2023-01-26
«Fuori le armi dal patto di stabilità». Ma per scuole e ospedali non si può
Guido Crosetto (Imagoeconomica)
Il ministro Guido Crosetto chiede deroghe a Bruxelles per rimpinguare gli arsenali. E probabilmente incasserà una risposta affermativa. È la conferma che il vincolo esterno viene attivato o sospeso per ragioni politiche.«Via i carri armati dal patto di stabilità». È il cuore dell’intervento del ministro della Difesa, Guido Crosetto, nell’audizione tenuta alle commissioni riunite di Camera e Senato per illustrare gli scenari geopolitici di un dicastero sempre più strategico dopo quasi un anno di guerra in Ucraina. La richiesta deriva da una constatazione: finora l’Italia ha finanziato Kiev con 750 milioni di euro (400 in armi, 310 in crediti e 40 in aiuti umanitari). Di conseguenza ha uno scopo preciso: alleggerire il peso militare dal bilancio dello Stato. E ha il solito destinatario dalla testa di granito: Bruxelles.Secondo il ministro si tratterebbe di «una decisione meramente tecnica» perché «escludere tali investimenti toglierebbe la concorrenza tra tipi di spese. Anche il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, ha condiviso questa cosa e l’abbiamo portata sul tavolo dell’Europa così come altri Paesi; in un momento come questo nessuno è in grado di tagliare gli investimenti sulla Difesa. In più, l’aiuto che abbiamo dato in questi mesi all’Ucraina ci impone di ripristinare le scorte che servono per la difesa nazionale, per cui le due cose sono collegate». È comprensibile la preoccupazione di riassestare gli arsenali indeboliti dai cadeaux militari a Kiev imposti da Washington ed è evidente che la produzione di armi leggere, cannoni, autoblindo, tank e sistemi tecnologici difensivi di ultima generazione necessiti di investimenti importanti.La richiesta è comprensibile ed è in linea con la filosofia dell’Unione Europea di consentire alcune eccezionalità nel disegnare il perimetro del patto di stabilità. Come le spese per contrastare la pandemia sono state escluse dai bilanci correnti per decisione di Bruxelles, così anche quelle per il riarmo costante di Kiev dovrebbero essere considerate (si spera) eccezionali, quindi non riconducibili agli obblighi e alle rigidità del patto. Ma se vale il principio, la domanda successiva è scontata: perché per le armi a Volodymyr Zelensky si può fare slalom speciale fra i paletti di Bruxelles e per rifondare la sanità pubblica (allo sfascio soprattutto al Sud), per realizzare nuovi ospedali, per ricostruire un sistema scolastico moderno «non si può perché non ci sono i soldi?».La risposta è semplice. Non si tratta, come sottolinea Crosetto, di una decisione meramente tecnica. Al contrario è sostanzialmente e drammaticamente politica. Conferma quanto la discrezionalità parlamentare sia limitata e il famigerato «vincolo esterno» funzioni a piacimento dei burocrati dell’Europarlamento, che decidono quando rimuoverlo e quando ripristinarlo. È una sbarra che si alza e si abbassa a seconda degli interessi generali Ue. Per scuole, ospedali, infrastrutture, investimenti strutturali sentiamo già aleggiare il mefitico consiglio con traduzione piddo-renziana a latere: «Prendetevi il Mes». Sulle armi all’Ucraina è invece facile ipotizzare che la richiesta italiana venga accolta, oppure che passi la linea di Charles Michel, presidente del Consiglio europeo, con la concessione di prestiti garantiti per finanziare l’incremento bellico. In ogni caso secondo il ministro bisogna definire un nuovo modello di finanziamento nel settore di investimento della Difesa. A questo proposito auspica «una legge triennale sull’investimento, che accorpi in un’unica manovra i volumi finanziari relativi a tre provvedimenti successivi con una profondità di 17 anni. Tale intervento consentirebbe di supportare efficacemente la posizione nazionale sui tavoli internazionali dei vari programmi cooperativi con possibili ricadute sulle scelte di investimento e occupazionali dell’industria».L’operazione «nuove scorte» è in ogni caso fondamentale per assicurare la difesa del territorio e degli interessi nazionali in una stagione geopolitica parecchio complicata, che Crosetto tratteggia così nell’audizione in commissione: «Stiamo vivendo una trasformazione storica, dove vecchie e nuove potenze stanno ridisegnando i propri spazi vitali, dove i centri di gravità della geopolitica mondiale sono in continuo movimento e dove gli effetti distruttivi delle nuove conflittualità colpiscono le parti più inermi delle popolazioni. Direi che questo presente sembra un ritorno in chiave tecnologicamente evoluta agli orrori dei conflitti mondiali del secolo scorso». Per non essere travolto oltre che marginalizzato nella gestione strategica di un’area vitale come quella del Mediterrano (famosa la battuta di Henry Kissinger indirizzata a Giulio Andreotti: «L’Italia ha la moglie americana e l’amante araba»), secondo il ministro il nostro Paese dovrà operare una profonda evoluzione in chiave interforze dello strumento militare sul piano ordinativo, logistico, tecnologico e normativo. Sono molte le iniziative da avviare, a partire da «una revisione delle strutture di vertice, che elimini le duplicazioni non dettate da esigenze di ridondanze operative e che consenta il miglioramento della qualità e del contenimento dei tempi nei processi di lavoro». Traduzione dal politichese: ci sono troppi generali che dormono.