2021-01-15
Guerra all’asporto e caos sulle date. L’ultimo dpcm irrita i governatori
Nonostante il pressing delle Regioni, linea dura sui bar: niente consegne dopo le 18. Mentre il calendario è un rebus: nuovi divieti dal 16, aggiornamento del semaforo dal 17. E le zone bianche restano un miraggioLo chiamano «il combinato disposto». Sul fronte delle misure del governo per il contrasto al Covid, è stata questa l’espressione più in voga negli ultimi giorni per riassumere in maniera edulcorata la proliferazione e la sovrapposizione di norme e scadenze che stanno trasformando il tutto nell’ennesimo rompicapo. Perché quello che si dovrà fare o non fare a partire da sabato (ma in parte da domenica) fino al 5 marzo (ma in parte il 15 febbraio) lo si dovrà evincere dall’esegesi comparata di due provvedimenti: il decreto legge licenziato dall’esecutivo nella tarda serata di mercoledì, e il nuovo dpcm, chiuso nella riunione del Consiglio dei ministri di ieri sera. Il primo, contenente la proroga dello stato d’emergenza fino al 30 aprile e le limitazioni agli spostamenti tra regioni, con relativo inasprimento dei parametri per l’assegnazione delle fasce di rischio, il secondo con le tanto discusse misure sulla chiusura di bar, ristoranti, negozi, palestre, piscine e impianti sciistici. Per quest’ultimo, in particolare, la gestazione è stata più tormentata, poiché prima di entrare in cdm a Palazzo Chigi si è reso necessario un ulteriore giro di consultazioni con i governatori e gli altri enti locali, a causa della delicatissima questione del divieto di asporto per i bar dopo le ore 18. Più volte, nei giorni scorsi, il presidente della Conferenza delle Regioni, Stefano Bonaccini, e il governatore veneto, Luca Zaia, hanno fatto presente le proprie perplessità sull’introduzione del divieto di asporto per i bar dopo le 18, battendo sul tasto della disastrata situazione economica di questa e delle altre categorie di lavoratori maggiormente colpiti dalla crisi, insistendo (in particolare Zaia) sulla mancanza di sollecitudine, da parte del governo, nel predisporre un pacchetto di misure di ristoro degne di questo nome. Nonostante ciò, la linea dell’esecutivo che ha prevalso e che è arrivata in cdm (salvo colpi di scena dell’ultim’ora) è stata quella della chiusura indiscriminata, anche di fronte alla richiesta di mediazione dei diretti interessati. Una norma ritenuta vessatoria, anche perché, stando a quanto contenuto nel dl e nel dpcm, da domenica lo scenario più probabile è quello di un Paese con più della metà delle Regioni in zona arancione, e quindi con bar e ristoranti chiusi. Ma vediamo di comprendere, mettendo assieme le norme del decreto legge e quelle del dpcm, cosa ci aspetta a partire dal weekend. E già capire da quando le nuove misure entreranno in vigore è un impresa ardua, poiché i due provvedimenti recano due date differenti: il dpcm, che va a sostituire quello in scadenza il 15 gennaio, partirà infatti da sabato 16, mentre i nuovi colori delle Regioni partiranno da domenica 17, con le ordinanze con cui il ministro della Salute, Roberto Speranza, assegnerà il giallo, l’arancione o il rosso. Vediamo anzitutto cosa si dovrà fare da sabato: è confermato il coprifuoco dalle 22 alle 5 e non si potrà in nessun caso uscire dalla propria regione di residenza (anche nelle zone gialle), salvo comprovati motivi di necessità, così come sarà possibile, una sola volta al giorno, ricevere al massimo due persone non conviventi, che potranno portare con sé minori di 14 anni. Il divieto di raggiungere altre regioni, resterà in vigore fino al 15 febbraio, mentre il 5 marzo è la data di scadenza di tutte le altre misure di questo provvedimento. Nelle zone gialle sarà possibile muoversi senza autocertificazione su tutto il territorio regionale, mentre nelle zone arancioni ci si potrà muovere liberamente solo all’interno del proprio Comune, con l’eccezione di chi abita in Comuni con meno di 5.000 abitanti, che comunque potrà raggiungere, in un raggio di 30 chilometri, altri piccoli Comuni, ma non i capoluoghi. Palestre, piscine e impianti sciistici resteranno chiusi ovunque, mentre nelle zone gialle resteranno regolarmente aperti i negozi. I ristoranti saranno aperti fino alle 18, dopodiché potranno fare solamente consegne a domicilio e asporto. I bar, invece, se il Consiglio dei ministri lo confermerà, non potranno fare nemmeno l’asporto. I centri commerciali resteranno chiusi nei weekend ma la novità, fortemente voluta dal ministro per i Beni culturali, Dario Franceschini, in questo caso è rappresentata dalla parziale riapertura dei musei, mentre le serrande resteranno abbassate per cinema e teatri. Nelle zone arancioni, invece, bar e ristoranti non potranno aprire al pubblico, ma potranno fare solo consegne e asporto. Come detto, però, i bar solo fino alle 18. L’altra novità è l’istituzione di una quarta zona («bianca») che però, nelle attuali condizioni, risulta essere un miraggio, visto che scatterebbe con un’incidenza dei casi di Covid inferiore a 50 ogni 100.000 abitanti (ora siamo in media intorno ai 300). Anche nelle ipotetiche zone bianche sarà obbligatorio indossare la mascherina all’aperto e osservare le regole sul distanziamento. Parlando di cose concrete, l’irrigidimento dei parametri per l’assegnazione delle zone di rischio farà scattare il passaggio in zona arancione o rossa per una dozzina di regioni. Ciò accadrà domenica, visto che la giornata di sabato sarà necessaria al ministro Speranza per emanare le ordinanze relative a ogni singola regione. In attesa del dl Ristori, dunque, altre migliaia di ristoratori e baristi dovranno rinunciare ai clienti, poiché, tra Regioni che hanno un indice Rt medio superiore a 1 e Regioni che, pur avendo un indice minore di 1 sono considerate ad alto rischio sulla base degli altri parametri, il «semaforo» diventerà arancione per Lazio, Piemonte, Liguria, Marche, Puglia, Molise, Umbria e Sardegna, che si aggiungerebbero alle già arancioni Calabria, Sicilia, Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna. Per la Lombardia, però, tutti gli indizi portano al «rosso».
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