2021-04-11
Gli uomini di Conte hanno l’obbligo di chiarire con gli italiani
Domenico Arcuri è indagato: i pm romani gli contestano il peculato. Tecnicamente il reato prevede l'appropriazione indebita o la distrazione, commessa da un pubblico ufficiale per sé o per altri, di denaro o altro bene. Ovviamente, un'iscrizione sul registro degli indagati non è una sentenza di condanna, ma solo una procedura che segnala l'avvio di un'inchiesta.Dunque, l'ex commissario all'emergenza avrà modo di spiegare i fatti che gli vengono addebitati e, qualora si arrivasse a un processo, di difendersi. Tuttavia, al di là dalla questione squisitamente giuridica, cioè dell'iter che prenderà l'indagine della procura, una cosa è certa ed è che l'amministratore delegato di Invitalia nominato da Giuseppe Conte per affrontare l'epidemia di coronavirus già da tempo avrebbe dovuto chiarire. Un uomo a cui sono stati dati ampi poteri in ragione dell'urgenza di salvare vite umane, ha infatti il dovere di rendere conto all'opinione pubblica delle sue scelte e invece Arcuri questo dovere non lo ha sentito. Per quasi un anno, tanto è durato il suo mandato, il commissario ha risposto con arroganza a chi gli chiedeva conto di alcune scelte. Di fronte ai giornalisti - come quelli della Verità - che non si arrendevano alle sue repliche altezzose, il flop manager nelle cui mani era la salute degli italiani, non ha esitato a minacciare cause. Le poche redazioni che si sono occupate delle vicende legate alle forniture di banchi a rotelle e di mascherine da parte della struttura commissariale non hanno ricevuto i chiarimenti che sarebbero stati necessari, ma una raffica di querele, insieme a inviti a non disturbare il «manovratore». Eppure, ciò che volevano conoscere i cronisti non erano i risvolti di un servizio privato, ma di un affare pubblico, dove erano impegnati i soldi dei contribuenti. E, come abbiamo visto, non pochi. Dal novembre scorso, cioè da quando i giornalisti della Verità hanno messo le mani su un sospetto acquisto di centinaia di milioni di mascherine chirurgiche, ogni giorno abbiamo chiesto un chiarimento e ogni giorno, nonostante la vicenda assumesse sempre più un aspetto poco chiaro, ci siamo trovati di fronte a un muro. Possibile che nessuno avesse il coraggio di spiegare come fosse stato possibile che un giornalista fosse riuscito a trasformarsi in intermediario di un affare miliardario guadagnando milioni? Il tutto in compagnia di un gruppetto di soci certo non specializzati in forniture sanitarie, ma tuttavia capaci di incassare almeno 72 milioni di commissioni? Ora i protagonisti della strana operazione, compreso Arcuri, le risposte le forniranno ai magistrati e noi siamo impazienti di conoscerle, per capire che cosa sia accaduto nei mesi scorsi, in uno dei periodi più difficili per il nostro Paese. Mentre la gente moriva di Covid negli ospedali, vogliamo sapere chi e come ci ha guadagnato. Ciò detto, la notizia dell'indagine a carico dell'ex commissario straordinario non è la sola ad averci colpito. L'iscrizione nel registro della Procura di Domenico Arcuri arriva dopo quella di Ranieri Guerra, uno degli uomini che in Italia più hanno influito sulla gestione dell'emergenza Covid. Questa volta, a indagare non sono i pm di Roma, ma quelli di Bergamo, che vogliono capire perché il nostro Paese non avesse un piano pandemico e dunque perché non sapesse come affrontare l'epidemia di coronavirus. Un rapporto dell'Oms avrebbe svelato ritardi ed errori, ma Ranieri Guerra, uno stretto collaboratore del ministro della Salute Roberto Speranza, si sarebbe dato da fare per insabbiare e correggere la relazione. Non è tutto. Guerra non avrebbe agito da solo, ma informando delle sue intenzioni di emendare il resoconto Silvio Brusaferro, presidente dell'Istituto superiore di sanità e attuale portavoce del Comitato tecnico scientifico. Non è finita: dagli atti dell'indagine, nei messaggi scambiati fra Guerra e Brusaferro emerge anche il nome del capo di gabinetto del ministro Speranza, Goffredo Zaccardi, il quale, durante un incontro richiesto dallo stesso Guerra, avrebbe dato indicazioni per far «cadere nel vuoto», cioè far sparire, il rapporto che imbarazzava il ministero e certificava la mancanza di un piano contro la pandemia. In pratica, mentre l'Italia era alle prese con la terribile ondata di contagi, i più stretti collaboratori del ministro cercavano di nascondere il documento che certificava ritardi ed errori. Il principio richiamato per Arcuri, ovviamente vale anche per Ranieri Guerra e dunque vedremo come procederà l'inchiesta della Procura di Bergamo. Tuttavia, a prescindere dagli sviluppi giudiziari, ci sono delle conseguenze politiche che si devono trarre. Questi signori possono continuare a rimanere al loro posto? E Speranza - che non si accorge mai di nulla - può continuare a fare il ministro?