2021-01-25
Nicola Porro: «Governo Ciampolillo? Sembra di vedere un soft porno anni 70»
Il giornalista: «Pd e M5s disposti a tutto per non andare a casa. La Meloni? Dovrebbe accettare la sfida e candidarsi a Roma».Nicola Porro, la clessidra del governo scorre veloce e l'«operazione costruttori» si complica. Che ne pensi di questo suk di palazzo, usciranno i numeri per allargare la maggioranza? «Rispetto alle manovre cui assistiamo in questi giorni, il mercato delle vacche ha un elemento di trasparenza superiore. Nei palazzi della politica sta andando in scena un film di Renzo Montagnani, uno di quei soft porno anni Settanta». Come sottofondo manca solo la musica di Piero Umiliani. «Da una parte, trovi uno come il senatore Ciampolillo, su cui si regge questo governo, che si candida a fare il ministro dell'Agricoltura. Lui che, di fatto, ha contribuito alla distruzione dell'intero mercato olivicolo pugliese, inventandosi la “saponetta per la Xylella". Dall'altro lato, hai Riccardo Nencini: l'uomo grazie al quale Matteo Renzi ha un gruppo autonomo al Senato, che vota a favore di Conte nel momento in cui il suo gruppo, quello dei renziani, inizia la crisi. E poi Maria Rosaria Rossi, l'ex tesoriera di Forza Italia, cioè lo stesso partito con cui Conte e il Movimento 5 stelle neanche si potevano vedere all'inizio delle trattative, che passa dall'altra parte». In mezzo la pattuglia degli ex grillini morosi cacciati. «Non mi stupisce che ora tutti li cerchino: il Movimento 5 stelle ha dimostrato di poter fare tutto e il contrario di tutto pur di rimanere in Parlamento. Se a tutto questo, poi, aggiungiamo le voci sulle storie d'amore e i fidanzamenti, il quadro è completo. Neanche negli anni Settanta avrebbero potuto inventare una storia così».Per avere un governo forte, in grado di gestire questa situazione di emergenza, ci vorrebbero almeno 170 senatori, secondo il ministro Franceschini. Numeri impossibili?«Impossibili. Questo governo non ha mai avuto la forza di gestire l'ordinario, figuriamoci lo straordinario. Hanno già perso un anno, buttando nel cestino 180 miliardi di debito. Fino all'ultimo, proveranno a trovare i numeri che servono per non cadere subito, quando a metà settimana si vota la relazione di Bonafede sull'amministrazione della giustizia». Scampato l'eventuale pericolo, quali prospettive offre un governo Conte-Ciampolillo? La campagna vaccinale procede a singhiozzo, dall'Europa mettono in guardia sulla stabilità, in ottica Recovery fund. «È una follia affidare a questo governo un progetto di ripresa di quella portata. A questi abbiamo già affidato 180 miliardi e non ce ne siamo accorti. Adesso gliene affidiamo altri 200 e in questo caso se ne accorgeranno in pochi, cioè quelli che avranno bisogno delle prebende. Mal contati, più di 350 miliardi di debito pubblico che faremo non per la pandemia, ma per tenere in piedi questo governo. Un bambino che non sarebbe mai dovuto nascere, citando Oriana Fallaci. Ancora una volta, Conte è riuscito a comprare tempo. Non si capisce perché il presidente della Repubblica gli abbia permesso di farlo».In questa crisi, che ruolo ricopre Sergio Mattarella? «È il primo alleato di Conte. Forse non lo fa di buon grado, ma di fatto è così. Mattarella non ha intenzione, e forse non è nella sua indole, di fare quei piccoli strappi che oggi sarebbero necessari: spiegare al presidente del Consiglio che non ha una maggioranza, che si deve aprire una crisi e che ci sono maggioranze alternative che si verrebbero a creare in Parlamento con altri nomi. Il presidente della Repubblica è un grande conservatore, senza il coraggio di fare uno strappo».Senza numeri, che soluzioni immagini? Le elezioni le escludi?«Sì. La tendenza di tutti i parlamentari, e sottolineo tutti, è quella di mantenere il seggio».Un Conte ter? O un governo di unità nazionale, come qualcuno è tornato a ipotizzare?«Mi sembra che in questo momento un Conte ter o un governo di salvezza nazionale abbiano le stesse probabilità. Con il Conte ter sappiamo quello che prendiamo, se in un governo istituzionale ci troviamo un leaderino del Pd come presidente del Consiglio, cadiamo dalla padella alla brace».La pista Draghi, invocata da più parti in passato, si è raffreddata?«Perché uno come Mario Draghi dovrebbe mettersi nelle condizioni di non poter governare? Chi ha una carriera come quella di Draghi, che si è trovato a gestire anche politicamente questioni complesse, non ci pensa neanche per un secondo a mettersi nella situazione di dover rispondere a Di Battista, Ciampolillo o alla Polverini».C'è un fronte del Nord all'interno del Partito democratico che intende ricucire i rapporti con Matteo Renzi e allargare a Forza Italia per costruire una maggioranza ampia, come quella che governa in Europa. La ritieni una possibilità? «Il fatto che alcuni esponenti del Partito democratico vogliano ricucire con Renzi non mi sorprende, è nel loro dna: gran parte dei parlamentari considerano le sue parole sacrosante. Una parte del Pd non digerisce il rapporto con il Movimento 5 stelle».E Forza Italia? La fiducia di tre parlamentari a Conte è un segnale di fuga? «Un partito che ha digerito Renata Polverini, anni luce lontana dal berlusconismo, e che ha preso Andrea Causin, che si era già fatto il giro delle sette chiese, ha al suo interno delle fragilità di tenuta rilevanti. Visti i numeri risicati della maggioranza al Senato, i due transfughi di Palazzo Madama (Causin e Rossi, ndr) hanno dato un segnale pericoloso. Detto questo, sono convinto che la loro sia una operazione del tutto personale».Che partita stanno giocando? «Sono sicuri che non verranno rieletti con Forza Italia. L'unica, piccola possibilità di tornare in Parlamento è accettare un patto scellerato con qualcuno che li vuole in maggioranza».In ottica futura, pensi che una maggioranza possa saldarsi attorno a un partito di Conte?«Conte ha una percezione della realtà completamente falsata, vive in una bolla. Come molti suoi predecessori, per esempio Mario Monti, cadrà nel tipico errore di chi arriva a Palazzo Chigi senza alcuna esperienza politica: pensano di fare il Palazzo, ma non si accorgono che è il Palazzo a fare loro».Secondo i sondaggi, un eventuale partito di Conte avrebbe numeri interessanti: qualcuno lo stima tra il 15 e il 17%. «La ritengo una balla colossale: per me, quel sondaggio è allo stesso livello della credenza che la Terra sia piatta».Zingaretti e Di Maio hanno chiesto al premier «un'azione politica forte». Ritieni che Conte sia in grado di compierla?«Conte è un liquido, si adatta perfettamente a qualsiasi contenitore. A seconda delle richieste, lui si adegua». Pensi che nel Movimento 5 stelle possano indicarlo come futuro leader?«Essendo un algoritmo della politica, non dotato di intelligenza artificiale, può diventare qualsiasi cosa: il leader del Movimento, ma anche il leader di una futura coalizione di centrodestra». Addirittura?«Parafrasando Cocciante, il premier è una “bella senz'anima", potenzialmente in grado di incarnarle tutte, anche quella di centrodestra. Ha il physique du rôle del conservatore, si adatterebbe anche a un contenitore di quel tipo». La sua forza è la debolezza altrui, come pensa qualcuno?«In questo momento non vedo leader in giro. L'unico è Silvio Berlusconi, che ha un'idea, un progetto. È un leader con meno terra rispetto al passato, ma resta tale. Zingaretti non mi sembra un grande leader politico, di quelli di Leu non parliamo neanche. Il Movimento non ho ben capito cosa sia diventato. La Meloni e Salvini sono due grandissimi capi di partito».Ma non dei leader, secondo te?«Grandi capi del loro partito. Giorgia Meloni, che in questo momento è il personaggio politico più affascinante, dovrebbe fare un'operazione parigina su Roma». Candidarsi per il Campidoglio? Secondo i sondaggi, Fratelli d'Italia è l'unico partito a guadagnare seggi in un eventuale futuro Parlamento. Non le converrebbe spingere per le elezioni?«Per i prossimi due o tre anni, non si voterà. La Meloni lo sa, meglio mettersi l'anima in pace. Avrebbe l'opportunità di fare la sindaca di Roma e da lì giocarsi la partita nazionale».Governare la capitale non è semplice. «Roma è pericolosissima, gestire la città è difficile, ma è da lì che si misura un leader. La Meloni avrebbe due vantaggi: peggio della Raggi è difficile fare; governare bene Roma le permetterebbe di guadagnarsi il favore di chi, non solo nella capitale, chiede ai leader di saper gestire la cosa pubblica. Sarebbe una grandissima sfida, anche in ottica nazionale. Se conquisti Parigi, conquisti la Francia. Se conquisti Roma, conquisti l'Italia. Di fronte a una classe dirigente che non ha mai gestito neanche un condominio, come è stato per Conte, un leader che pensa al futuro deve dare la dimostrazione di saper affrontare anche sfide impossibili, come il governo della capitale».