- Il voto formale della Camera ha messo in stato d'accusa Donald Trump. Attualmente sono i repubblicani a detenere la maggioranza nella camera alta per cui l'assoluzione dell'inquilino della Casa Bianca dovrebbe essere quasi certa.
- The Donald è il terzo presidente della storia a essere messo in stato di accusa: il primo fu Andrew Johnson nel 1868, il secondo Bill Clinton nel 1998.
Il voto formale della Camera ha messo in stato d'accusa Donald Trump. Attualmente sono i repubblicani a detenere la maggioranza nella camera alta per cui l'assoluzione dell'inquilino della Casa Bianca dovrebbe essere quasi certa.The Donald è il terzo presidente della storia a essere messo in stato di accusa: il primo fu Andrew Johnson nel 1868, il secondo Bill Clinton nel 1998.Lo speciale contiene due articoli.Donald Trump è stato messo ieri in stato d'accusa dalla Camera dei Rappresentanti con due capi d'imputazione: abuso di potere e intralcio al Congresso. Se i repubblicani si sono mostrati compatti, i democratici hanno subìto qualche defezione: due per la prima accusa e tre per la seconda. La deputata delle Hawaii e attuale candidata alla nomination democratica, Tulsi Gabbard, ha invece votato "presente" in entrambi i casi. Adesso si attende il processo al Senato che non dovrebbe iniziare prima del 6 gennaio.Il processo di impeachment negli Stati Uniti è un procedimento piuttosto complicato. La Camera dei Rappresentanti si occupa di istruirlo e il suo operato si suddivide in varie fasi. In primo luogo, viene avviata un'indagine per impeachment che - una volta conclusa - porta la commissione giudiziaria a redigere i capi di imputazione. Nel momento in cui questi ultimi sono stati approvati, l'intera Camera deve votarli separatamente: è sufficiente la maggioranza semplice per il benestare definitivo e - conseguentemente - per l'avvio formale del processo di messa in stato d'accusa.Tradizionalmente l'indagine per impeachment viene attivata con un voto in plenaria della Camera: così è accaduto, per esempio, nel 1974 e nel 1998. Nel 2019, la situazione è invece mutata. I democratici hanno avviato l'inchiesta unilateralmente alla fine di settembre, accettando un voto in plenaria soltanto un mese più tardi, quando l'indagine era già in stadio avanzato. Ulteriore diversità, rispetto al passato, risiede nel fatto che, nel 2019, l'inchiesta non si sia basata sul rapporto di un procuratore speciale (come nel caso di Leon Jaworski nel 1974 e di Kenneth Starr nel 1998): il rapporto che attualmente include l'impianto accusatorio contro il presidente è infatti stato interamente redatto dal Partito democratico. Ricordiamo che l'asinello detiene oggi la maggioranza alla Camera con 233 seggi, a fronte di 197 repubblicani e un deputato indipendente. Ieri, nonostante alcune defezioni da parte democratica, i due capi di imputazione contro il presidente sono stati comunque approvati.Una volta istruito formalmente il processo, la palla passa al Senato, dove deve essere celebrato, presieduto dal giudice capo della Corte Suprema. Per arrivare a un verdetto di colpevolezza, con conseguente rimozione del presidente in carica, non è sufficiente la maggioranza semplice ma occorre un quorum pari a due terzi dei voti: una soglia che, sia nel caso di Andrew Johnson che di Bill Clinton, non è stata raggiunta. Attualmente sono i repubblicani a detenere la maggioranza nella camera alta, con 53 seggi a fronte di 45 democratici e due indipendenti. Ne consegue che, anche in caso di defezione da parte di qualche repubblicano, l'assoluzione di Donald Trump dovrebbe essere quasi certa.Alla luce di tutto questo, bisogna sottolineare che l'impeachment non attenga al potere giudiziario ma a quello legislativo. In base alla Costituzione statunitense, esso risulterebbe necessario per «tradimento, corruzione o alti crimini e misfatti». È soprattutto la locuzione «alti crimini e misfatti» ad aver nel tempo creato i maggiori dibattiti tra i giuristi, vista la sua genericità. Quello che non è infatti chiaro è se l'impeachment debba verificarsi solo nel caso il presidente si macchi di reati (come sostiene l'avvocato democratico Alan Dershowitz) o se possa riguardare anche comportamenti non penalmente rilevanti (come affermò Gerald Ford). Inoltre, anche in caso si verifichi un reato conclamato, non è sempre semplice chiarire se possa rientrare nella categoria degli «alti crimini e misfatti».In riferimento al caso specifico di Trump, lo stesso Dershowitz, interpellato dalla Verità, è stato molto chiaro. «Il potere di impeachment», ha dichiarato il legale, «non aveva lo scopo di conferire a una maggioranza partigiana alla Camera dei Rappresentanti il diritto di andare oltre i criteri specifici stabiliti nella Costituzione. Gli atti di cui Trump è accusato non soddisfano tali criteri. Non sono né crimini né delitti. Potrebbero essere peccati politici che potrebbero indurre alcuni elettori a votare contro di lui, ma questo è il rimedio costituzionalmente autorizzato. Sembrano esserci peccati - politica sporca - da entrambe le parti, ma nessun crimine. Il sistema legale ucraino è noto per non fare abbastanza per fermare gli abusi e i politici americani di entrambe le parti hanno il diritto di chiedere una maggiore responsabilità. Molti presidenti e altri politici», ha concluso Dershowitz, «hanno usato i loro uffici a vantaggio politico. Ancora una volta un peccato ma non un'offesa degna di impeachment. Quando la Camera controllata dai repubblicani fece un uso improprio del suo potere di imputare Clinton per un crimine di scarsa importanza, fallì. Lo stesso può accadere se i democratici fanno lo stesso».A oggi, la Camera dei Rappresentanti ha formalmente, avviato venti processi di impeachment: contro tre presidenti degli Stati Uniti, quindici giudici federali, un ministro e anche un senatore. In quest'ultimo caso, la camera alta stabilì tuttavia che i parlamentari non potessero essere messi in stato d'accusa: ne consegue che l'impeachment si possa volgere soltanto contro il potere esecutivo e quello giudiziario. Dei venti casi suddetti, soltanto otto si sono conclusi con una condanna al Senato: si tratta di tutti processi riguardanti giudici.<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="True" data-href="https://www.laverita.info/guida-allimpeachment-2641620232.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="da-andrew-johnson-a-bill-clinton-gli-unici-due-presidenti-della-storia-americana-messi-in-stato-di-accusa-prima-di-trump" data-post-id="2641620232" data-published-at="1757859322" data-use-pagination="False"> Da Andrew Johnson a Bill Clinton: gli unici due presidenti della storia americana messi in stato di accusa prima di Trump Ansa Il primo inquilino della Casa Bianca ad essere stato messo formalmente in stato d'accusa fu il democratico Andrew Johnson, nel 1868. Divenuto presidente dopo l'assassinio di Abraham Lincoln (di cui era vice), Johnson riscontrò molti problemi con il Congresso, in buona parte controllato dalla fazione radicale del Partito repubblicano. Se quest'ultima chiedeva di governare il Sud - recentemente sconfitto nella Guerra di Secessione - con il pugno di ferro, il presidente auspicava una linea molto più morbida. Lo scontro si acuì, quando Johnson venne accusato di aver violato il Tenure of Office Act, licenziando il segretario alla Guerra, il repubblicano Edwin Stanton. Il presidente fu dunque messo in stato d'accusa con ben undici capi d'imputazione e si salvò per un soffio in Senato. Il secondo caso fu invece quello di Bill Clinton, accusato di aver mentito sotto giuramento sulla sua relazione con Monica Lewinsky. La Camera votò in plenaria per avviare un'indagine per impeachment l'8 ottobre del 1998, basandosi principalmente sul report redatto dal procuratore speciale, Ken Starr. Due furono i capi d'imputazione formalmente approvati il 19 dicembre successivo: falsa testimonianza e intralcio alla giustizia. Anche in questo caso il presidente venne comunque assolto dal Senato. Differente fu invece il caso di Richard Nixon che - dopo aver subìto un'indagine per impeachment che lo aveva tacciato di abuso di potere, intralcio alla giustizia e disprezzo del Congresso in riferimento allo scandalo Watergate - si dimise prima che la Camera votasse per metterlo ufficialmente in stato d'accusa. Fatale per lui si rivelarono dei nastri compromettenti, che fu costretto a consegnare a causa di una storica sentenza della Corte Suprema del 1974 (la United States v Nixon). Da rilevare che, nei casi di Johnson, Clinton e in quello (parziale) di Nixon la totalità del Congresso era nelle mani del partito avverso a quello del presidente in carica: una situazione differente da quella odierna, in cui la Camera è controllata dai democratici e il Senato dai repubblicani. Per quanto infine riguarda il caso di Trump, l'indagine per impeachment è stata avviata di fatto a fine settembre ma votata dalla Camera soltanto un mese più tardi. Pochi giorni fa, la commissione giudiziaria ha reso noto di voler accusare il presidente di abuso di potere e intralcio al Congresso, mentre il voto definitivo in plenaria si attende nelle prossime ore. mentre il voto definitivo in plenaria è avvenuto ieri sera dopo svariate ore di dibattito parlamentare.
2025-09-14
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