2022-09-17
Hanno discusso del nulla sei giorni per non guardare in faccia la realtà
Giornaloni, Ue e sinistra si sono affannati a inventarsi il dossier Usa sui fondi russi ai partiti italiani. Cioè una cosa che non esiste. Intanto bollette e povertà crescono, le aziende chiudono, i clandestini imperversano. È una settimana che si parla solo di un cosa che non c’è. Non è meraviglioso? Da giorni quotidiani, Tv e politici si occupano in pratica di un unico tema: il dossier Usa sui fondi russi ai partiti italiani. Argomento avvincente e interessante, si capisce, se soltanto il dossier Usa sui fondi russi ai partiti italiani esistesse. Invece non esiste perché nel dossier Usa si parla di tutto, meno che dei partiti italiani. Dunque da una settimana stiamo discutendo di una cosa che non c’è. Come se avessimo parlato dell’araba fenice, o dei draghi del trono di spade o del sesso degli angeli. La stessa cosa. Per altro, mentre noi discutevamo appassionamento di cose inesistenti, le bollette hanno continuato a crescere, le aziende hanno continuato a chiudere, la povertà ha continuato a crescere e i clandestini hanno continuato a stuprare diciassettenni nei parchi (ieri a Bologna, la terza in un mese). Ma tutte queste cose, ovviamente, essendo esistenti non hanno attirato l’attenzione di nessuno. Tutti troppo impegnati con i fondi per accorgersi di andare a fondo. Ancora giovedì La Repubblica pubblicava in prima pagina un titolo d’apertura a caratteri cubitali: «Soldi di Mosca, c’è l’Italia nel dossier Usa». Intrigante. Coinvolgente. Ma, purtroppo per loro, falso. Completamente falso. Una fake news. O, meglio, una balla spaziale. Fantasy pura. I colleghi devono aver pensato: perché preoccuparsi di ciò che è, quando è molto più divertente parlare di ciò non c’è e che dunque possiamo inventare? E così il corrispondente dagli Usa, quel cane da tartufi che risponde al nome di Paolo Mastrolilli, ci ha spiegato: «Dati sensibili sull’Italia nel report secretato a Washington» (intera pagina 3) e poi ha aggiunto: «Già nel 2020 un documento Usa sui soldi di Mosca alla Lega di Salvini» (intera pagina 4). Perbacco: due intere lenzuolate, le citazioni di un «rapporto ricco di dettagli», ovviamente una spruzzata di «sistema Savoini» e «indagine sul Metropol», niente di meno. Si capisce quando il gioco si fa duro è lì che i duri (e i segugi) cominciano a giocare. Ora, però, chi glielo dice al povero Mastrolilli che i dati sensibili sull’Italia nel report secretato a Washington non ci sono, come ha spiegato in modo netto il segretario di Stato americano Antony Blinken a Mario Draghi? Vi prego, siate cauti nell’avvertirlo: l’impatto con la realtà può essere duro per chi è disabituato a viverci dentro. Ma il povero Mastrolilli è in buona compagnia. Giornalisti e editorialisti, infatti, in questi giorni si sono scatenati a denunciare la «democrazia manipolata», la «democrazia destabilizzata», «l’imperativo della trasparenza» (Gianluca Di Feo, La Repubblica, 14/9), «la chiarezza necessaria e l’ipotesi ingerenza» (Mario Ajello, Il Messaggero, 16/9), i dossier, i sospetti, la «Mosca connection» (La Stampa, 15/9), le ambiguità, i veleni, gli intrighi e ovviamente la «politica in fibrillazione». Per che cosa deve fibrillare d’altra parte la politica? Per le famiglie che rimangono al freddo? Per l’inflazione che viaggia al 9,2 per cento? Per 120.000 attività commerciali che rischiano di chiudere nei prossimi mesi? Macché: la politica è «in fibrillazione» per una cosa che non esiste. Ovvio, no? «La destra sulla graticola» (La Stampa, 15/9), «Terremoto in campagna elettorale» (La Repubblica, 14/9), «Avviso al prossimo governo?» (Corriere della Sera, 15/9) e soprattutto «Salvini cede» (La Stampa, 16/9). Su cosa abbia ceduto non si capisce. Ma del resto perché affannarsi a trovare qualcosa di vero in tutta questa storia? Del resto, l’ex ambasciatore Kurt Volker ha indicato la strada della fantasia fin da subito: «Anche Fratelli d’Italia ha ricevuto soldi da Mosca come Lega e Forza Italia», ha detto appena uscita la prima notizia del dossier (La Repubblica, 14/9). Tutto meravigliosamente falso. Ma persino Ursula von der Leyen si è scossa dal suo torpore per annunciare che «l’Ue combatterà influenze maligne e fondi occulti». Ottimo, no? Il «piano europeo contro le ingerenze russe» è pronto, assicura Ursula, e a occhio e croce potrebbe avere lo stesso successo che ha avuto il piano europeo per il tetto al prezzo del gas. Così Bruxelles combatterà da par suo tutte le «influenze» maligne, comprese quelle della strega di Biancaneve e dei pirati di Capitan Uncino, per restare ai problemi reali. Ma l’Europa non è l’unica a preoccuparsi. Il Corriere della Sera, per esempio, ha rilanciato con forza l’allarme del Dipartimento di Stato Usa (15/9): «Assalto alle nostre democrazie». E ci avremmo anche creduto se non fosse che abbiamo scoperto che, per il momento, l’allarme riguarda il Madagascar, il Montenegro e forse l’Ecuador. Nostre democrazie? Davvero? Con tutto il rispetto: i parlamenti di Antananarivo e di Quito sono i nuovi simboli della democrazia occidentale? Ma del resto come stupirsi? In questi giorni abbiamo sentito di tutto. «I rubli di Putin avvelenano le elezioni» titolava a tutta prima pagina il Qn (15/9), quasi come se i rubli ci fossero davvero. Si sono sprecate le «ombre russe sul voto», gli appelli al Copasir, le dichiarazioni di «alto tradimento». Ovviamente quella che è venuta fuori è solo la «punta dell’iceberg». Fateci caso: non manca mai la «punta dell’iceberg», anche quando, come in questo caso, la punta non si vede perché l’iceberg, per altro, non c’è. Ma che importa? «Altro in arrivo», rilancia Giggino Di Maio, dopo aver volato come l’ape Maia tra le braccia dei camerieri. Se lo dice lui c’è da fidarsi. La povertà è sparita e arrivano nuovi dossier che riguardano l’Italia. Così Enrico Borghi (Pd) può esigere l’atto di fede: i partiti devono «giurare» di non aver preso soldi dall’estero (consigliamo la formula: «giurin giuretta, risotto o cotoletta»). Mentre il perspicace Angelo Bonelli (Verdi), con la prontezza che gli è propria, arriva a chiedere chiarezza sulle colonne del Corriere della Sera proprio lo stesso giorno in cui il Corriere della Sera stesso scrive che il caso è chiuso: «I cittadini devono sapere se qualcuno si è venduto», tuona imperioso l’Angelino. Qualcuno gli dica che basta girare pagina per trovare la risposta: no, nessuno si è venduto. E perciò lui, insieme a tutti gli altri, hanno parlato per una settimana del nulla. Una cosa, è chiaro, finalmente all’altezza delle loro capacità.