falsa pista. Non c’è paganesimo, del resto, senza culto del corpo, senza il nietzscheano «dir sì alla vita». E Annientare è un romanzo sul corpo che non risponde, sul corpo che invecchia, deperisce, marcisce. Un romanzo - ed è forse la parte più toccante e convincente - sulla sofferenza e sulla malattia, vista dalla parte dei malati, di chi li ama e della società che a malapena li sopporta. Cosa ci salva da questo tradimento corporeo e dal destino putrescente che ne discende? L’amore, senz’altro. Quello di Madeleine, la compagna di Édouard, che trova nell’accudimento e nella devozione all’amato il suo senso del mondo. Quello di Prudence, la moglie di Paul, che è convinta che l’amore superi le barriere fra la vita e la morte, infranga il principio di individuazione, attraversi il tempo e le nostre spoglie mortali, per farci ritrovare ancora e sempre. Ma non è vero. «Avremmo avuto bisogno di meravigliose menzogne», recita l’ultima frase del libro. Intanto, fuori e dentro, tutto crolla.
Jose Mourinho (Getty Images)