2022-07-24
Il grande guaio dei micro partiti: le firme
Il leader di Italexit, Gianluigi Paragone (Ansa)
La loro raccolta è necessaria per partecipare al voto ma è resa difficoltosa dal periodo estivo. Due le soluzioni: o costituire cartelli elettorali (vedi Azione con +Europa) oppure, come chiede Gianluigi Paragone di Italexit a Sergio Mattarella, «abbassare o eliminare l’obbligo».Il documento che smonta la bufala del Pnrr che salta a causa della crisi. Circolare di Mario Draghi ai ministeri sui limiti (ampi) di operatività del governo: il Piano c’è.Lo speciale contiene due articoli.La campagna elettorale è partita. Si voterà il 25 settembre, ma gli adempimenti burocratici in vista dell’apertura delle urne sono molti e non per tutti i partiti sarà semplice riuscire a compiere tutti i passaggi. L’ultima legislatura è stata caratterizzata da moltissime frammentazioni che hanno portato alla creazione di piccoli gruppi e partiti. Saranno proprio loro ad avere i problemi più grandi per presentare le proprie liste. Secondo la legge, infatti, i partiti dovranno presentare i simboli da inserire nella scheda elettorale tra le ore 8 del 44° giorno e le ore 16 del 42° giorno precedente il voto, quindi tra il 12 e il 14 agosto. Le liste dei candidati e tutti i documenti relativi alle candidature, invece, dovranno essere depositati tra il 21 e il 22 agosto alla cancelleria della Corte d’appello. I partiti avranno meno di un mese per decidere il proprio simbolo, 30 giorni per stilare le liste dei candidati dei collegi plurinominali e decidere quali nomi inserire negli uninominali. In caso di alleanze, per i collegi uninominali bisognerà anche inserirci le trattative necessarie per arrivare alla sintesi di un nome unico. La difficoltà più grande è rappresentata dalla raccolta firme necessaria per presentarsi alle elezioni. Non tutti i partiti ne sono soggetti: in particolare l’articolo 6 bis stabilisce che sono esonerati dalla raccolta firme «i partiti o gruppi politici costituiti in gruppo parlamentare in almeno una delle due Camere al 31 dicembre 2021». A non dover pensare a questo, quindi, sono la maggior parte dei partiti: Pd, Movimento 5 stelle, Liberi e Uguali, Fratelli d’Italia, Lega, Forza Italia, Italia Viva e Coraggio Italia. Oltre a questi anche +Europa-Centro Democratico per aver «presentato candidature con proprio contrassegno alle ultime elezioni della Camera dei deputati o alle ultime elezioni dei membri del parlamento europeo spettanti all’Italia in almeno due terzi delle circoscrizioni e che abbiano ottenuto almeno un seggio assegnato in ragione proporzionale». Infine anche Noi con l’Italia di Maurizio Lupi non dovrà presentare le firme per aver «concorso alla determinazione della cifra elettorale nazionale di coalizione avendo conseguito, sul piano nazionale, un numero di voti validi superiore all’1 per cento del totale». A rimanere fuori, quindi, il neonato «Insieme per il futuro», gruppo scissionista del Movimento 5 stelle guidato da Luigi Di Maio, Alternativa c’è, altro gruppo di scissionisti grillini guidati da Barbara Lezzi, Potere al Popolo, Verdi Europei, Ancora Italia, il Partito Comunista di Marco Rizzo , Riconquistare l’Italia, Italexit di Gianluigi Paragone e Azione di Carlo Calenda. Il numero delle firme da consegnare dipende dai collegi plurinominali: alla Camera sono 49 (26 al Senato, ma visto che si può firmare per entrambe le liste, la raccolta delle firme per la Camera alta non è un problema). Con le elezioni anticipate, la legge dimezza il numero di firme richieste per collegio che scende a 750 invece delle solite 1.500. Quindi sostanzialmente per presentarsi alle urne in tutta Italia bisognerebbe raccogliere 36.750 firme per Montecitorio e 19.500 per Palazzo Madama. È vero anche che non è obbligatorio presentarsi in tutti i collegi, ma a meno collegi ci si candida, più è difficile che si raggiunga la soglia di sbarramento per entrare in Parlamento, fissata ora al 3%. Le firme oltretutto dovranno essere autenticate per dimostrare che siano di elettori che votano nel collegio in cui le firme si presentano. Questo serve ad evitare che chi è vive e vota a Milano, per esempio, possa firmare per un collegio della Sicilia. Per essere considerate autentiche è necessaria la presenza di sindaci, amministratori locali o funzionari comunali, notai o avvocati. Le opzioni esistenti per ovviare a questo problema sono essenzialmente due: la prima consiste in un intervento legislativo ad hoc, la seconda soluzione, più pratica, è quella di costruire dei cartelli elettorali. Sembra essere questa proprio l’intenzione del partito di Calenda, Azione, che molto probabilmente si presenterà alle elezioni insieme a +Europa-Centro Democratico, risolvendo così anche il problema delle firme, oltre che quello dello sbarramento. Possibile che anche Luigi Di Maio utilizzi la stessa strategia per levarsi il problema delle firme con Insieme per il futuro. Lo lascia intendere quando lancia un appello per fare il partito dell’agenda di Draghi, un altro modo di chiamarlo cartello. Per il leader di Italexit, Gianluigi Paragone l’espletamento degli impegni burocratici al fine della presentazione delle liste sarà reso arduo anche e soprattutto dal periodo estivo: «Sarà difficile trovare tutti gli avvocati che serviranno per autenticare le firme nella settimana di Ferragosto», e propone una soluzione: «Basterebbe un intervento del presidente della Repubblica teso a semplificare l’iter in questa fase di emergenza elettorale. Si potrebbe abbassare il numero delle firme a 350, come accaduto già la prima volta che fu introdotto il Rosatellum. Oppure eliminarle del tutto consentendo la partecipazione al voto ai partiti registrati come Italexit». Il senatore ha poi concluso: «Questa dovrebbe essere una battaglia di tutti perché eliminare i partiti del dissenso dalla gara elettorale non è un grande esercizio di democrazia». <div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/grande-guaio-micro-partiti-firme-2657718001.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="il-documento-che-smonta-la-bufala-del-pnrr-che-salta-a-causa-della-crisi" data-post-id="2657718001" data-published-at="1658624449" data-use-pagination="False"> Il documento che smonta la bufala del Pnrr che salta a causa della crisi Sono stati in molti a gridare allo scandalo perché, con la crisi di governo e le dimissioni del premier Mario Draghi nelle mani del presidente della Repubblica Sergio Mattarella, rischiavano di saltare tutti i piani legati al Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) e a quello Nazionale complementare. Secondo la circolare sugli affari correnti firmata da Mario Draghi e inviata a tutti i ministeri, però, la realtà sarebbe ben diversa. Certo, in generale, il piano d’azione del governo sarà ridotto, ma la continuità del governo resta garantita, pena la paralisi dello Stato. Come si può leggere nella missiva, il governo Draghi «rimane impegnato nell’attuazione delle leggi e delle determinazioni già assunte dal Parlamento e nell’adozione degli atti urgenti, compresi gli atti legislativi, regolamentari e amministrativi necessari per fronteggiare le emergenze nazionali, le emergenze derivanti dalla crisi internazionale e la situazione epidemiologica da Covid-19». Inoltre, alle questioni già aperte, si aggiunge «l’attuazione legislativa, regolamentare e amministrativa del Piano nazionale di ripresa e resilienza e del Piano nazionale per gli investimenti complementari». In parole povere, il governo uscente continuerà ad avere tra le sue priorità tutti gli atti legislativi legati alla crisi russo ucraina, agli effetti della pandemia del Covid-19 e all’attuazione di Pnrr e Pnc. Sempre in tema di attività normativa, inoltre, l’esecutivo non prenderà in considerazione nuove leggi, «salvo quelli imposti da obblighi internazionali e comunitari». La circolare ha dedicato un intero paragrafo anche alle nuove nomine. L’attuale governo Draghi potrà «procedere soltanto a nomine, designazioni e proposte strettamente necessarie, perché vincolate nei tempi da leggi o regolamenti», e quindi «derivanti da esigenze funzionali, non procrastinabili oltre i termini di soluzione della crisi, per assicurare pienezza e continuità nell’azione amministrativa». Detto in parole povere, ogni nuova designazione dovrà passare dal presidente del Consiglio e dovrà essere strettamente necessaria e funzionale alle attuali esigenze del governo. Un altro capitolo della comunicazione inviata da Draghi ai ministeri riguarda quello che i capi dei singoli dicasteri potranno o non potranno fare. Il documento garantisce la «partecipazione di rappresentanti del governo in Assemblea e nelle Commissioni per l’esame dei disegni di legge di conversione dei decreti legge e nelle altre occasioni in cui sarà richiesta dalle Camere». In più, a tutti i responsabili dei dicasteri è stato richiesto di «predisporre ogni utile elemento e documentazione riguardo l’organizzazione e il funzionamento dei ministeri e dei dipartimenti cui sono preposti, nonché sullo stato delle attività e delle iniziative in corso, al fine di una completa e tempestiva informazione nei confronti della presidenza del Consiglio». Draghi ha anche chiesto a tutti i ministeri di fornire un elenco di tutte le attività amministrative in corso e in scadenza. In dettaglio, nella missiva, si ricorda che il ministero dell’Economia e delle finanze, «eserciterà i diritti dell’azionista nelle società partecipate, previo assenso del presidente del Consiglio». Nulla cambia, invece, per quanto riguarda «l’autonomia di soggetti disciplinati da statuti o regole privatistiche che li sottraggono a direttive o a indirizzi di governo». Il primo ministro Draghi con ogni probabilità discuterà della continuità governativa anche nel corso della riunione con i leader di Cgil, Cisl e Uil che si terrà il prossimo 27 luglio. Sarà un incontro importante nel quale affrontare il pacchetto di riforme per fronteggiare la crisi economica e sociale che stiamo vivendo.
Jose Mourinho (Getty Images)