
Non si ferma la protesta dopo il colpo di mano del presidente sulle pensioni. In sciopero i netturbini che lasciano Parigi sotto una montagna di spazzatura. Allarme del ministero dell’Interno: deputati a rischio, bisogna proteggerli dagli attentati.La Francia brucia e Parigi sprofonda sotto cumuli di spazzatura, a causa delle proteste contro la riforma delle pensioni voluta da Emmanuel Macron. Le nuove regole pensionistiche sono state approvate ieri dal governo di Elisabeth Borne, senza voto parlamentare, grazie alla procedura prevista dall’articolo 49.3 della Costituzione francese. Come scritto nell’edizione di venerdì della Verità, non appena la notizia dell’approvazione della riforma aveva iniziato a diffondersi nel Paese a Parigi, in place de la Concorde, e in varie città di Francia si sono formate delle manifestazioni spontanee. Con il passare delle ore è apparso sempre più chiaro che la protesta sarebbe stata dura e violenta. Già nella serata di giovedì sulla celebre piazza parigina - posta a qualche centinaio di metri dal palazzo dell’Eliseo e dal ministero dell’Interno - dei manifestanti hanno incendiato dei cassonetti dell’immondizia. Va detto che, da circa una settimana, in quasi tutta la capitale francese non viene più raccolta la spazzatura perché gli operatori ecologici protestano contro la riforma pensionistica. A questa agitazione sindacale si è aggiunta l’inazione del sindaco, la socialista Anne Hidalgo, che cavalcando la protesta spera di ritrovare una certa popolarità dopo il suo flop alle presidenziali del 2023, quando aveva ottenuto l’1,75% dei consensi. Tutto ciò però non produce alcun effetto positivo per la Ville Lumière che risulta sfigurata e - come dicono molti medici - a un passo dalla crisi sanitaria visto che è stata superata la soglia delle 10 tonnellate di spazzatura non raccolta.Tornando alle proteste contro la riforma delle pensioni targata Macron, anche nella giornata di ieri sono nate manifestazioni a sorpresa un po’ ovunque. Tra le più eclatanti figurano quelle di Parigi e Bordeaux. Verso le 7.30 di ieri mattina, circa duecento persone hanno occupato le corsie del boulevard périphérique - il raccordo anulare della capitale transalpina - all’altezza della Porta di Clignancourt. I manifestanti hanno risposto all’invito del sindacato Cgt lanciato sui social network e via le chat. Gli slogan gridati a squarciagola erano tutti contro l’operato del governo e contro Emmanuel Macron che viene percepito ancora di più come il «presidente dei ricchi». Sempre durante la mattinata di ieri, altre manifestazioni spontanee si sono svolte anche attorno ad altri accessi del raccordo anulare di Parigi, come la Porte d’Italie. A Bordeaux invece il teatro della contestazione è stata la gare Saint-Jean, la principale stazione ferroviaria cittadina. Verso mezzogiorno varie decine di manifestanti hanno occupato i binari, provocando una paralisi temporanea della circolazione dei treni. Sempre di ieri sui social e nei media sono apparse le immagini della manifestazione svoltasi a Digione meno di 24 ore prima. Nel capoluogo della Borgogna alcuni contestatori - riuniti dietro uno striscione sul quale figuravano i loghi di vari sindacati - hanno disposto per strada dei manichini sui quali erano state incollate le foto di Macron, Borne, del ministro del Lavoro Olivier Dussopt e del portavoce del governo Olivier Veran. I quattro pupazzi sono stati poi dati alle fiamme. L’atto è stato condannato da Laurent Berger, leader del sindacato Cfdt, dal capo dei Républicains Eric Ciotti, ma anche dall’ex candidato sovranista alle presidenziali dello scorso anno, Eric Zemmour. I manichini dati alle fiamme sono un brutto segnale che dà l’idea di quanto sia forte la tensione sociale in Francia.Tra i rappresentanti politici c’è chi teme il peggio. È il caso della capogruppo all’Assemblea Nazionale del partito macronista Renaissance, Aurore Bergé. La deputata ha inviato una lettera al ministro dell’Interno, Gérald Darmanin, per chiedere la «protezione dei parlamentari» della maggioranza. La missiva è stata presa sul serio dal titolare del Viminale francese che - come appreso dall’agenzia France Presse - ha risposto per iscritto a Bergé confermandole che «la protezione degli eletti è ora più che mai la priorità del ministro dell’Interno». Ma Darmanin ha anche confermato che gli onorevoli potrebbero ritrovarsi in situazioni davvero pericolose. In effetti, nella lettera rivolta alla capogruppo macronista, il ministro dell’Interno francese ha ricordato di aver «chiesto alle forze dell’ordine e ai prefetti di mostrarsi particolarmente attenti alle violenze delle quali sono vittime gli eletti» ma anche di assicurare «la sorveglianza [...] in prossimità degli uffici dei parlamentari e, se necessario, delle loro residenze». Darmanin intende anche «mantenere un controllo rafforzato dei social network» in modo da individuare ogni possibile «minaccia» o «messaggio di odio».Nel frattempo all’Assemblea Nazionale, nel primo pomeriggio di ieri, è stata presentata una mozione di sfiducia dal gruppo parlamentare riunito sotto l’acronimo Liot (Libertà, indipendenti, Oltremare, territori). Questa è stata definita dai vertici del Liot come «transpartitica», probabilmente per far convogliare su di essa anche i voti della coalizione di estrema sinistra Nupes, che si rifiuta di votare la mozione già depositata dal Rassemblement national di Marine Le Pen. Ma per far cadere il governo Borne servirebbero 287 deputati a favore della mozione del Liot. Invece - calcolatrice alla mano - questa potrebbe raccogliere i si di un numero di onorevoli compreso tra i 261 e i 272. A meno di sorprese (sempre possibili visto il caos in cui versa attualmente la politica francese) l’esecutivo macronista potrebbe salvarsi per un soffio ma continuerebbe a camminare sul ciglio del vulcano sociale pronto ad esplodere in ogni momento.
John Elkann (Getty Images)
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