2019-06-29
Gusto e tradizione, memorie da collezionisti
Una fase di lavorazione di un piatto (Ceramica Solimene Vietri sul Mare)
Nel 1964 il giornalista Dino Villani creò l'Unione dei piatti del buon ricordo per salvare la cucina regionale italiana minacciata dall'omologazione e dalle tante mode straniere. Oggi l'associazione conta più di 100 ristoranti, vivi e pronti a nuove iniziative.Milano, aprile 1964. Sono 12, come gli apostoli, i cuochi riuniti nel cenacolo laico del Circolo della stampa a Palazzo Serbelloni. Laico il messia che li ha convocati: Dino Villani, giornalista, pubblicitario, profeta della cucina del territorio. Quello che Villani tocca diventa oro: è il re Mida della comunicazione integrata. È lui che ha inventato Miss Italia, la festa della mamma, la festa degli innamorati, lui che ha creato per il signor Motta la colomba di Pasqua. In quella primavera di 55 anni fa ha ancora una missione da compiere: salvare la cucina regionale italiana minacciata dall'omologazione, da mode straniere, dai fast food e dall'analfabetismo di ritorno nei confronti del grande patrimonio culturale gastronomico del Bel Paese.Undici anni prima, nel 1953, Villani era al fianco di Orio Vergani quando il giornalista scrittore, lanciò il primo grido d'allarme fondando l'Accademia italiana della cucina per salvare la civiltà della tavola italiana. Villani (quest'anno ricorre il 30° della morte), consapevole dell'enorme ricchezza delle nostre tradizioni gastronomiche, coltiva da tempo un'idea sul come valorizzare la cucina del territorio e promuoverla attirando i buongustai nei ristoranti fedeli alla cucina regionale, ai piatti che la storia e le mamme hanno tramandato di secolo in secolo. Ecco l'idea: promuovere un'unione di locali che difendono la cucina del territorio nel quale operano. Nel menu di ognuno ci dev'essere un piatto tipico che lasci nell'avventore un'emozione, un buon ricordo. Ai clienti che gustano quella specialità, verrà donato un coloratissimo piatto in ceramica che ricordi con l'allegria dei colori i sapori di un'esperienza gastronomica unica. Nasce così l'Unione dei piatti del buon ricordo.Villani apre le porte dei ristoranti agli italiani che vogliono conoscere la loro terra nel modo migliore: mangiandola. Paolo Monelli, l'aveva dimostrato nel 1935 girando e «assaggiando» lo Stivale in lungo e in largo. Ne lasciò un resoconto magistrale ne Il ghiottone errante. Il vicentino Guido Piovene documentò il concetto, con tatto e gusto, nel Viaggio in Italia del 1957. Stesso anno: Mario Soldati, presentando alla Rai il Viaggio nella valle del Po alla ricerca di cibi genuini, esplicita: «Viaggiare è conoscere. Il modo più facile, più diretto di arrivare a conoscere un paese è praticare la cucina della gente che lo abita. Nei cibi e nella maniera di cucinarli c'è tutto». Era la lezione impartita da Pellegrino Artusi nel 1891: raccogliendo centinaia di ricette romagnole, toscane, venete, siciliane, campane ecc. nel volume La scienza in cucina e l'arte di mangiar bene, lo scrittore di Forlimpopoli salvò l'enorme patrimonio culturale della cucina regionale contribuendo ad unificare, almeno a tavola, l'Italia.Tanta ricchezza negli anni Cinquanta e Sessanta del secolo scorso stava andando a farsi friggere. Storditi da boom economico, consumismo, fast food e dagli incalzanti ritmi di lavoro, gi italiani stavano perdendo sapori e odori: vade retro zuppa ribollita per ore, avanti le minestre in scatola; pussa via stufato, benedetto il cibo confezionato da riscaldare e consumare in cinque minuti; spaghetti cacio e pepe, mo' nun ve magnamo più, meglio i precotti. Si era ad un passo dall'estinzione dei piatti tradizionali e della cucina regionale. Sperare nelle trattorie che sbandieravano il vessillo della cucina casalinga era un'illusione: era solo una bandiera di facciata. Troppi ristoranti si erano adeguati ai tempi e ai gusti, dimentichi dei sapori del passato, omologando i menu: gamberetti in salsa rosa, penne con panna e salmone affumicato, improbabili spaghetti alla pirata, inattendibili zuppe del contadino, scaloppine al marsala e l'immancabile, industriale torta della nonna con i pinoli. Le cucine dei locali più à la page? In gran parte avevano negletto la tradizione per plagiare la cuisine d'Oltralpe. Rimanevano i cuochi e i ristoratori ancorati alla tavola del territorio, una pattuglia fedele nei secoli, come i carabinieri, all'ingrediente tipico, alla stagionalità, ai piatti tradizionali.Manca qualche anno alla contestazione giovanile, ma se ne respira l'alito. Il lievito del cambiamento monta in tutti i campi. Il 5 gennaio Paolo VI abbraccia a Gerusalemme, dopo 400 anni di reciproca incompatibilità, Atenagora, suo contraltare nella chiesa ortodossa. Aldo Moro apre il governo ai socialisti inaugurando le stagioni del centrosinistra. Gli autunni operai diventano sempre più caldi mentre gli studenti affilano le unghie manifestando contro la guerra in Vietnam. La melodia all'italiana è sconvolta da un cantante-urlatore che, nel Sanremo di quell'anno, gira le natiche al pubblico dimenando le anche: i Ventiquattromila baci di Adriano Celentano tracciano un solco profondo.Anche il mondo genuino della cucina italiana, contesta. Ma al modo del Gattopardo: cambiare tutto, sì, ma tornando alla preziosa cucina regionale. Al Circolo della stampa di Milano, accanto a Villani, siedono, tra gli altri, i cuochi umanisti Angelo Berti della Taverna degli Artisti di Revere, e Giorgio Gioco del 12 Apostoli di Verona. I media accolgono con entusiasmo la nascita dell'iniziativa. Vincenzo Buonassisi, giornalista e gastronomo abruzzese, plaude sul Corriere della Sera. Presentando l'Unione parla delle tradizioni gastronomiche italiane «segrete o neglette», dei ristoranti «di un certo livello che si ispirano per lo più alla cucina d'oltralpe», delle trattorie che «per rassicurare la più modesta clientela promettono una vaga cucina casalinga».Nel giro di pochissimi anni il Buon ricordo trionfa: raddoppia e triplica il numero dei ristoranti. Villani lascia la presidenza a Nevio Zanni della Giarrettiera di Milano. Quando muore nel '72, il testimone passa a Piero Bolfo della Certosa di Pavia. Bolfo è un altro vulcano. Estende il Buon ricordo, fino ad allora quasi totalmente nordista, al resto d'Italia e perfino a qualche autentico locale tricolore all'estero. I piatti del Buon ricordo diventano oggetto di collezionismo, i più rari raggiungono prezzi incredibili. Non sono piatti qualsiasi, ma ceramiche uniche, fatte a mano a Vietri sul Mare. Fatto il bozzetto della specialità, i decoratori lo riproducono piatto per piatto con colori speciali. Non ce n'è uno uguale all'altro. I ceramisti completano il processo secondo la secolare tradizione del cotto. Sono piatti da collezione, ma nascono per essere usati in tavola, secondo le norme alimentari.Il Buon ricordo si allea col Vinitaly, con il Touring Club. Si organizzano serate delle singole cucine regionali, gemellaggi tra ristoranti. La civiltà della tavola italiana, dalla Val d'Aosta alla Sicilia, riconquista il terreno perduto, riafferma la sua storia e dignità. «Dopo 55 anni è bellissimo parlare ancora di un'unione molto sentita fra i ristoratori associati e conosciuta dalla gente», dice con orgoglio Cesare Carbone (ristorante Manuelina di Recco), attuale presidente. «Siamo più di 100, nove dei quali all'estero, vivi e pronti a nuove iniziative. Amiamo la cucina della nostra terra, la salvaguardiamo e l'innoviamo. Il buongustaio che entra nei ristoranti del Buon ricordo deve uscirne, oggi come un tempo, consapevole di aver vissuto un'esperienza emozionante. Il Buon ricordo è traino al turismo delle nostra terra: la gastronomia è in vetta alle motivazioni che spingono i viaggiatori a scegliere una meta piuttosto che un'altra».
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