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2021-02-17
I giallorossi scavano una trincea anti Lega
Giorgio Mulè (Fi), in corsa per il dicastero del Turismo (Ansa)
Al Senato nasce l'intergruppo giallorosso: i capigruppo di Pd, M5s e Leu, Andrea Marcucci, Ettore Licheri e Loredana De Petris, annunciano «la costituzione di un intergruppo parlamentare che, a partire dall'esperienza positiva del governo Conte 2, promuova iniziative comuni sulle grandi sfide del Paese, dall'emergenza sanitaria, economica e sociale fino alla transizione ecologica e alla innovazione digitale». L'iniziativa è giudicata «giusta e opportuna» dall'ex premier Giuseppe Conte. «In questa fase», commenta Giuseppi, «è ancora più urgente l'esigenza di costruire spazi e percorsi di riflessione che valorizzino il lavoro comune già svolto e contribuiscano a indirizzare la svolta ecologica e digitale e le riforme nel segno di una maggiore equità e inclusione sociale. Le forze che hanno già proficuamente lavorato insieme», esagera Conte, «devono nutrire la loro visione democratica e solidaristica con proposte concrete e con traiettorie riformatrici ben chiare, in modo da alimentare questo patrimonio comune e da affinare una condivisione di intenti e di obiettivi. È questo il modo migliore per affrontare il voto di fiducia al nuovo governo».
Lo schema che hanno in mente i tre partiti della ex maggioranza è evidente: connotare politicamente a sinistra il governo Draghi, sottomettendone le scelte a questo gruppone variopinto che conta ben 130 senatori, e dunque contraddicendo lo spirito di un esecutivo privo di connotazioni politiche, auspicato dal presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, e al tempo stesso provocare un «fallo di reazione» della Lega di Matteo Salvini.
Intanto, la corsa agli incarichi di viceministro e sottosegretario impazza. Partiamo dal Pd. In pole position per la carica di sottosegretario alla Giustizia c'è Valeria Valente, senatrice napoletana; un posto di sottogoverno potrebbe andare a Piero De Luca, deputato salernitano, nonché figlio del presidente della Regione Campania, Vincenzo. Le conferme rispetto al Conte due dovrebbero essere Simona Malpezzi ai Rapporti col Parlamento e Lorenza Bonaccorsi ai Beni culturali e Antonio Misiani all'Economia, mentre il ministro agli Affari europei uscente, Enzo Amendola, dovrebbe essere recuperato come vice di Luigi Di Maio agli Esteri. La riconferma di Amendola al governo, andrebbe a inquadrarsi in un mosaico che La Verità apprende da altissime fonti dem: l'ex ministro degli Affari europei lascerebbe la candidatura a sindaco di Napoli a Roberto Fico, mentre Nicola Zingaretti si candiderebbe sindaco di Roma.
Passiamo al M5s: i gruppi parlamentari spingono per la riconferma di Laura Castelli come viceministro all'Economia. Stefano Buffagni potrebbe restare viceministro allo Sviluppo economico, così come Giancarlo Cancelleri sembra intoccabile ai Trasporti. Non si escludono nuovi ingressi, come Soave Alemanno, che punta ai Beni culturali o al Turismo. All'Istruzione, duello tra Luigi Gallo e Gianluca Vacca; in pole position per un incarico da sottosegretario anche Andrea Cioffi, Alessandra Maiorino, Luca Carabetta, Michele Sodano. Carlo Sibilia potrebbe restare al Viminale.
Situazione fluida nella Lega, dove Matteo Salvini sembra privilegiare, nella scelta dei viceministri e dei sottosegretari, chi ha già avuto ruoli di governo nel Conte 1, e quindi conosce la «macchina». Sembra così blindata la nomina di Nicola Molteni come sottosegretario all'Interno, carica ricoperta all'epoca del governo Lega-M5s anche da Stefano Candiani. In pole per un ruolo da sottosegretario al Sud c'è Pina Castiello, mentre Lucia Borgonzoni tornerebbe ai Beni culturali. Un ruolo da viceministro attende anche Gian Marco Centinaio. Sempre «caldo» il nome di Giulia Bongiorno, che sarebbe destinata alla Giustizia.
Forza Italia proporrà come viceministri e sottosegretari per lo più esponenti dell'ala filosovranista, per bilanciare la delegazione ministeriale, composta da due esponenti dell'ala moderata (Mara Carfagna e Renato Brunetta) e una «neutrale» come Mariastella Gelmini. I nomi: Francesco Paolo Sisto potrebbe andare alla Giustizia (ma c'è anche l'ipotesi di Giacomo Caliendo), Giorgio Mulè al Turismo, Valentino Valentini agli Esteri, Maria Rizzotti ai Beni Culturali, Andrea Mandelli alla Salute, Giuseppe Mangialavori allo Sviluppo economico, Francesco Battistoni all'Agricoltura.
Italia viva punta a una delega per Luigi Marattin all'Economia, mentre Lucia Annibali è in corsa per il ruolo di sottosegretario alla Giustizia. Leu potrebbe vedere l'ingresso al governo di Loredana De Petris.
Il socialista Riccardo Nencini è in corsa per la carica di sottosegretario ai Trasporti, mentre per il Maie Ricardo Merlo punta alla riconferma come sottosegretario agli Esteri.
Paola Binetti, dell'Udc, potrebbe diventare sottosegretario alla Famiglia. Queste le indicazioni dei partiti, poi ovviamente a decidere sarà Draghi, in collaborazione con il Quirinale, così come è accaduto per la composizione del governo. Il completamento della squadra con le nomine di viceministri e sottosegretari è previsto entro la fine della settimana.
Verso la fiducia-plebiscito a Mr Bce. È zuffa tra partiti per arruolarlo
Da adesso, si fa sul serio. Il governo presieduto da Mario Draghi, che si affaccia oggi per la prima volta in Parlamento per incassare una fiducia scontata, sarà il terzo dall'inizio di una delle legislature politicamente eccentriche della storia repubblicana. Ma non è detto che i colpi di scena siano terminati, perché l'eterogeneità delle forze che lo appoggiano fa propendere per un tragitto tormentato, peraltro annunciato dalle schermaglie delle ultime ore.
Stamani alle 10 il sipario si aprirà nell'aula di Palazzo Madama dove, dopo giorni di silenzio, Draghi svelerà le linee guida del suo programma di governo. Le voci sui contenuti, come di consueto in queste occasioni, si stanno inseguendo, ma convergono tutte su un discorso asciutto, al massimo di una mezz'ora, con pochi punti qualificanti. Draghi rilancerà l'appello del capo dello Stato all'unità nazionale e alla coesione delle forze di maggioranza, facendo leva sulla sfida imposta dalla pandemia. E ripeterà i concetti espressi ai suoi interlocutori, nel corso delle consultazioni, quando ha insistito sulla necessità delle riforme poste dall'Unione europea come condizione dell'utilizzo del Recovery fund, vale a dire il fisco, la giustizia civile e la Pa. La questione ambientale sarà un altro elemento cardine del suo intervento, così come il richiamo alla vocazione europeista e atlantista dell'Italia. Al momento, invece, non è dato sapere se Draghi prenderà di petto la delicata questione del possibile nuovo lockdown e in generale delle chiusure.
Di fronte a sé, in aula, il premier avrà, nella veste inedita di leader della stessa maggioranza, Matteo Salvini e Matteo Renzi, che con ogni probabilità prenderanno la parola per presidiare, assieme agli altri colleghi, i temi più cari ai rispettivi partiti. Verosimilmente, emergeranno le differenze, con una Lega agguerrita sul versante Covid, pronta a chiedere la testa del commissario Domenico Arcuri, a contestare la logica delle chiusure indiscriminate e a incalzare sui ristori ancora insufficienti. Le darà manforte Forza Italia, che porrà poi l'accento sulla necessità di una riforma complessiva della giustizia, trovando con ogni probabilità una sponda anche in Renzi, che si intesterà il merito di aver portato il «più bravo» degli italiani alla guida del Paese.
Dall'altra parte dell'emiciclo, dal Pd, filtra la volontà di calcare la mano sull'europeismo, senza però attaccare frontalmente Salvini (che non a caso si è incontrato con Nicola Zingaretti nei giorni scorsi), ma è sul M5s che è puntata la maggior parte dei riflettori. Non tanto per quello che dirà il relatore designato dal gruppo dirigente grillino, quanto per gli eventuali interventi in dissenso e, soprattutto, sull'entità della fronda antigovernativa. Dopo numerose riunioni e tentativi di moderare la dissidenza, i no alla fiducia degli eletti pentastellati sarebbero una quindicina sia alla Camera sia al Senato, che si aggiungerebbero a quelli di Fdi e del segretario di Sinistra italiana, Nicola Fratoianni. In ogni caso, i numeri saranno «bulgari», e partiranno da una base di 550 voti a Montecitorio e 260 a Palazzo Madama. Dopo aver parlato al Senato, Draghi si recherà alla Camera per depositare il suo discorso, per poi fare ritorno nell'aula di Palazzo Madama, dove assisterà al dibattito e al voto di fiducia, il cui esito sarà noto in serata. Domani la scena, con una tempistica molto simile, si ripeterà nell'Aula di Montecitorio.
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Al Senato nasce l'intergruppo Pd-M5s-Leu: subito Giuseppe Conte loda la mossa fatta per sgambettare il Carroccio. Prosegue la corsa alle nomine: Fi punta su sottosegretari vicini ai sovranisti, Amendola vuole la Farnesina per lasciare a Roberto Fico la candidatura a Napoli.A Palazzo Madama il presidente terrà il primo (stringato) discorso. In serata il voto.Lo speciale contiene due articoli.Al Senato nasce l'intergruppo giallorosso: i capigruppo di Pd, M5s e Leu, Andrea Marcucci, Ettore Licheri e Loredana De Petris, annunciano «la costituzione di un intergruppo parlamentare che, a partire dall'esperienza positiva del governo Conte 2, promuova iniziative comuni sulle grandi sfide del Paese, dall'emergenza sanitaria, economica e sociale fino alla transizione ecologica e alla innovazione digitale». L'iniziativa è giudicata «giusta e opportuna» dall'ex premier Giuseppe Conte. «In questa fase», commenta Giuseppi, «è ancora più urgente l'esigenza di costruire spazi e percorsi di riflessione che valorizzino il lavoro comune già svolto e contribuiscano a indirizzare la svolta ecologica e digitale e le riforme nel segno di una maggiore equità e inclusione sociale. Le forze che hanno già proficuamente lavorato insieme», esagera Conte, «devono nutrire la loro visione democratica e solidaristica con proposte concrete e con traiettorie riformatrici ben chiare, in modo da alimentare questo patrimonio comune e da affinare una condivisione di intenti e di obiettivi. È questo il modo migliore per affrontare il voto di fiducia al nuovo governo». Lo schema che hanno in mente i tre partiti della ex maggioranza è evidente: connotare politicamente a sinistra il governo Draghi, sottomettendone le scelte a questo gruppone variopinto che conta ben 130 senatori, e dunque contraddicendo lo spirito di un esecutivo privo di connotazioni politiche, auspicato dal presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, e al tempo stesso provocare un «fallo di reazione» della Lega di Matteo Salvini. Intanto, la corsa agli incarichi di viceministro e sottosegretario impazza. Partiamo dal Pd. In pole position per la carica di sottosegretario alla Giustizia c'è Valeria Valente, senatrice napoletana; un posto di sottogoverno potrebbe andare a Piero De Luca, deputato salernitano, nonché figlio del presidente della Regione Campania, Vincenzo. Le conferme rispetto al Conte due dovrebbero essere Simona Malpezzi ai Rapporti col Parlamento e Lorenza Bonaccorsi ai Beni culturali e Antonio Misiani all'Economia, mentre il ministro agli Affari europei uscente, Enzo Amendola, dovrebbe essere recuperato come vice di Luigi Di Maio agli Esteri. La riconferma di Amendola al governo, andrebbe a inquadrarsi in un mosaico che La Verità apprende da altissime fonti dem: l'ex ministro degli Affari europei lascerebbe la candidatura a sindaco di Napoli a Roberto Fico, mentre Nicola Zingaretti si candiderebbe sindaco di Roma. Passiamo al M5s: i gruppi parlamentari spingono per la riconferma di Laura Castelli come viceministro all'Economia. Stefano Buffagni potrebbe restare viceministro allo Sviluppo economico, così come Giancarlo Cancelleri sembra intoccabile ai Trasporti. Non si escludono nuovi ingressi, come Soave Alemanno, che punta ai Beni culturali o al Turismo. All'Istruzione, duello tra Luigi Gallo e Gianluca Vacca; in pole position per un incarico da sottosegretario anche Andrea Cioffi, Alessandra Maiorino, Luca Carabetta, Michele Sodano. Carlo Sibilia potrebbe restare al Viminale. Situazione fluida nella Lega, dove Matteo Salvini sembra privilegiare, nella scelta dei viceministri e dei sottosegretari, chi ha già avuto ruoli di governo nel Conte 1, e quindi conosce la «macchina». Sembra così blindata la nomina di Nicola Molteni come sottosegretario all'Interno, carica ricoperta all'epoca del governo Lega-M5s anche da Stefano Candiani. In pole per un ruolo da sottosegretario al Sud c'è Pina Castiello, mentre Lucia Borgonzoni tornerebbe ai Beni culturali. Un ruolo da viceministro attende anche Gian Marco Centinaio. Sempre «caldo» il nome di Giulia Bongiorno, che sarebbe destinata alla Giustizia. Forza Italia proporrà come viceministri e sottosegretari per lo più esponenti dell'ala filosovranista, per bilanciare la delegazione ministeriale, composta da due esponenti dell'ala moderata (Mara Carfagna e Renato Brunetta) e una «neutrale» come Mariastella Gelmini. I nomi: Francesco Paolo Sisto potrebbe andare alla Giustizia (ma c'è anche l'ipotesi di Giacomo Caliendo), Giorgio Mulè al Turismo, Valentino Valentini agli Esteri, Maria Rizzotti ai Beni Culturali, Andrea Mandelli alla Salute, Giuseppe Mangialavori allo Sviluppo economico, Francesco Battistoni all'Agricoltura. Italia viva punta a una delega per Luigi Marattin all'Economia, mentre Lucia Annibali è in corsa per il ruolo di sottosegretario alla Giustizia. Leu potrebbe vedere l'ingresso al governo di Loredana De Petris.Il socialista Riccardo Nencini è in corsa per la carica di sottosegretario ai Trasporti, mentre per il Maie Ricardo Merlo punta alla riconferma come sottosegretario agli Esteri. Paola Binetti, dell'Udc, potrebbe diventare sottosegretario alla Famiglia. Queste le indicazioni dei partiti, poi ovviamente a decidere sarà Draghi, in collaborazione con il Quirinale, così come è accaduto per la composizione del governo. Il completamento della squadra con le nomine di viceministri e sottosegretari è previsto entro la fine della settimana.<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/giallorossi-scavano-trincea-anti-lega-2650558178.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="verso-la-fiducia-plebiscito-a-mr-bce-e-zuffa-tra-partiti-per-arruolarlo" data-post-id="2650558178" data-published-at="1613512489" data-use-pagination="False"> Verso la fiducia-plebiscito a Mr Bce. È zuffa tra partiti per arruolarlo Da adesso, si fa sul serio. Il governo presieduto da Mario Draghi, che si affaccia oggi per la prima volta in Parlamento per incassare una fiducia scontata, sarà il terzo dall'inizio di una delle legislature politicamente eccentriche della storia repubblicana. Ma non è detto che i colpi di scena siano terminati, perché l'eterogeneità delle forze che lo appoggiano fa propendere per un tragitto tormentato, peraltro annunciato dalle schermaglie delle ultime ore. Stamani alle 10 il sipario si aprirà nell'aula di Palazzo Madama dove, dopo giorni di silenzio, Draghi svelerà le linee guida del suo programma di governo. Le voci sui contenuti, come di consueto in queste occasioni, si stanno inseguendo, ma convergono tutte su un discorso asciutto, al massimo di una mezz'ora, con pochi punti qualificanti. Draghi rilancerà l'appello del capo dello Stato all'unità nazionale e alla coesione delle forze di maggioranza, facendo leva sulla sfida imposta dalla pandemia. E ripeterà i concetti espressi ai suoi interlocutori, nel corso delle consultazioni, quando ha insistito sulla necessità delle riforme poste dall'Unione europea come condizione dell'utilizzo del Recovery fund, vale a dire il fisco, la giustizia civile e la Pa. La questione ambientale sarà un altro elemento cardine del suo intervento, così come il richiamo alla vocazione europeista e atlantista dell'Italia. Al momento, invece, non è dato sapere se Draghi prenderà di petto la delicata questione del possibile nuovo lockdown e in generale delle chiusure. Di fronte a sé, in aula, il premier avrà, nella veste inedita di leader della stessa maggioranza, Matteo Salvini e Matteo Renzi, che con ogni probabilità prenderanno la parola per presidiare, assieme agli altri colleghi, i temi più cari ai rispettivi partiti. Verosimilmente, emergeranno le differenze, con una Lega agguerrita sul versante Covid, pronta a chiedere la testa del commissario Domenico Arcuri, a contestare la logica delle chiusure indiscriminate e a incalzare sui ristori ancora insufficienti. Le darà manforte Forza Italia, che porrà poi l'accento sulla necessità di una riforma complessiva della giustizia, trovando con ogni probabilità una sponda anche in Renzi, che si intesterà il merito di aver portato il «più bravo» degli italiani alla guida del Paese. Dall'altra parte dell'emiciclo, dal Pd, filtra la volontà di calcare la mano sull'europeismo, senza però attaccare frontalmente Salvini (che non a caso si è incontrato con Nicola Zingaretti nei giorni scorsi), ma è sul M5s che è puntata la maggior parte dei riflettori. Non tanto per quello che dirà il relatore designato dal gruppo dirigente grillino, quanto per gli eventuali interventi in dissenso e, soprattutto, sull'entità della fronda antigovernativa. Dopo numerose riunioni e tentativi di moderare la dissidenza, i no alla fiducia degli eletti pentastellati sarebbero una quindicina sia alla Camera sia al Senato, che si aggiungerebbero a quelli di Fdi e del segretario di Sinistra italiana, Nicola Fratoianni. In ogni caso, i numeri saranno «bulgari», e partiranno da una base di 550 voti a Montecitorio e 260 a Palazzo Madama. Dopo aver parlato al Senato, Draghi si recherà alla Camera per depositare il suo discorso, per poi fare ritorno nell'aula di Palazzo Madama, dove assisterà al dibattito e al voto di fiducia, il cui esito sarà noto in serata. Domani la scena, con una tempistica molto simile, si ripeterà nell'Aula di Montecitorio.
Il motore è un modello di ricavi sempre più orientato ai servizi: «La crescita facile basata sulla forbice degli interessi sta inevitabilmente assottigliandosi, con il margine di interesse aggregato in calo del 5,6% nei primi nove mesi del 2025», spiega Salvatore Gaziano, responsabile delle strategie di investimento di SoldiExpert Scf. «Il settore ha saputo, però, compensare questa dinamica spingendo sul secondo pilastro dei ricavi, le commissioni nette, che sono cresciute del 5,9% nello stesso periodo, grazie soprattutto alla focalizzazione su gestione patrimoniale e bancassurance».
La crescita delle commissioni riflette un’evoluzione strutturale: le banche agiscono sempre più come collocatori di prodotti finanziari e assicurativi. «Questo modello, se da un lato genera profitti elevati e stabili per gli istituti con minori vincoli di capitale e minor rischio di credito rispetto ai prestiti, dall’altro espone una criticità strutturale per i risparmiatori», dice Gaziano. «L’Italia è, infatti, il mercato in Europa in cui il risparmio gestito è il più caro», ricorda. Ne deriva una redditività meno dipendente dal credito, ma con un tema di costo per i clienti. La «corsa turbo» agli utili ha riacceso il dibattito sugli extra-profitti. In Italia, la legge di bilancio chiede un contributo al settore con formule che evitano una nuova tassa esplicita.
«È un dato di fatto che il governo italiano stia cercando una soluzione morbida per incassare liquidità da un settore in forte attivo, mentre in altri Paesi europei si discute apertamente di tassare questi extra-profitti in modo più deciso», dice l’esperto. «Ad esempio, in Polonia il governo ha recentemente aumentato le tasse sulle banche per finanziare le spese per la Difesa. È curioso notare come, alla fine, i governi preferiscano accontentarsi di un contributo una tantum da parte delle banche, piuttosto che intervenire sulle dinamiche che generano questi profitti che ricadono direttamente sui risparmiatori».
Come spiega David Benamou, responsabile investimenti di Axiom alternative investments, «le banche italiane rimangono interessanti grazie ai solidi coefficienti patrimoniali (Cet1 medio superiore al 15%), alle generose distribuzioni agli azionisti (riacquisti di azioni proprie e dividendi che offrono rendimenti del 9-10%) e al consolidamento in corso che rafforza i gruppi leader, Unicredit e Intesa Sanpaolo. Il settore in Italia potrebbe sovraperformare il mercato azionario in generale se le valutazioni rimarranno basse. Non mancano, tuttavia, rischi come un moderato aumento dei crediti in sofferenza o gli choc geopolitici, che smorzano l’ottimismo».
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Il 29 luglio del 2024, infatti, Axel Rudakubana, cittadino britannico con genitori di origini senegalesi, entra in una scuola di danza a Southport con un coltello in mano. Inizia a colpire chiunque gli si pari davanti, principalmente bambine, che provano a difendersi come possono. Invano, però. Rudakubana vuole il sangue. Lo avrà. Sono 12 minuti che durano un’eternità e che provocheranno una carneficina. Rudakubana uccide tre bambine: Alice da Silva Aguiar, di nove anni; Bebe King, di sei ed Elsie Dot Stancombe, di sette. Altri dieci bimbi rimarranno feriti, alcuni in modo molto grave.
Nel Regno Unito cresce lo sdegno per questo ennesimo fatto di sangue che ha come protagonista un uomo di colore. Anche Michael dice la sua con un video di 12 minuti su Facebook. Viene accusato di incitamento all’odio razziale ma, quando va davanti al giudice, viene scagionato in una manciata di minuti. Non ha fatto nulla. Era frustrato, come gran parte dei britannici. Ha espresso la sua opinione. Tutto è bene quel che finisce bene, quindi. O forse no.
Due settimane dopo, infatti, il consiglio di tutela locale, che per legge è responsabile della protezione dei bambini vulnerabili, gli comunica che non è più idoneo a lavorare con i minori. Una decisione che lascia allibiti molti, visto che solitamente punizioni simili vengono riservate ai pedofili. Michael non lo è, ovviamente, ma non può comunque allenare la squadra della figlia. Di fronte a questa decisione, il veterano prova un senso di vergogna. Decide di parlare perché teme che la sua comunità lo consideri un pedofilo quando non lo è. In pochi lo ascoltano, però. Quasi nessuno. Il suo non è un caso isolato. Solamente l’anno scorso, infatti, oltre 12.000 britannici sono stati monitorati per i loro commenti in rete. A finire nel mirino sono soprattutto coloro che hanno idee di destra o che criticano l’immigrazione. Anche perché le istituzioni del Regno Unito cercano di tenere nascoste le notizie che riguardano le violenze dei richiedenti asilo. Qualche giorno fa, per esempio, una studentessa è stata violentata da due afghani, Jan Jahanzeb e Israr Niazal. I due le si avvicinano per portarla in un luogo appartato. La ragazza capisce cosa sta accadendo. Prova a fuggire ma non riesce. Accende la videocamera e registra tutto. La si sente pietosamente dire «mi stuprerai?» e gridare disperatamente aiuto. Che però non arriva. Il video è terribile, tanto che uno degli avvocati degli stupratori ha detto che, se dovesse essere pubblicato, il Regno Unito verrebbe attraversato da un’ondata di proteste. Che già ci sono. Perché l’immigrazione incontrollata sull’isola (e non solo) sta provocando enormi sofferenze alla popolazione locale. Nel Regno, certo. Ma anche da noi. Del resto è stato il questore di Milano a notare come gli stranieri compiano ormai l’80% dei reati predatori. Una vera e propria emergenza che, per motivi ideologici, si finge di non vedere.
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Una fotografia limpida e concreta di imprese, giustizia, legalità e creatività come parti di un’unica storia: quella di un Paese, il nostro, che ogni giorno prova a crescere, migliorarsi e ritrovare fiducia.
Un percorso approfondito in cui ci guida la visione del sottosegretario alle Imprese e al Made in Italy Massimo Bitonci, che ricostruisce lo stato del nostro sistema produttivo e il valore strategico del made in Italy, mettendo in evidenza il ruolo della moda e dell’artigianato come forza identitaria ed economica. Un contributo arricchito dall’esperienza diretta di Giulio Felloni, presidente di Federazione Moda Italia-Confcommercio, e dal suo quadro autentico del rapporto tra imprese e consumatori.
Imprese in cui la creatività italiana emerge, anche attraverso parole diverse ma complementari: quelle di Sara Cavazza Facchini, creative director di Genny, che condivide con il lettore la sua filosofia del valore dell’eleganza italiana come linguaggio culturale e non solo estetico; quelle di Laura Manelli, Ceo di Pinko, che racconta la sua visione di una moda motore di innovazione, competenze e occupazione. A completare questo quadro, la giornalista Mariella Milani approfondisce il cambiamento profondo del fashion system, ponendo l’accento sul rapporto tra brand, qualità e responsabilità sociale. Il tema di responsabilità sociale viene poi ripreso e approfondito, attraverso la chiave della legalità e della trasparenza, dal presidente dell’Autorità nazionale anticorruzione Giuseppe Busia, che vede nella lotta alla corruzione la condizione imprescindibile per la competitività del Paese: norme più semplici, controlli più efficaci e un’amministrazione capace di meritarsi la fiducia di cittadini e aziende. Una prospettiva che si collega alla voce del presidente nazionale di Confartigianato Marco Granelli, che denuncia la crescente vulnerabilità digitale delle imprese italiane e l’urgenza di strumenti condivisi per contrastare truffe, attacchi informatici e forme sempre nuove di criminalità economica.
In questo contesto si introduce una puntuale analisi della riforma della giustizia ad opera del sottosegretario Andrea Ostellari, che illustra i contenuti e le ragioni del progetto di separazione delle carriere, con l’obiettivo di spiegare in modo chiaro ciò che spesso, nel dibattito pubblico, resta semplificato. Il suo intervento si intreccia con il punto di vista del presidente dell’Unione Camere Penali Italiane Francesco Petrelli, che sottolinea il valore delle garanzie e il ruolo dell’avvocatura in un sistema equilibrato; e con quello del penalista Gian Domenico Caiazza, presidente del Comitato «Sì Separa», che richiama l’esigenza di una magistratura indipendente da correnti e condizionamenti. Questa narrazione attenta si arricchisce con le riflessioni del penalista Raffaele Della Valle, che porta nel dibattito l’esperienza di una vita professionale segnata da casi simbolici, e con la voce dell’ex magistrato Antonio Di Pietro, che offre una prospettiva insolita e diretta sui rapporti interni alla magistratura e sul funzionamento del sistema giudiziario.
A chiudere l’approfondimento è il giornalista Fabio Amendolara, che indaga il caso Garlasco e il cosiddetto «sistema Pavia», mostrando come una vicenda giudiziaria complessa possa diventare uno specchio delle fragilità che la riforma tenta oggi di correggere. Una coralità sincera e documentata che invita a guardare l’Italia con più attenzione, con più consapevolezza, e con la certezza che il merito va riconosciuto e difeso, in quanto unica chiave concreta per rendere migliore il Paese. Comprenderlo oggi rappresenta un'opportunità in più per costruire il domani.
Per scaricare il numero di «Osservatorio sul Merito» basta cliccare sul link qui sotto.
Merito-Dicembre-2025.pdf
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