2018-10-30
Haftar dice sì a Conte, sarà alla conferenza di Palermo sulla Libia. E ora Macron rosica
Incontro il 12 e il 13 novembre. Parteciperà anche Fayez Al Serraj. Eliseo costretto a riconoscere il nostro ruolo nella regione. La presenza di tutti i principali attori libici è «finalizzata a sostenere le condizioni di sicurezza e di sviluppo economico, nonché il rafforzamento del quadro politico costituzionale» si legge nel comunicato di Palazzo Chigi..Inizia a prendere forma, a due settimane dall'avvio dei lavori, la conferenza per la Libia. All'evento del 12 e 13 novembre, che si terrà a Villa Igiea a Palermo, ci sarà anche Khalifa Haftar, il generale al comando dell'Esercito nazionale libico che controlla la Cirenaica, la zona orientale del Paese nordafricano. L'aveva garantito il presidente russo Vladimir Putin nell'incontro della scorsa settimana a Mosca con il premier italiano Giuseppe Conte, e l'ha confermato lo stesso generale, ricevuto ieri dal presidente del Consiglio e dal ministro degli Esteri, Enzo Moavero Milanesi.Nella nota diffusa da Palazzo Chigi dopo il vertice con Haftar, il presidente del Consiglio Conte ha ribadito il ruolo di «facilitatore» che l'Italia si propone di assumere. Si tratterà di una «conferenza per la Libia e non sulla Libia», continua il comunicato riprendendo le parole che usò il ministro Moavero Milanesi presentando l'evento alcuni giorni fa in Parlamento. Che sarà, secondo la nota di Palazzo Chigi, ispirato a «due principi fondamentali, quali il pieno rispetto della assunzione di responsabilità da parte libica e l'inclusività del processo, che si inserisce nel percorso tracciato dal piano delle Nazioni Unite». Infatti, l'incontro con Haftar segue i colloqui di venerdì a Roma con Fayez Al Serraj, presidente del Consiglio presidenziale dello Stato libico (che è il governo riconosciuto a livello internazionale), e con Ghassan Salamè, inviato dell'Onu per la Libia.Coinvolgere tutti gli attori presenti sullo scacchiere libico è un obiettivo non da poco, vista la frammentazione del centro e del Sud del Paese, dove, oltre a essere presenti tribù libiche difficilmente controllabili, sono tornati a farsi sentire i miliziani dell'Isis. Basti pensare all'attentato di ieri ad Al Jafra, nella Libia centrale, e dietro al quale, secondo il sindaco della città, Osman Hassouna, ci sarebbe lo Stato islamico.La presenza a Palermo di tutti i principali attori libici è «finalizzata a sostenere le condizioni di sicurezza e di sviluppo economico, nonché il rafforzamento del quadro politico costituzionale, quale base per un ordinato processo politico fondato sul piano d'azione delle Nazioni Unite» si legge nel comunicato di Palazzo Chigi. Per fare questo è necessario coinvolgere anche altri attori. Conte e Moavero Milanesi lo sanno bene: infatti, come riportava ieri Agenzia Nova, sono attesi in Italia fra pochi giorni anche il presidente della Camera dei rappresentanti libica, Aguila Saleh, e il presidente dell'Alto consiglio di Stato libico, Khalid Al Mishri. I presidenti delle due camere libiche, la prima con sede a Tobruk e la seconda a Tripoli, saranno a Roma per discutere dei preparativi della conferenza.Fonti della Farnesina spiegano alla Verità che sono proprio Conte e Moavero Milanesi i due registi dell'operazione diplomatica che in questi ultimi giorni ha subito un'importante accelerazione dopo i viaggi a Mosca di entrambi i membri del governo italiano. Tra le potenze al fianco di Haftar che hanno sostenuto la conferenza di Palermo non c'è soltanto la Russia. Per rendere l'idea dei rapporti tra Mosca e la Cirenaica, secondo il sito britannico Jane's 360, specializzato in intelligence militare, nei giorni scorsi due aerei militari russi sono atterrati in una base della Libia orientale utilizzata dagli Emirati Arabi Uniti. C'è infatti anche l'Egitto di Abdel Fattah Al Sisi, da sempre al fianco dell'uomo forte della Cirenaica.Diverso è invece il discorso che riguarda gli Usa. Washington ha sin da subito appoggiato - se non addirittura incoraggiato - l'iniziativa italiana in Libia, ma ancora non ha annunciato chi manderà a Palermo: il governo italiano spera nel presidente Donald Trump, che il giorno prima sarà a Parigi per le celebrazioni dei 100 anni dalla firma dell'armistizio che sancì la fine della prima guerra mondiale, ma è più probabile che alla fine verrà Mike Pompeo, segretario di Stato. Molto dipenderà dalla scelta di Mosca: a Parigi ci sarà anche Putin, ma pure in questo caso è ipotizzabile che a Palermo si presenti invece il capo della diplomazia, Sergej Lavrov.Trump attende anche le mosse delle potenze europee. Due sono le presenze certe: quella del cancelliere tedesco Angela Merkel e quella del presidente francese Emmanuel Macron, la cui partecipazione significa il riconoscimento da parte di Parigi del fatto che Roma non può essere tenuta ai margini delle operazioni occidentali in Libia, soprattutto dopo il maldestro intervento del 2011 sotto la regia del presidente statunitense Barack Obama, di quello francese Nicolas Sarkozy e del primo ministro britannico David Cameron.Intanto, però, mentre le diplomazie sono al lavoro per organizzare la due giorni siciliana, l'iniziativa italiana sembra già dare alcuni frutti. Infatti, la stabilizzazione della Libia non sembra un obiettivo così irrealistico dopo che, come riportava ieri Agenzia Nova e come confermano fonti diplomatiche alla Verità, sarebbe stato stato trovato un accordo di massima tra Serraj e Haftar, grazie anche al fatto che i recenti scontri armati nell'area hanno ridimensionato il peso politico delle milizie e delle tribù, ridando forza al governo di Tripoli. Le fonti di Agenzia Nova riferiscono inoltre che il rimpasto di governo annunciato il 7 ottobre scorso a Tripoli avrebbe avuto l'avallo anche di Haftar, e la settimana scorsa, al Cairo, si sono riuniti i comandanti delle milizie che sostengono Sarraj e quelli dell'Esercito nazionale libico di Haftar per concordare i passaggi che dovrebbero condurre alla formazione di un comando comune.Ed è in questa logica che si inseriscono le dichiarazioni rilasciate ieri da Ali Al Saidi, parlamentare assai vicino ad Haftar, alla Stampa. Al Saidi ha infatti invocato il ritorno dell'ambasciatore Giuseppe Perrone, che fu richiamato a Roma dopo un durissima campagna da parte di entrambi i fronti libici. Il parlamentare ha spiegato che le critiche libiche erano sì rivolte a Perrone, ma l'obiettivo era l'esecutivo di Roma. «Perrone è il benvenuto come lo è stato tutte le volte che è venuto in Cirenaica, vogliamo il suo ritorno immediato e vogliamo dirgli che per lui le nostre porte e quelle del generale Haftar sono sempre aperte», ha continuato il parlamentare elogiando l'operato della nostra feluca. Indizio che l'aria è cambiata in Libia. Non va infatti dimenticato che nell'ottobre di un anno fa fu proprio Perrone il primo diplomatico occidentale a visitare la città di Bengasi dopo la liberazione dalle milizie islamiste dall'esercito di Haftar.