2025-07-14
Il futuro dell’ex Ilva appeso a una nave: previsto il sì al rigassificatore
Il governo ha diffuso la bozza del piano: 8 milioni di tonnellate d’acciaio all’anno, tre forni elettrici a Taranto e uno a Genova.Quella iniziata è una settimana a dir poco decisiva per il futuro dell’ex Ilva di Taranto. Il primo incontro istituzionale si è tenuto al ministero delle Imprese. Al tavolo c’erano i rappresentanti dei sindacati nazionali e di categoria, la Regione Puglia, le amministrazioni locali di Taranto e tutti gli attori coinvolti nella definizione dell’Accordo di programma interistituzionale per la decarbonizzazione del sito siderurgico pugliese.«Al fine di garantire la continuità operativa di tutti i siti produttivi del gruppo Acciaierie d’Italia, tutelare i livelli occupazionali e rispondere alle esigenze del mercato nazionale ed europeo, è necessario garantire una produzione fino a 8 milioni di tonnellate annue di acciaio». È quanto riportato nella bozza del piano di decarbonizzazione che il governo ha trasmesso ai sindacati ieri, poco prima dell’incontro tenutosi al ministero delle Imprese e del made in Italy.Il piano prevede la realizzazione di tre forni elettrici nello stabilimento di Taranto, con una capacità produttiva complessiva di 6 milioni di tonnellate all’anno, e di un ulteriore forno elettrico presso il sito di Genova, con una capacità stimata di circa 2 milioni di tonnellate annue. Il progetto include inoltre la costruzione di un massimo di quattro impianti per la produzione di preridotto (Dri), destinati ad alimentare i forni elettrici di Taranto e Genova.Nel vertice del Mimit, il ministro Adolfo Urso ha ricordato che la gara per la vendita dell’ex Ilva andrà aggiornata a seguito dell’accordo sulla decarbonizzazione dell’impianto tarantino. «Dobbiamo farlo sapere agli attori», ha detto Urso, poiché nella gara lanciata «non c’era un vincolo così netto. Ci sono nuove condizioni e un polo Dri significativo». Per il ministro, «riaprendo da agosto i termini della gara con queste modifiche, possono agganciarsi altri soggetti in modo che a ottobre si possa tentare di assegnare gli impianti».C’è poi un secondo appuntamento, fissato per oggi sempre nella sede del ministero delle Imprese. In questa occasione, le istituzioni regionali e locali pugliesi dovranno discutere nel dettaglio i contenuti dell’accordo e decidere se posizionare a Taranto una nave rigassificatrice, punto chiave per il salvataggio. Tanto che a inizio luglio Urso aveva dichiarato: «Se decidono (gli enti locali, ndr) di non poter sostenere sul piano politico una nave rigassificatrice nel porto ne trarremo le conclusioni. Ovviamente lo sviluppo del polo del Dri previsto per Taranto, in mancanza dell’approvvigionamento del gas che è assolutamente fondamentale, sarà realizzato laddove ci saranno le condizioni». Ovvero non a Taranto.Il terzo e ultimo vertice della settimana si svolgerà invece giovedì presso il ministero dell’Ambiente, dove si riunirà la Conferenza dei servizi. Al centro dei lavori ci sarà l’esame della nuova Autorizzazione integrata ambientale (Aia), necessaria proprio per consentire all’ex Ilva di produrre le tonnellate annue di acciaio previste utilizzando i tre altiforni attualmente in funzione, in attesa dell’installazione dei nuovi forni elettrici. Nella tabella di marcia in via di definizione rientra anche il lancio di una nuova gara per l’assegnazione degli asset ex Ilva, una «competizione» che, in caso di mancanza del rigassificatore a Taranto, si preannuncia piutt in salita. «Dovremo adeguare subito la gara in corso alle nuove condizioni, già a fine luglio», ha spiegato in un’intervista al Messaggero il ministro Urso. Per questo è assolutamente necessario che tutto sia chiaro nei prossimi giorni. È ovvio che avere a Taranto anche gli impianti per la produzione di ferro preridotto, Dri, sia un elemento di forte attrattività per gli investitori». Come spiega il ministro nel corso dell’intervista, «è importante che si capisca chiaramente che qualunque sia il capitale o la nazionalità dell’azienda, senza Aia lo stabilimento è destinato alla chiusura».Proprio per evitare la chiusura dell’acciaieria, grazie al via libera di un finanziamento ministeriale da 370 milioni e firmato da Urso, potrà prendere il via la costruzione di una centrale di produzione dell’idrogeno che dovrebbe portare, entro il 2030, l’acciaieria a soddisfare metà del suo fabbisogno energetico utilizzando l’idrogeno green e il gas metano per il restante 50%. Il progetto si chiama Puglia Hydrogen Valley e prevede, in dettaglio, la costruzione di due impianti a Taranto e Brindisi, destinati a generare energia pulita per decarbonizzare i siti industriali di entrambe le città pugliesi. L’iniziativa rappresenta una delle prime operazioni di questo tipo avviate su larga scala in Europa e garantirà ai due nuovi insediamenti pugliesi una capacità complessiva di elettrolisi pari a 160 megawatt. Una volta operativi, gli impianti della Puglia Green Hydrogen Valley sono stimati in grado di produrre circa 250 milioni di metri cubi di idrogeno verde all’anno. L’iniziativa è stata sovvenzionata con fondi Ipcei (Importanti progetti di interesse comune europeo) diretti a imprese e centri di ricerca per progetti di sviluppo.Certo, a rendere più difficile la situazione, c’è anche la sentenza del Tribunale di Milano, chiamato a pronunciarsi su un ricorso presentato dagli attivisti in merito all’Autorizzazione Integrata Ambientale. Il ministro Urso, su questo, è stato molto chiaro. Se il governo non riuscirà a mettere d’accordo Regione Puglia, la Provincia di Taranto e i Comuni di Taranto e Statte sul cronoprogramma mirato al rilancio dell’acciaieria, il rischio di chiusura degli stabilimenti sarà concreto. «Entro luglio, se non ci sono accordo di programma e Autorizzazione integrata ambientale, non parleremo solo di 4.000 in cassa integrazione, ma della chiusura dell’ex Ilva a causa della sentenza del Tribunale di Milano», ha detto il ministro nel corso di un recente incontro in videoconferenza con i sindacati.
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