
Per i magistrati, coi criteri applicati dal governo «sarebbe stato lecito pure rimandare gente nella Germania nazista». Con i loro criteri, invece, non esistono Paesi sicuri e quindi qualsiasi rimpatrio è di fatto impossibile.Vi avevamo avvisati: il decreto sulle liste dei Paesi sicuri, nei quali rimpatriare i migranti anche dal Cpr in Albania, non è al riparo dagli assalti giudiziari. E infatti le toghe di Bologna, per demolirlo, hanno addirittura tirato in ballo la Germania nazista. Con un atto depositato ieri, il tribunale emiliano si è rivolto alla Corte di giustizia europea, per chiederle quale norma vada applicata: quella italiana o la direttiva di Bruxelles, con la quale, secondo i magistrati, il dl di Roma si pone in contrasto.Tutto è partito dal ricorso di un cittadino del Bangladesh, che rientra nell’elenco delle nazioni nelle quali sarebbe lecito rimandare gli irregolari. Il 18 ottobre, era stato il tribunale di Roma a bocciare la designazione, appigliandosi a una sentenza del Lussemburgo, datata 4 ottobre, che dice due cose: primo, che nessun Paese è sicuro se non lo è nella sua interezza; secondo, che i giudici nazionali hanno il dovere di valutare se l’indicazione di un Paese come destinazione sicura sia coerente con i principi del diritto comunitario. I giudici della Capitale hanno liquidato la lista redatta a maggio e contenuta in un decreto ministeriale, che è una fonte secondaria. Il governo, quindi, ha pensato che varare un decreto legge, elevando il rango della norma, avrebbe reso più difficili i blitz. Ma il sindacato giuridico perenne istituito dal verdetto lussemburghese, unito al dogma del primato del diritto Ue, ha reso vulnerabile pure il testo uscito dal cdm.Questo non vuol dire che le argomentazioni dei giudici siano irresistibili. Quelle dei magistrati di Bologna, anzi, sono bizzarre. A loro avviso, con i criteri adottati dal governo, che reputa sicuri degli Stati nei quali si violano solo i diritti di alcune categorie di persone, «si potrebbe dire, paradossalmente, che la Germania sotto il regime nazista era un Paese estremamente sicuro per la stragrande maggioranza della popolazione tedesca: fatti salvi gli ebrei, gli omosessuali, gli oppositori politici, le persone di etnia rom e altri gruppi minoritari, oltre 60 milioni di tedeschi vantavano una condizione di sicurezza invidiabile. Lo stesso può dirsi dell’Italia sotto il regime fascista». Tirando le somme: «Se si dovesse ritenere sicuro un Paese quando la sicurezza è garantita alla generalità della popolazione, la nozione giuridica di Paese di origine sicuro si potrebbe applicare a pressoché tutti i Paesi del mondo, e sarebbe, dunque, una nozione priva di qualsiasi consistenza giuridica». Forse i magistrati non si accorgono che, seguendo il loro ragionamento, si arriverebbe a una conclusione financo più illogica: nessun Paese risulterebbe sicuro. Persino la direttiva europea in vigore - nel 2026 le subentrerà una che consente esplicitamente di definire sicuro uno Stato solo per una parte del suo territorio - parla di «persecuzioni» perpetrate «generalmente e costantemente». In sostanza, per renderli rilevanti ai fini delle domande di protezione, bisogna che gli abusi siano previsti dalle leggi, o derivino da un preciso e organizzato disegno dei regimi. Non riconoscere limiti all’accettabilità delle richieste d’asilo porta a un assurdo: dovremmo spalancare le porte e i porti a milioni di individui.Il tribunale di Bologna chiede alla Corte lussemburghese di stabilire «se la presenza di forme persecutorie o di esposizione a danno grave concernenti un unico gruppo sociale di difficile identificazione» renda impossibile definire sicuro un Paese. Il suo presidente, Pasquale Liccardo, ha precisato che «il rinvio proposto è volto a ottenere, con la richiesta di procedura d’urgenza, l’uniforme e stabile interpretazione del diritto dell’Unione». Ma i tecnicismi sono la foglia di fico per coprire un obiettivo politico: picconare l’accordo con l’Albania. Proprio mentre poco lontano, in Montenegro, al Forum Ue-Balcani, gli emissari di Bruxelles chiedono ai partner di«garantire l’effettivo rimpatrio nei Paesi d’origine dei migranti senza diritto di soggiorno».Tommaso Foti, capogruppo di Fdi alla Camera, ha criticato la «sorprendente decisione» di Bologna, confermando comunque che ai giudici spetta «valutare nel caso concreto». I rimedi per blindare i contestati elenchi ci sarebbero. Due li ha suggeriti, ieri, Pietro Dubolino. Si potrebbe abolire l’assistenza legale gratuita per i ricorsi manifestamente infondati, così da evitare che i magistrati si pronuncino. L’altra ipotesi sarebbe di sottrarre loro il compito di convalidare i provvedimenti di trattenimento emessi dai questori. Ci sarebbe poi una terza strada: la questione di costituzionalità. Le norme Ue, infatti, non possono cozzare con la nostra Carta fondamentale. Ma se la direttiva 2013 va letta come vuole la Corte del Lussemburgo, dovremmo riconoscere che «politica estera», «diritto di asilo», «immigrazione», «sicurezza» e «ordine pubblico» sono materie sulle quali non ha competenza lo Stato, inteso come Parlamento e governo, bensì la magistratura. Il che contraddirebbe il Titolo V. Peccato che, per scendere così in profondità, occorrerebbe un giudice più interessato a tutelare la Costituzione che a danneggiare Giorgia Meloni.
L' Altro Picasso, allestimento della mostra, Aosta. Ph: S. Venturini
Al Museo Archeologico Regionale di Aosta una mostra (sino al 19 ottobre 2025) che ripercorre la vita e le opere di Pablo Picasso svelando le profonde influenze che ebbero sulla sua arte le sue origini e le tradizioni familiari. Un’esposizione affascinante, fra ceramiche, incisioni, design scenografico e le varie tecniche artistiche utilizzate dall’inarrivabile genio spagnolo.
Jose Mourinho (Getty Images)
Con l’esonero dal Fenerbahce, si è chiusa la sua parentesi da «Special One». Ma come in ogni suo divorzio calcistico, ha incassato una ricca buonuscita. In campo era un fiasco, in panchina un asso. Amava avere molti nemici. Anche se uno tentò di accoltellarlo.