2019-09-30
Gli scandali del Pd in Umbria. I buchi neri del sistema rosso, da Sanitopoli alla Palestina
L'inchiesta sulle assunzioni negli ospedali ha decapitato la giunta Marini. Ma le zone d'ombra sono innumerevoli: dalle ferrovie in rovina alle spese pazze.«Ti mando la Marisa?». Perché la solerte Catiuscia Marini, zarina umbra a riposo, a sistemare con quel concorso la sua protetta teneva immensamente. Per avere in anticipo le domande da consegnare alla candidata, era perfino disposta a inviare la Marisa: «Quella della Lega coop...», chiarisce al direttore generale dell'ospedale di Perugia. Alla favorita manca il titolo di studio necessario? Ovviabile dettaglio: «Mettice anche che c'ha la laurea...», rilancia l'ex governatrice. «Vabbè, comunque cercamo... Stai tranquilla», la rasserena il manager.Maledetti telefoni. Un'intercettazione dopo l'altra, hanno decapitato il Pd in Umbria. Via l'indagata Marini, presidente costretta alle dimissioni dopo un decennio di irrefrenabile potere. Via il segretario umbro, Gianpiero Bocci, e pure l'assessore regionale alla Sanità, Luca Barberini, già ai domiciliari. Del resto quelle ruspanti conversazioni sono eloquenti. I magistrati, senza troppi voli pindarici, l'hanno chiamata Sanitopoli. E anche le accuse sono le solite: concorsi truccati, favori e pastette. Con i democratici, accusa la Procura di Perugia, impegnati a regolare il traffico delle nomine. Ma è solo l'apogeo di un rodatissimo sistema. L'inestricabile groviglio che adesso s'incrocia con le imminenti elezioni regionali. Ventisette ottobre 2019: al voto manca poco meno di un mese. Il Pd, fino a una settimana fa, si preparava al naufragio. La rinascita del governo Conte è però diventata un'inaspettata ancora di salvezza. O meglio: il grimaldello per impiantare pure sui riottosi territori il diabolico innesto ideato a Palazzo Chigi. E il prima possibile. A partire dalla tornata elettorale umbra. E mentre il centrodestra avanzava ribaldo, i neoalleati approntavano l'ultima mossa: un candidato comune. Il prescelto è dunque Vincenzo Bianconi, imprenditore e presidente di Federalberghi Umbria. Si trova davanti un'impresa ardita: far dimenticare il passato. Per di più con una montagna di brace che arde sotto la cenere: quella preparata negli ultimi anni proprio dai grillini locali. Ossia gli acerrimi nemici dei democratici. Fino alla scelta di Bianconi, almeno. Contro i neoalleati, hanno sempre dardeggiato. Tanto che alcuni esposti e denunce che hanno innescato Sanitopoli sono stati scagliati proprio dall'arco dei pentastellati. Lo scandalo che ha travolto i democratici è solo l'ultimo di una lunga serie. Ma è diventato l'affresco più pittoresco del sistema. Le intercettazioni dell'inchiesta restano memorabili: «E questo che è?», si domandava il 18 giugno 2018 il direttore generale degli Ospedali di Perugia Emilio Duca, scartabellando nel suo ufficio. «Ah, i curriculum... è meglio che li strappiamo così vengono qua e li sequestrano... fosse mai». Il manager, assieme ad altre persone, lo scorso aprile è finito agli arresti domiciliari. Gli indagati nell'inchiesta sono 35. Ed erano tanti anche quelli da sistemare: figlioli, amici e amanti. Tanto che Duca, al telefono, sogghigna: «Eh, gliel'ho detto: “I posti già son finiti!"». Peccato che il concorso non fosse nemmeno iniziato. Ma l'inchiesta continua: la lista degli indagati si allunga, le indagini sono state prorogate, altri filoni si aggiungono. Con un aggravante: è un copione già stravisto.Perché Sanitopoli è un grande classico della politica umbra. Due anni fa l'antesignana di Marini, l'ex governatrice Maria Rita Lorenzetti, come lei al comando per un rotondo decennio, viene condannata dalla Cassazione a otto mesi: falso ideologico. Tradita da una delibera approvata dalla sua giunta nel 2009, che autorizzava alcune Asl ad assumere personale. È illecita, confermano gli ermellini. Assieme a Lorenzetti, vengono condannati anche l'allora assessore regionale al ramo e un ex direttore generale. Adesso sembra andare in onda un ben più appassionante remake: raccomandazioni, spintarelle e concorsi farlocchi. Del resto la sanità umbra negli anni è diventata una torta gigantesca, che impiega il 71% delle risorse economiche. I grillini eletti in assemblea regionale, Maria Grazia Carbonari e Andrea Liberati, da anni lamentano l'insostenibile deriva clientelare. Puntualmente documentata sul sito del Movimento in Umbria, adesso in manutenzione. Una denuncia dopo l'altra. Battaglie su battaglie. A marzo 2016 i consiglieri dei 5 stelle denunciano la presunte furberie dei dirigenti di alcune partecipate: si fanno pagare persino i gratta e vinci, assaltano. A settembre 2017 è il turno del «combinato disposto di sprechi ed estesa incompetenza politico-amministrativa» che avrebbe portato, dopo 102 anni di onorato servizio, alla chiusura di Ferrovia centrale umbra, che percorreva tutta la Regione lungo la Valle del Tevere. Per non parlare di Sviluppumbria: dovrebbe essere dedita alla crescita e alla produttività, invece è da sempre un carrozzone pletorico e di dubbia utilità. E come dimenticare la strategica e già archiviata Camera arbitrale palestinese? Viene inaugurata cinque anni fa a Ramallah, in Cisgiordania. Con l'ex governatrice che rivela l'alto e ambizioso fine: «Il progetto contribuirà al rafforzamento istituzionale dello Stato di Palestina», promette Marini. Insomma, dovrà risolvere le controversie su contratti commerciali, finanziari e ingegneristici nella tormentata area. Grazie anche al propizio contributo del ministero degli Esteri, saranno formati gli «arbitri» che dovranno dirimere le controversie. Quali? Boh. L'unica certezza sarebbero i costi piuttosto cospicui: il responsabile del progetto, assicura Carbonari, avrebbe avuto 136.000 euro in poco più di un anno. Conclusione: l'ente trapiantato in Palestina, assicura la consigliera grillina, «non ha raggiunto grandi risultati ma ha prodotto tanti beneficiari di mega consulenze e viaggi». L'ultimo pallino grillino è il Fondo immobiliare Monteluce, partecipato da Regione, enti locali e privati. E diventato «una tela di Penelope che ha intrappolato tutti». Il riferimento è alla riqualificazione in corso dell'enorme area dell'ex ospedale, su una collina di Perugia. Ovunque il cospicuo investimento, e gli eventuali rischi, sarebbero appannaggio del miglior offerente. Ma non in queste arcistataliste e lussureggianti lande. Qui ci pensa la Regione a lanciare un «innovativo modello di partnership pubblico-privata». Talmente innovativo da essere «il primo fondo immobiliare ad apporto pubblico dedicato a progetti di rigenerazione urbana». Sempre davanti a tutti, nella ridente Umbria: soldi dei cittadini e gestione alla banca francese Bnp Paribas. Peccato che l'avveniristica soluzione si sia trasformata in un bubbone. La situazione finanziaria sarebbe gravissima. Ma non divulgabile: «Vige obbligo di riservatezza, per evitare speculazioni a danno del pubblico», spiegano lo scorso febbraio i pentastellati dopo l'audizione, nella Commissione affari istituzionali regionale, dei vertici del fondo. «Eppure gli umbri devono sapere chi furono quei politici che giocarono a Monopoli con i loro soldi». Adesso però Carbonari, vicina al barricadero Alessandro Di Battista, è in ambasce. Rivendica d'aver fatto cadere il sistema, si lagna dell'indigeribile alleanza, paventa il rischio degli elettori grillini in fuga. E non è solo la consigliera a ribollire. Tiziana Ciprini, deputata di Perugia, per l'occasione ha perfino riesumato l'armamentario verbale di Beppe Grillo: «Per digerire i candidati del Pd ci vorrà il Maalox».C'è da capirli. E a rendere i democratici un uovo sodo, che per l'omonimo film non va né su e né giù, e arrivata pure la Corte dei conti. A luglio 2019 evidenzia il pantano delle 155 società partecipate dalla Regione: urge razionalizzare, grazie. Per non parlare degli «eccessivi costi della politica», a partire dell'ufficio di gabinetto del presidente, azzerato dopo le dimissioni di Marini. A proposito, i magistrati contabili mettono il dito anche nella piaga sanitaria: ci sono «importanti sacche di criticità» e «inadeguata valutazione dei dirigenti». Oltre che spese fuori controllo. Pure sul tema del personale, ci sarebbe poco da rallegrarsi. Ancora nella sanità: «Involgenti plurimi profili di illecito erariale». Come dimostra del resto l'ultima inchiesta dei magistrati perugini. E nella munifica Regione? Dirigenti e affini arrivano al 27%: quasi uno su tre dei dipendenti. E i trasporti? Praticamente all'anno zero. O quasi. Si aggiungono alle avvilenti lentezze patite dopo il terremoto del 2016 nella Valnerina e a Norcia: la magistratura contabile ha appena aperto un fascicolo contro ignoti per indagare sui ritardi della ricostruzione. «Il cuore verde d'Italia» l'hanno sempre chiamata. Ma la povera Umbria continua a boccheggiare. Sanitopoli ha temporaneamente deposto i democratici. Così la Regione rossissima, dopo l'ardita combinazione con il giallo grillino, adesso ha un candidato scarlatto. Tendente all'arancione. Nuovo ma già stantio, in perfetto stile gattopardesco.
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