2020-08-09
Gioco delle tre carte sul decretone. Accordo zoppo ma il Quirinale tace
Giuseppe Conte parla di 100 miliardi, i nuovi fondi si fermano a 25. La cifra record si raggiunge sommando gli aiuti da marzo a oggi. Approvazione salvo intese: accordo definitivo entro il 17 o inizieranno i licenziamenti.Incarico a Giacomo Lasorella, già vice segretario d'Aula. I dem perdono peso e sperano di far slittare l'ufficialità a dopo le regionali.Lo speciale contiene due articoli.Secondo quanto La Verità aveva correttamente anticipato nell'edizione di ieri, l'approvazione in Consiglio dei ministri del cosiddetto decreto Agosto è avvenuta con l'ormai malinconicamente consueta formula «salvo intese». Cioè, detto brutalmente: senza un'intesa definitiva su una serie di questioni tutt'altro che marginali. In base a una prassi purtroppo largamente accettata, ma non per questo giustificabile, i ministri hanno dunque approvato una copertina, un indice, e una bozza contenente 109 articoli molti dei quali ancora accompagnati dalla dicitura «nodo politico».Da un punto di vista costituzionale, il problema è duplice: non solo il fatto che seguiranno giorni in cui avverrà una vasta riscrittura del testo all'insaputa della stragrande maggioranza dei ministri; ma anche il fatto che, dietro la foglia di fico della necessità e dell'urgenza, il decreto ha assunto dimensioni «monstre». Infatti, la bellezza di 109 articoli rendono il testo tecnicamente «non lavorabile» in Parlamento: si tratterà del solito pacchetto «prendere o lasciare», che passerà sotto la frusta del voto di fiducia. Una criticità che comunque non ha scalfito il silenzio di Sergio Mattarella.Secondo questo modo d'operare ormai invalso da anni, e purtroppo elevato a sistema dal governo giallorosso, l'esecutivo, in una situazione ordinaria, non avrebbe esitato a prendersi altri 15-20 giorni per completare il testo, anche approfittando delle due settimane di chiusura della Camera e del Senato. Anzi, sottovoce i capi di gabinetto più scafati sussurrano, ovviamente dietro anonimato: a che serve correre se tanto il Parlamento a cui consegnare il decreto è in vacanza? Tuttavia, stavolta, ci sono solo (si fa per dire) altri otto giorni per correggere questa stesura, e non è davvero il caso di andare oltre il 17 agosto: anzi, entro quella mattina occorre che il decreto legge sia assolutamente pubblicato in Gazzetta Ufficiale. Perché? Primo: perché, in base ai decreti precedenti, proprio il 17 agosto scade lo stop ai licenziamenti, che questo decreto prolungherà nella formula «mobile» spiegata ieri (il blocco, impresa per impresa, sarà cioè posposto tra il 17 novembre e il 31 dicembre). Se il nuovo decreto non fosse già in vigore il 17, le imprese avrebbero una finestra temporale per decidere una raffica di licenziamenti, cosa che l'esecutivo vuole evitare. Secondo: perché, in mancanza dei nuovi stanziamenti disposti da questo decreto, gli attuali fondi per la cassa integrazione durerebbero solo fino al 18 agosto, e non oltre. Morale: per queste due ragioni, la deadline è il 17 di questo mese. Resta infine una questione più di fondo, che ha a che fare con i denari effettivamente stanziati dal governo da marzo a oggi, in un irripetibile arco temporale segnato dall'assenza dei vincoli del Patto di stabilità europeo: complessivamente, prima del decreto Agosto, erano poco meno di 80 miliardi. Aggiungendo i circa 25 del nuovo decreto, si arriva ben oltre quota 100. Tanti soldi, e non a caso il comunicato di Palazzo Chigi, dopo il cdm, ha suonato la grancassa: «Con il decreto, le risorse complessive messe in campo per reagire all'emergenza arrivano a 100 miliardi di euro, pari a 6 punti percentuali di Pil». Va anche osservato che qualcuno, in termini di copertura mediatica, nell'ansia e nello zelo accompagnare il governo con tanto di fanfara, ha presentato il decreto di ieri come se da solo fosse in grado di muovere 100 miliardi, cosa che ovviamente non sta né in cielo né in terra. Semmai, sarebbe il caso di ricordare sempre i diversi ordini di grandezza delle risorse messe in campo da altri governi. La sola Germania, e soltanto nel mese di marzo, tra risorse effettivamente stanziate e garanzie, ha deciso un'operazione da 1.100 miliardi, a cui a giugno se ne sono aggiunti altri 130. Per fare solo un altro esempio, il Giappone ha stanziato l'equivalente in yen di quasi un trilione di dollari. Cifra impressionante: tradotta in modo meno criptico, è un uno seguito ben dodici zeri, 1.000 miliardi, la metà del Pil annuale italiano.Il guaio, tornando ai nostri 100 miliardi, è la fortissima sensazione che non solo moltissime di queste risorse siano state sprecate, ma che soprattutto siano state sminuzzate, spezzettate, suddivise in mille rivoli, di fatto vanificando la possibilità di uno choc positivo per l'economia. Anzi, il timore di molti è che l'intero ventaglio dei decreti varati da marzo a oggi non sia stato nemmeno «percepito» dall'economia reale. Ben diversa sarebbe stata la scelta, a parità di stanziamento, di sparare questi 100 miliardi tutti insieme, e soprattutto di concentrarli solo in quattro direzioni senza altre distrazioni: cassaintegrazione, anno bianco fiscale con la cancellazione di molte scadenze del 2020, avvio di abbassamento di tasse per il 2021, e molto più denaro a fondo perduto alle imprese. Una strategia di questo tipo avrebbe determinato un impatto forte. Si è invece scelta la logica della pioggerellina. E la differenza balza agli occhi: i conti, in termini di chiusure e fallimenti di imprese, si faranno in autunno. <div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/gioco-delle-tre-carte-sul-decretone-accordo-zoppo-ma-il-quirinale-tace-2646928004.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="nominato-all-agcom-l-uomo-di-di-maio-pero-gradito-anche-a-berlusconi" data-post-id="2646928004" data-published-at="1596916592" data-use-pagination="False"> Nominato all'Agcom l'uomo di Di Maio (però gradito anche a Berlusconi) La lunga notte del Consiglio dei ministri, oltre a una versione ballerina del decreto Agosto, ha prodotto una infornata di nomine. Si va da quelle delle Corte dei conti, fino all'Anac (dove al posto che fu di Raffaele Cantone andrà il prefetto Giuseppe Busia) passando per nuovi prefetti e chiudendo in bellezza con l'avvio dell'iter per la presidenza dell'Agcom. Il numero uno sarà Giacomo Lasorella, tecnico apprezzato, definito un democristiano da chi lo conosce bene, benedetto da Forza Italia, Lega, Pd, ma soprattutto dai 5 stelle. Già in fase di trattativa parlamentare a chiudere il cerchio dell'unanimità sarebbe stato Luigi Di Maio che a Lasorella è molto grato. L'ex leader grillino quando ha ricoperto il ruolo di vice presidente della Camera, in Lasorella, vice segretario generale d'Aula, ha visto in numerose occasioni un pilastro e un continuo sostegno. Una spalla tecnica, che a quanto si dice l'ha aiutato in un certo senso a crescere, almeno dentro i meandri del Parlamento. D'altronde anche Pier Ferdinando Casini a suo tempo scelse per il medesimo incarico in Agcom Francesco Posteraro, anch'egli vice segretario generale d'Aula. La nomina di Lasorella è dunque il culmine dell'avvicinamento di Forza Italia e 5 stelle. Di Maio ha accettato di buon grado con l'idea che il nuovo presidente potesse essere etichettato di conseguenza. In realtà, Lasorella non ha affatto tale etichetta e sarà un garante dell'essere super partes e forse - dal punto di vista della politica - di equidistanza. Esattamente come è avvenuto nel redigere gli altri nomi destinati all'Agcom. Anche il centrodestra ha partecipato in modo proattivo. Diciamo che il solo partito che ha dovuto accettare una diminuzione di «potere» è stato il Pd. Ieri, dopo la diffusione del comunicato stampa post cdm a celebrare la conferma per conto degli Azzurri è stato Giorgio Mulè. «Auguri di buon lavoro a Giacomo Lasorella per l'incarico di presidente #Agcom: la sua vita da civil servant con oltre 30 anni di servizio alla Camera dei deputati», ha scritto su twitter il portavoce dei gruppi azzurri di Camera e Senato, «è la miglior garanzia di autorevolezza e indipendenza». Da parte dei dem non si è invece registrato lo stesso entusiamo. Il Nazareno considera la vecchia conciliatura «più affidabile», passateci il termine. Quanto preferisca la vecchia lo si capirà dai tempi di nomina effettiva di Lasorella. Perché l'incarico diventi operativo serve necessariamente un passaggio in commissione alla Camera che dovrà essere calendarizzato in accordo tra Pd e 5 stelle. Non risulta che il partito di Nicola Zingaretti voglia affannarsi per anticipare i tempi e per nominare ufficialmente Lasorella ai primi di settembre. Al contrario la data sarà più vicina al 15 che al 10 e ciò significa che il grosso dell'attività sulla par condicio (che scatta un mese prima) sarà in capo ai membri uscenti dell'Agcom. Le elezioni regionali cadono infatti il 20 e il 21 settembre. Per il Pd saranno fondamentali così come per i 5 stelle e l'esposizione mediatica non è certo un elemento irrilevante ai fini dei risultati nelle urne. Senza contare che si fa un gran parlare di rimpasto di governo, guarda caso in concomitanza con le elezioni. Non è una novità che Zingaretti stia pensando a trasferirsi al Viminale e lasciare la Regione Lazio. Perderla a favore magari di un esponente di spicco della Lega sarebbe però uno smacco che i dem non sembrano disposti a sopportare. Mentre se dovesse approdare al ministero ora guidato da Luciana Lamorgese il capo dei dem non troverebbe a sostenerlo Matteo Piantedosi, trasferito da oggi a guidare la prefettura di Roma. Certamente una delle più ambite d'Italia. È stato fino all'altra sera capo di gabinetto del Viminale e il vero pilastro della gestione targata Matteo Salvini. Il nuovo capo di gabinetto sarà Bruno Frattasi. Ha svolto a lungo servizio a Latina dove prese anche posizioni durissime con l'amministrazione comunale, prima di coordinare l'ufficio che si occupa dei beni confiscati alla mafia. In molti si chiedono come cambieranno con la sua presenza l'impostazione e le dinamiche del Viminale, soprattutto in relazione ai decreti Sicurezza fatti approvare dal governo gialloblù. Certo a dare l'impronta resta al momento la Lamorgese, la cui scuola di pensiero resta quella riconducibile a Marco Minniti. Se però venisse sostituita da Zingaretti sarebbe tutt'altro filosofia a comandare.
Il presidente di Assoprevidenza Sergio Corbello (Imagoeconomica)
Il presidente di Assoprevidenza Sergio Corbello: «Dopo il 2022 il settore si è rilanciato con più iscritti e rendimenti elevati, ma pesano precariato, scarsa educazione finanziaria e milioni di posizioni ferme o con montanti troppo bassi».