
Rubare nei luoghi sacri non presenta rischi ed è un'attività criminale in costante aumento. La maggior parte degli episodi avviene in Campania, dove sono oltre 1.000 gli oggetti che scompaiono in media ogni anno. Seguono Piemonte, Toscana e Lazio.L'ultimo episodio risale a pochi giorni fa. Una banda di ladri è entrata nella chiesa di San Tommaso apostolo, a Bondeno di Gonzaga, provincia di Mantova. Ha approfittato della chiusura del luogo di culto, ancora lesionato dopo il terremoto del 2012, e ha portato via gran parte del coro ligneo del Seicento. Un'opera di grande valore, saccheggiata insieme con due acquasantiere e un antico baldacchino. Pochi giorni prima, precisamente durante la domenica di Pasqua, un altro predatore aveva fatto incursione nella Chiesa Madre di Tricase, in provincia di Lecce, razziando le offerte. Le telecamere di sorveglianza hanno immortalato l'uomo, incappucciato e con una felpa azzurra, mentre rovistava fra i soldi donati dai fedeli. Il video, pubblicato su Youtube, ha già fatto il giro del Web.Solo due casi isolati? A quanto pare no, perché i furti ai danni di chiese e parrocchie sono in costante aumento. Nel corso del 2016 gli episodi sono stati 215, il 18,8% in più rispetto all'anno precedente. Mentre gli oggetti trafugati dai luoghi di culto italiani sono stati 1.849. I dati, resi noti dal comando dei carabinieri per la tutela del patrimonio culturale, sono in linea con quelli registrati anche nel corso del 2017. Segno che il fenomeno è più attivo che mai, anche se l'attenzione delle forze dell'ordine è alta. Le opere più frequentemente sottratte sono le sculture (852 in un anno), seguite da oggetti come pissidi, patene, ostensori e aureole (411) e poi manufatti in oro e pietre preziose (161). E poi ci sono le reliquie dei santi. Uno dei casi più clamorosi, nel 2017, ha riguardato il furto dell'ampolla che contiene il cervello di San Giovanni Bosco. È stata trafugata lo scorso giugno dalla Basilica di Castelnuovo Don Bosco (Asti), ma poi fortunatamente è stata ritrovata dai carabinieri a Pinerolo (Torino), in casa del ladro che l'aveva nascosta in una teiera di rame.La maggior parte degli episodi avviene in Campania: sono oltre 1.000 gli oggetti svaniti mediamente ogni anno. Seguono Piemonte, Toscana e Lazio, dove però le cifre sono nettamente più basse (meno di 200 sparizioni). Ma l'emergenza riguarda tutto il Paese, da Nord a Sud. E adesso anche i sacerdoti lanciano l'allarme. A far sentire la sua voce, due settimane fa, è stato don Baldassare Meli, parroco della chiesa di Santa Lucia a Castelvetrano, provincia di Trapani. Di fronte all'ennesimo furto, con i ladri che hanno portato via una grondaia di rame, ha deciso di fermare la raccolta dei viveri per i poveri. «Sospenderò il banco alimentare e la distribuzione dei vestiti. La gente deve avere rispetto della vita comune e comportarsi di conseguenza», ha tuonato il sacerdote che, negli ultimi anni, è stato più volte vittima di episodi simili. Sempre in Sicilia all'inizio dell'anno una banda ha preso di mira la parrocchia del Sacro Cuore, a Palermo. I malviventi hanno forzato la porta secondaria e hanno trafugato antichi candelabri in ottone e diversi arredi, non fermandosi neanche di fronte ai contenitori delle ostie consacrate. Il fenomeno non è nuovo, ma adesso è esploso. Soprattutto, secondo i carabinieri, a causa della crisi economica. Non è un caso che spesso a sparire siano le offerte custodite dai parroci, cifre di solito non altissime. Ma il reato è particolarmente odioso. E mette in pericolo il patrimonio artistico e culturale del nostro Paese. Solo poche settimane fa i carabinieri hanno recuperato 37 opere, molte delle quali sottratte alle chiese danneggiate dal terremoto dell'Aquila e chiuse da quasi dieci anni. Le hanno scoperte all'interno di alcune ville, sulla Costiera amalfitana. Case destinate al soggiorno di ricchi villeggianti. In questo caso i militari hanno fermato tre persone, fra cui un ricettatore.Altre volte le indagini non sono però neanche partite. Perché i malviventi si sono pentiti e hanno restituito il bottino. L'ultimo episodio risale a pochi giorni fa, nella chiesa di Santa Maria a Zita, a Montoro, in provincia di Avellino. Dopo aver sottratto le offerte lasciate dai fedeli (circa 3.500 euro destinati alle famiglie povere) il ladro ha deciso di tornare sui propri passi. Evidentemente colpito dagli appelli della comunità. L'autore del furto ha fatto ritrovare la somma nell'auto del parroco, parcheggiata davanti ai cancelli della chiesa. Così le campane hanno potuto suonare a festa.
Lucetta Scaraffia (Ansa)
In questo clima di violenza a cui la sinistra si ispira, le studiose Concia e Scaraffia scrivono un libro ostile al pensiero dominante. Nel paradosso woke, il movimento, nato per difendere i diritti delle donne finisce per teorizzare la scomparsa delle medesime.
A uno sguardo superficiale, viene da pensare che il bilancio non sia positivo, anzi. Le lotte femministe per la dignità e l’eguaglianza tramontano nei patetici casi delle attiviste da social pronte a ribadire luoghi comuni in video salvo poi dedicarsi a offendere e minacciare a telecamere spente. Si spengono, queste lotte antiche, nella sottomissione all’ideologia trans, con riviste patinate che sbattono in copertina maschi biologici appellandoli «donne dell’anno». Il femminismo sembra divenuto una caricatura, nella migliore delle ipotesi, o una forma di intolleranza particolarmente violenta nella peggiore. Ecco perché sul tema era necessaria una riflessione profonda come quella portata avanti nel volume Quel che resta del femminismo, curato per Liberilibri da Anna Paola Concia e Lucetta Scaraffia. È un libro ostile alla corrente e al pensiero dominante, che scardina i concetti preconfezionati e procede tetragono, armato del coraggio della verità. Che cosa resta, oggi, delle lotte femministe?
Federica Picchi (Ansa)
Il sottosegretario di Fratelli d’Italia è stato sfiduciato per aver condiviso un post della Casa Bianca sull’eccesso di vaccinazioni nei bimbi. Più che la reazione dei compagni, stupiscono i 20 voti a favore tra azzurri e leghisti.
Al Pirellone martedì pomeriggio è andata in scena una vergognosa farsa. Per aver condiviso a settembre, nelle storie di Instagram (che dopo 24 ore spariscono), un video della Casa Bianca di pochi minuti, è stata sfiduciata la sottosegretaria allo Sport Federica Picchi, in quota Fratelli d’Italia. A far sobbalzare lorsignori consiglieri non è stato il proclama terroristico di un lupo solitario o una sequela di insulti al governo della Lombardia, bensì una riflessione del presidente americano Donald Trump sull’eccessiva somministrazione di vaccini ai bambini piccoli. Nessuno, peraltro, ha visto quel video ripostato da Picchi, come hanno confermato gli stessi eletti al Pirellone, eppure è stata montata ad arte la storia grottesca di un Consiglio regionale vilipeso e infangato.
Jannik Sinner (Ansa)
Alle Atp Finals di Torino, in programma dal 9 al 16 novembre, il campione in carica Jannik Sinner trova Zverev, Shelton e uno tra Musetti e Auger-Aliassime. Nel gruppo opposto Alcaraz e Djokovic: il duello per il numero 1 mondiale passa dall'Inalpi Arena.
Il 24enne di Sesto Pusteria, campione in carica e in corsa per chiudere l’anno da numero 1 al mondo, è stato inserito nel gruppo Bjorn Borg insieme ad Alexander Zverev, Ben Shelton e uno tra Felix Auger-Aliassime e Lorenzo Musetti. Il toscano, infatti, saprà soltanto dopo l’Atp 250 di Atene - in corso in questi giorni in Grecia - se riuscirà a strappare l’ultimo pass utile per entrare nel tabellone principale o se resterà la prima riserva.
Il simulatore a telaio basculante di Amedeo Herlitzka (nel riquadro)
Negli anni Dieci del secolo XX il fisiologo triestino Amedeo Herlitzka sperimentò a Torino le prime apparecchiature per l'addestramento dei piloti, simulando da terra le condizioni del volo.
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Gli anni Dieci del secolo XX segnarono un balzo in avanti all’alba della storia del volo. A pochi anni dal primo successo dei fratelli Wright, le macchine volanti erano diventate una sbalorditiva realtà. Erano gli anni dei circuiti aerei, dei raid, ma anche del primissimo utilizzo dell’aviazione in ambito bellico. L’Italia occupò sin da subito un posto di eccellenza nel campo, come dimostrò la guerra Italo-Turca del 1911-12 quando un pilota italiano compì il primo bombardamento aereo della storia in Libia.
Il rapido sviluppo dell’aviazione portò con sé la necessità di una crescente organizzazione, in particolare nella formazione dei piloti sul territorio italiano. Fino ai primi anni Dieci, le scuole di pilotaggio si trovavano soprattutto in Francia, patria dei principali costruttori aeronautici.
A partire dal primo decennio del nuovo secolo, l’industria dell’aviazione prese piede anche in Italia con svariate aziende che spesso costruivano su licenza estera. Torino fu il centro di riferimento anche per quanto riguardò la scuola piloti, che si formavano presso l’aeroporto di Mirafiori.
Soltanto tre anni erano passati dalla guerra Italo-Turca quando l’Italia entrò nel primo conflitto mondiale, la prima guerra tecnologica in cui l’aviazione militare ebbe un ruolo primario. La necessità di una formazione migliore per i piloti divenne pressante, anche per il dato statistico che dimostrava come la maggior parte delle perdite tra gli aviatori fossero determinate più che dal fuoco nemico da incidenti, avarie e scarsa preparazione fisica. Per ridurre i pericoli di quest’ultimo aspetto, intervenne la scienza nel ramo della fisiologia. La svolta la fornì il professore triestino Amedeo Herlitzka, docente all’Università di Torino ed allievo del grande fisiologo Angelo Mosso.
Sua fu l’idea di sviluppare un’apparecchiatura che potesse preparare fisicamente i piloti a terra, simulando le condizioni estreme del volo. Nel 1917 il governo lo incarica di fondare il Centro Psicofisiologico per la selezione attitudinale dei piloti con sede nella città sabauda. Qui nascerà il primo simulatore di volo della storia, successivamente sviluppato in una versione più avanzata. Oltre al simulatore, il fisiologo triestino ideò la campana pneumatica, un apparecchio dotato di una pompa a depressione in grado di riprodurre le condizioni atmosferiche di un volo fino a 6.000 metri di quota.
Per quanto riguardava le capacità di reazione e orientamento del pilota in condizioni estreme, Herlitzka realizzò il simulatore Blériot (dal nome della marca di apparecchi costruita a Torino su licenza francese). L’apparecchio riproduceva la carlinga del monoplano Blériot XI, dove il candidato seduto ai comandi veniva stimolato soprattutto nel centro dell’equilibrio localizzato nell’orecchio interno. Per simulare le condizioni di volo a visibilità zero l’aspirante pilota veniva bendato e sottoposto a beccheggi e imbardate come nel volo reale. All’apparecchio poteva essere applicato un pannello luminoso dove un operatore accendeva lampadine che il candidato doveva indicare nel minor tempo possibile. Il secondo simulatore, detto a telaio basculante, era ancora più realistico in quanto poteva simulare movimenti di rotazione, i più difficili da controllare, ruotando attorno al proprio asse grazie ad uno speciale binario. In seguito alla stimolazione, il pilota doveva colpire un bersaglio puntando una matita su un foglio sottostante, prova che accertava la capacità di resistenza e controllo del futuro aviatore.
I simulatori di Amedeo Herlitzka sono oggi conservati presso il Museo delle Forze Armate 1914-45 di Montecchio Maggiore (Vicenza).
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