
Voli lunghi con due persone a bordo, passeggiate spaziali, agganci tra navicelle. Ancora oggi l'aerospazio deve molto alle missioni di metà anni Sessanta e agli astronauti di quella generazione.Sono passati sessant'anni dal programma spaziale Gemini, lo sforzo che la Nasa fece dopo il progetto Mercury e prima dell'Apollo. Ma mentre questi ultimi sono stati celebrati da opere cinematografiche e libri, poco si racconta, ma tanto si deve, a quello che fu il vero «ponte per la Luna». Poco o nulla, prima delle dodici missioni Gemini, si sapeva di come gli esseri umani avrebbero potuto sopravvivere per settimane nello spazio, mai era stata proposta l'idea di poter cambiare l'orbita delle capsule pilotandole da bordo, restare fuori dalla navicella spaziale o eseguire l'attracco ad altri veicoli spaziali. Tutte capacità essenziali per allunare e poter tornare sani e salvi sulla Terra. In un periodo di soli 20 mesi, dal marzo 1965 al novembre 1966, la Nasa riuscì a sviluppare e collaudare tecnologie all'avanguardia che hanno aperto la strada non solo all'Apollo ma anche agli Space Shuttle; che hanno dato indicazioni su come costruire lo Skylab prima e la Stazione spaziale internazionale dopo. E se oggi si pensa di nuovo alla Luna con la missione Artemis e a Marte, molto lo si deve proprio a quel periodo e a quegli astronauti, alcuni dei quali hanno partecipato a più programmi, diventando figure leggendarie, come Neil Armstrong, Jim Lovell, Gus Grissom (costui morirà nell'incendio di Apollo 1), e John Young, che comanderà il primo degli Shuttle. E questi ultimi due furono l'equipaggio della missione Gemini 3, il 23 marzo 1965. Questa storia comincia il 25 maggio 1961, tre settimane dopo che Alan Shepard era diventato il primo americano nello spazio a bordo di una navicella spaziale Mercury, il presidente John Kennedy sfidò la Nasa e la nazione a «far allunare un uomo e riportarlo sano e salvo sulla Terra prima della fine del decennio». E la risposta dell'ente spaziale statunitense, che fino ad allora aveva mandato nello spazio un uomo alla volta, fu appunto il programma Gemini, la parola latina di Gemelli, proprio perché la nuova capsula avrebbe ospitato due piloti. Ma era anche pesante più del doppio, quasi 4 tonnellate contro 1,5 circa, aveva un grande modulo annesso per trasportare l'equipaggiamento necessario alla sopravvivenza e anche il propellente per i propulsori Oams, da Orbital Attitude and Maneuvering System, che consentivano all'equipaggio di cambiare l'orbita della navicella, manovra necessaria per poter effettuare in futuro un l'incontro nello spazio con un altro veicolo. Maggiore peso significava però anche maggiore potenza del razzo lanciatore, che per l'occasione fu selezionato nel Titan II alto 33 metri. Nell'aprile 1964 e nel gennaio 1965 (Gemini I e II), furono lanciate due missioni senza piloti a bordo per verificare che tutto funzionasse, quindi partì Gemini III comandata da Gus Grissom, il quale diventò la prima persona a viaggiare nello spazio due volte. Con lui John Young, che sarebbe poi diventato il primo uomo a compiere sei voli spaziali, tra cui il comando dell'Apollo 16 durante il quale camminò sulla luna, fino a terminare la carriera comandando Sts-1, prima missione del Columbia. L'obiettivo di Gemini III, il cui nomignolo fu Molly Brown (riferimento a un popolare musical di Broadway dell'epoca, The Unsinkable Molly Brown), era collaudare il nuovo veicolo spaziale manovrabile. Nello spazio, i membri dell'equipaggio azionavano i propulsori per cambiare la forma della loro orbita, spostare leggermente il loro piano orbitale e scendere a un'altitudine inferiore. Il successo della missione aprì la strada a quelle dei rendez-vous successivi e dimostrò che era possibile per un modulo lunare sollevarsi dalla Luna e agganciarsi al modulo di comando orbitale lunare per il viaggio di ritorno sulla Terra. Ma significava anche che il veicolo spaziale poteva essere lanciato per poi agganciarsi a una stazione spaziale orbitante, fatto che oggi diamo per scontato. Durante le loro tre orbite Grissom e Young si presero del tempo per fotografare e commentare la vista dalla loro prospettiva dall'alto sopra la Terra, dalle formazioni nuvolose fino al sorgere dell'alba, foto che negli anni divennero iconiche. Quattro ore e 33 minuti dopo il lancio, mentre parlava via radio con la nave di tracciamento Rose Knot Victor, Grissom riferì: «Tutti i retrorazzi si sono accesi normalmente» e i due ammararono nell'Oceano Atlantico rientrando in 19 minuti con lo splash-down a circa 90 km dalla portaerei Uss Intrepid, dove furono raggiunti e recuperati da un elicottero. NasaTutti gli uomini e le missioni, fino all'ApolloCon Gemini IV, James McDivitt ed Edward White riuscirono nella la prima passeggiata spaziale americana (White); su Gemini V, Gordon Cooper e Charles Conrad, restarono nello spazio per sette giorni, 22 ore, 55 minuti e 14 secondi, provarono le procedure per attraccare a un altro veicolo spaziale, i sistemi di guida, il sistema di alimentazione a celle a combustibile e il radar. L'attesa unione di sue capsule sarà fatta da Gemini VI-A (Walter Schirra e Thomas Stafford), con Gemini VII (Frank Borman e Jim Lovell, quest'ultimo sarà comandante di Apollo 13), in una missione di 14 giorni durante i quali collaudarono anche una tuta pressurizzata leggera. Neil Armstrong (sarà il primo sulla Luna) e David Scott, con Gemini VIII, eseguirono quattro test di attracco con il veicolo bersaglio Agena e una passeggiata spaziale (Eva), oltre a esperimenti tecnologici, medici e scientifici, mentre Tom Stafford ed Eugene Cernan, su Gemini IX-A, rifecero la passeggiata equipaggiati con l'Astronaut Maneuvering Unit (Amu), sistema che consentiva di dirigersi mentre si era nel vuoto. Con Gemini X (John Young e Michael Collins, che sarà su Apollo 11), furono perfezionati gli attracchi e fatti diversi esperimenti fotografici e scientifici che sarebbero stati poi utili al programma Apollo, mentre Gemini 11 (Charles Conrad e Richard Gordon), dimostrarono la maturità delle passeggiate spaziali e delle tecnologie fotografiche. Il programma si concluse con il volo Gemini XII, (Jim Lovell e Edwin Aldrin che sarà su Apollo 11), che in circa quattro giorni ripeterono tutte le manovre degli equipaggi precedenti. Così la Nasa nel novembre 1966 stabilì che lo scopo del programma Gemelli era stato raggiunto.
(Ansa)
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