2019-10-11
Goulard bocciata, l’inciucio perde pezzi pure all’Ue
La candidata commissaria francese stoppata dal Parlamento. Emmanuel Macron gela Ursula von der Leyen: «Meschina»Doccia fredda su Parigi. Le commissioni Industria e Mercato Interno dell'Europarlamento hanno bocciato ieri il commissario in pectore francese al Mercato Interno e alla Difesa, Sylvie Goulard, dopo che la diretta interessata non era già riuscita a superare l'audizione del 2 ottobre scorso. Il voto contro la candidata di Emmanuel Macron si è tenuto a scrutinio segreto. Nel dettaglio, stando a quanto riporta Politico, 82 eurodeputati avrebbero votato contro, 29 a favore e uno si sarebbe astenuto. Nel corso delle due audizioni, la Goulard è stata bersagliata dalle domande degli esaminatori in riferimento alle accuse di aver usato indebitamente fondi europei per pagare un suo assistente: un elemento per cui si era dovuta dimettere da ministro della Difesa nel 2017 e per cui è attualmente sotto indagine in Francia e da parte dell'organismo anti frode dell'Unione europea. Inoltre, a pesare su di lei è stato anche il fatto di essere stata remunerata da una fondazione statunitense. La Goulard ha provato a difendersi da critiche e polemiche, invocando la presunzione di innocenza. Ma, a quanto pare, questa strategia è servita a ben poco. La diretta interessata ha quindi preso mestamente atto del verdetto emesso dall'Europarlamento. «Prendo atto della decisione del Parlamento europeo, nel rispetto della democrazia. Ringrazio il Presidente della Repubblica e Ursula von der Leyen per la loro fiducia e tutti i deputati che hanno votato per me», ha twittato la Goulard. Dall'Eliseo, neanche a dirlo, non l'hanno presa esattamente bene. Macron si è mostrato visibilmente irritato, parlando di un «gioco politico» anti francese. «Devo capire che cosa era in gioco. Risentimento. Meschinità, forse. Ma devo capire», ha dichiarato il presidente francese. Al di là delle pur importanti questioni giudiziarie, è infatti molto probabile che Macron tema una manovra politica ai suoi danni. Un sospetto in parte fondato, visto che a votare contro la sua candidata sarebbero stati popolari, conservatori, verdi e nazionalisti, laddove solo i liberali e (con qualche incertezza) i socialisti l'avrebbero sostenuta. Alla base di questa situazione potrebbero celarsi svariate ragioni. In primo luogo, appare chiaro che la coalizione che ha portato all'elezione Ursula von der Leyen la scorsa estate cominci a perdere i pezzi. La «rivolta» dei popolari non è infatti un avvenimento insignificante e, al di là delle dinamiche europee, questo elemento potrebbe avere presto delle ripercussioni sullo stesso governo italiano: un governo che ha sempre cercato la propria originaria giustificazione politica dal fatto che le principali forze che lo compongono avessero votato a favore della von der Leyen. In secondo luogo, non è improbabile che gli schieramenti europei abbiano mal digerito il forte accentramento di potere che sarebbe andato nelle mani di una sola persona: come detto, oltre al Mercato Interno, la Goulard avrebbe avuto anche le deleghe alla Difesa. Un fattore fondamentale per un Paese, la Francia, che da tempo teorizza la necessità di costituire un esercito europeo. Insomma, lo schiaffo per Macron è stato cocente e, adesso, dovrà confrontarsi con la von der Leyen. Visti i numeri della bocciatura, sarà molto improbabile che la neo presidentessa riesca a salvare la Goulard. Se quindi il capo dell'Eliseo dovrà probabilmente rassegnarsi a perdere una candidata a lui politicamente molto vicina, non accetterà tuttavia tanto facilmente di rinunciare a qualcuna delle deleghe che sono state assegnate a Parigi. Un punto molto problematico per la von der Leyen che rischia di vedersi franare sotto i piedi la stessa (risicata) maggioranza che l'ha eletta pochi mesi fa. Qualora popolari e liberali dovessero arrivare ai ferri corti, la nuova Commissione potrebbe rischiare turbolenze fatali. Senza infine dimenticare che anche altri commissari in pectore sono incorsi in sonore bocciature: è stato il caso della rumena socialista, Rovana Plumb, e del popolare ungherese, László Trócsányi, respinti a settembre dalla commissione Giustizia con l'accusa di conflitto di interessi.