2024-12-19
Giorgia rivendica: «Non prendo ordini, io...»
Il premier risponde a Monti, che la accusa di dare un «protettorato morale» al patron di X: «Erano altri i leader che eseguivano le indicazioni venute da fuori». Poi attacca i dem: «Ora vi preoccupate delle ingerenze, sono contenta che siate diventati sovranisti».A chi ha un po’ di memoria della storia politica italiana contemporanea il botta e risposta andato in scena ieri a Palazzo Madama tra il senatore a vita Mario Monti e il presidente del Consiglio Giorgia Meloni è apparso surreale. Parlando dello stretto legame di amicizia tra la Meloni e Elon Musk, Monti afferma: «Se si dà l’impressione di erigere un privato, un grande genio come Elon Musk, a una forma di protettorato morale del nostro Paese c’è una perdita di dignità dello Stato». Come non essere d’accordo con Monti, che però non sembra d’accordo con sé stesso. Basta rileggere, per comprendere la scarsa coerenza di Monti, l’editoriale da lui vergato sul Corriere della Sera del 9 agosto 2011, nel pieno della tempesta scatenata dai mercati, dall’Europa e dalle agenzie di rating, che porterà alla caduta del quarto governo guidato da Silvio Berlusconi. Nell’editoriale, dal titolo «Il Podestà forestiero», Monti (che tre mesi dopo avrebbe preso il posto di Berlusconi a Palazzo Chigi) tra l’altro affermava: «Dobbiamo ai mercati, con tutti i loro eccessi distorsivi, e soprattutto all’Europa, con tutte le sue debolezze, se il governo ha finalmente aperto gli occhi e deciso almeno alcune delle misure necessarie». Il «protettorato» sull’Italia dei mercati e delle agenzie di rating, quello sì talmente invasivo da provocare una crisi di governo, all’epoca a Monti andava più che bene; oggi, l’amicizia tra la Meloni e Musk fa perdere dignità allo Stato. La Meloni risponde a tono: «Su Elon Musk voglio dire una cosa al senatore Monti», dice il premier, «che ha addirittura detto che noi gli abbiamo dato un protettorato morale sul nostro Paese. Noi abbiamo visto, per tanti anni, rappresentanti del popolo italiano, dei leader italiani, che pensavano che, quando avevano un buon rapporto o anche un’amicizia con un leader straniero, dovevano eseguire pedissequamente quello che dicevano gli altri. Io non lo penso. Posso essere amica di Elon Musk ed essere, nello stesso momento, presidente del primo governo italiano che ha approvato una legge per regolamentare l’attività dei privati nello spazio. Siamo stati noi», aggiunge la Meloni, «la prima nazione in Europa a regolamentare l’attività dei privati nello spazio. Io posso avere ed ho buoni rapporti con tanta gente, ma non prendo ordini da nessuno. E dovreste essere contenti di questo». Un concetto rafforzato nella risposta alla senatrice dem Simona Malpezzi, che domanda, rivolta alla Meloni, «perché voglia concedere la sovranità del nostro cielo a Musk»: «Io non consento ingerenze a nessuno», risponde il presidente del Consiglio, «guardo solo all’interesse nazionale. Ma sono felice, senatrice Malpezzi, vedo che siete sovranisti, difendete la sovranità nazionale dalle ingerenze straniere: la considero una grandissima impresa di Elon Musk, anche più di essere arrivato sulla luna. Ero abituata», sottolinea la Meloni, «a quando chiedevate ingerenze di chiunque contro i vostri avversari politici».Nelle comunicazioni del premier in vista del Consiglio europeo, al termine delle quali il Senato approva con 100 sì, 64 no e un astenuto la risoluzione presentata dalla maggioranza, la Meloni si sofferma anche sulla questione del Cpr in Albania: «Intendo usare quei centri», conferma, «per quello per cui sono stati pensati. Ai trafficanti interessa solo fare soldi, si fanno pagare tra i 5 e i 9.000 euro per un viaggio della speranza, e questa è la ragione principale per cui continuiamo ad avere così tanti morti in mare. Tutti capiscono che cosa significhi pagare quella somma», aggiunge il premier, «senza avere la garanzia di poter arrivare in Europa, in questo l’Albania cambia tutto. Per questo io dico che lo considero un modo molto efficace di combattere la mafia del mare». Non manca un affondo contro il Pd, che secondo la Meloni «ha accettato che il commissario europeo italiano fosse preso in ostaggio per difendere il commissario spagnolo». Sul settore automotive, insiste poi la Meloni, «dobbiamo rivedere le scelte, dobbiamo lavorare con pragmatismo e serietà. La corsa all’elettrico è insensata. Non dobbiamo dirci quanto l’automotive sia in crisi in Italia e in tutta Europa. Come ho detto all’assemblea di Confindustria, dobbiamo fare una riflessione su come stanno mutando i consumi nella nostra società. Siamo cresciuti in un mondo in cui l’auto definiva lo status sociale, ora non è più così. Quando cambiano i consumi, perché ci sia un’offerta efficace occorre che ci sia anche la domanda. Rivendico, fra le varie iniziative, il lavoro che Italia e Repubblica Ceca stanno facendo in prima fila in Europa, chiedendo di rivedere alcune decisioni, come quella sulle multe alle industrie, che stanno causando la chiusura di interi stabilimenti per non dover incorrere nel pagamento di multe che valgono miliardi di multe all’anno. Sono soddisfatta e ottimista», sottolinea la Meloni, «perché molti Paesi ci stanno seguendo su questa strategia, bisogna continuare a lavorare».
Nicolas Maduro e Hugo Chavez nel 2012. Maduro è stato ministro degli Esteri dal 2006 al 2013 (Ansa)
Un disegno che ricostruisce i 16 mulini in serie del sito industriale di Barbegal, nel Sud della Francia (Getty Images)
Situato a circa 8 km a nord di Arelate (odierna Arles), il sito archeologico di Barbegal ha riportato alla luce una fabbrica per la macinazione del grano che, secondo gli studiosi, era in grado di servire una popolazione di circa 25.000 persone. Ma la vera meraviglia è la tecnica applicata allo stabilimento, dove le macine erano mosse da 16 mulini ad acqua in serie. Il sito di Barbegal, costruito si ritiene attorno al 2° secolo dC, si trova ai piedi di una collina rocciosa piuttosto ripida, con un gradiente del 30% circa. Le grandi ruote erano disposte all’esterno degli edifici di fabbrica centrali, 8 per lato. Erano alimentate da due acquedotti che convergevano in un canale la cui portata era regolata da chiuse che permettevano di controllare il flusso idraulico.
Gli studi sui resti degli edifici, i cui muri perimetrali sono oggi ben visibili, hanno stabilito che l’impianto ha funzionato per almeno un secolo. La datazione è stata resa possibile dall’analisi dei resti delle ruote e dei canali di legno che portavano l’acqua alle pale. Anche questi ultimi erano stati perfettamente studiati, con la possibilità di regolarne l’inclinazione per ottimizzare la forza idraulica sulle ruote. La fabbrica era lunga 61 metri e larga 20, con una scala di passaggio tra un mulino e l’altro che la attraversava nel mezzo. Secondo le ipotesi a cui gli archeologi sono giunti studiando i resti dei mulini, il complesso di Barbegal avrebbe funzionato ciclicamente, con un’interruzione tra la fine dell’estate e l’autunno. Il fatto che questo periodo coincidesse con le partenze delle navi mercantili, ha fatto ritenere possibile che la produzione dei 16 mulini fosse dedicata alle derrate alimentari per i naviganti, che in quel periodo rifornivano le navi con scorte di pane a lunga conservazione per affrontare i lunghi mesi della navigazione commerciale.
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Viktor Orbán durante la visita a Roma dove ha incontrato Giorgia Meloni (Ansa)
Francesca Albanese (Ansa)